Perché non leggerò “Fratelli di chat”

Ho acquistato "Fratelli di chat" di Giacomo Salvini del Fatto quotidiano, ma davvero il libro si può definire la "storia segreta del partito di Giorgia Meloni"?... La lettera di Teo Dalavecuras

Feb 9, 2025 - 10:55
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Perché non leggerò “Fratelli di chat”

Ho acquistato “Fratelli di chat” di Giacomo Salvini del Fatto quotidiano, ma davvero il libro si può definire la “storia segreta del partito di Giorgia Meloni”?… La lettera di Teo Dalavecuras

Caro direttore,

l’altro giorno ciondolavo in libreria, un’abitudine che – ahimè – è l’unica cosa in comune con il leggendario banchiere Enrico Cuccia, quello che obbligava perfino Gianni Agnelli (l’Avvocato) a venire in via Filodrammatici dove ancora oggi, su uno slargo che sarebbe diventato piazza Enrico Cuccia, si affaccia l’austera sede di Mediobanca. Del resto bisogna sapersi accontentare, così come ci si deve rassegnare al fatto che la libreria Feltrinelli di via Manzoni dove, di sabato, capitava di incontrare il banchiere così come altre persone più o meno “importanti”, ha abbassato la saracinesca ormai da molti anni, sicuramente in base a una rigorosa analisi di mercato e di conto profitti e perdite (anche se la sua scomparsa ha contribuito a fare di quella che era forse la più elegante strada milanese in un’arteria semideserta oggi animata prevalentemente dalle scorrerie di consumatori del proprio tempo – i turisti – e dei propri quattrini – magari nel prestigioso negozio di Armani ex Palazzo Generali).

Scusa per la divagazione ma questa cosa del degrado di via Manzoni non l’ho ancora digerita. Vengo al punto. Il libro di Giacomo Salvini, giovane rampante giornalista del Fatto quotidiano. Lo trovo in bella mostra in libreria, lo sfoglio ma già dalla copertina si capisce di che cosa si tratta; nonostante ciò, per una mia pulsione di collezionista di libelli e altre nefandezze italiane sin dai tempi della guerra tra il già citato Gianni Agnelli ed Eugenio Cefis, lo compro pur sapendo che mi limiterò a sfogliarlo.

Il titolo “Fratelli di chat” dice già tutto ma, se non bastasse, la copertina (graficamente sgradevole), offre anche il sommario: “Storia segreta del partito di Giorgia Meloni”, inquadrato in qualcosa che potrebbe essere il profilo di uno smartphone, sotto il sommario una sinistra fiamma tricolore e quindi la garanzia di qualità: “Prefazione di Marco Travaglio”, che è anche direttore della casa editrice PaperFIRST, in buona sostanza una “divisione” della Società Editoriale del Fatto SpA).

Una sagra del cattivo gusto che, verosimilmente non è che la consapevole premessa di un successo commerciale che mi sento di pronosticare. Non solo perché Travaglio, di cui in passato – per mio superficiale snobismo – non avevo una grande opinione si è dimostrato non solo giornalista, direttore e polemista di razza ma anche editore di successo, posto che nell’editoria i conti – scusa il bisticcio – contano solo fino a un certo punto e in ogni caso il successo postula sempre una qualche forma di talento commerciale.

Detto tutto questo, e dato atto che la fiamma tricolore fa mostra di sé nel simbolo del partito della Meloni, ti spiego perché non leggerò questo libro: per una ragione strettamente personale. Il libro, come sai, si basa sulla trascrizione delle chat interne dei gruppi parlamentari di Fratelli d’Italia, pervenuta all’autore Salvini con modalità che non conosco né m’interessano. In una delle mie vite professionali mi è capitato di dover leggere decine di pagine di trascrizioni di conversazioni di una persona che conoscevo molto bene, intercettate con dispositivi “ambientali” per conto della magistratura. Nel caso specifico la cosa svanì letteralmente nel nulla, dopo essere servita per inutilmente “restringere” il mio amico alcuni giorni in cella e altri giorni in domicilio coatto, ma questo non conta, era lo stile dell’epoca. Dal mio punto di vista conta che quella lettura si tradusse in un disgusto assai vicino alla nausea: non tanto per l’intrusione nella vita privata che sappiamo essere pratica assai comune, da ben prima che la rivoluzione digitale ne facesse la nostra condizione esistenziale, quanto per totale insensatezza di un’operazione consistente nell’allineare frasi irrimediabilmente estratte dal loro contesto; ma proprio per questo adatte a fare da materia prima per la costruzione di fantasiose ipotesi accusatorie: esattamente come gli stilisti hanno bisogno di volti anonimi che di volta in volta possono plasmare in funzione delle loro creazioni.

Ti sarà chiaro, direttore, perché neppure mi sogno di leggere un libro la cui ossatura è costituita dalla trascrizione di conversazioni private trafugate e rese pubbliche, un’operazione della cui liceità non discuto ma che per quanto mi riguarda posso solo definire disgustosa. Tu dirai che ho uno stomaco troppo delicato e alla mia età e con l’esperienza di una vita non è mica possibile, e io ti rispondo che hai ragione, ma questo è: se t’interessa, troverai di sicuro un sacco di persone disposte a leggerlo e a raccontartelo.

La prefazione invece l’ho letta, e si capisce bene che l’astuto Travaglio alcune obiezioni (estetiche?) se l’era fatte da sé. Ecco come le supera o le aggira: “Il nostro bravissimo segugio Giacomo Salvini, che ha causato la chiusura della chat perforandola più volte con i suoi scoop, ha raccolto i messaggi più interessanti dal punto di vista politico, depurandoli del gossip privato, del chiacchiericcio fine a sé stesso e del turpiloquio inevitabile nelle conversazioni e negli sfoghi privati”. Morale: “Fratelli di chat è un documento preziosissimo per ricostruire dall’interno la scalata di Giorgia Meloni e del suo partito, nato nel 2012 dal divorzio dal PDL berlusconian-finiano, rimasto fermo per anni intorno al quattro-cinque per cento nei sondaggi, poi salito con l’harakiri di Matteo Salvini che abbatté il Conte I nell’agosto del 2019 e infine esploso con l’insperata vittoria alla lotteria del governo Draghi”.

Rispetto alle analoghe creazioni della magistratura, nel libro ci sarebbe quindi un salto di qualità. Nell’uso delle conversazioni trafugate, da parte della magistratura c’è da un lato la ricerca di conferme a ipotesi, dall’altro l’uso di “materiale inerte” (il contenuto delle intercettazioni) per costruire narrazioni accusatorie, cioè esercizi retorici. Giacomo Salvini invece, con la benedizione del suo direttore pretende di usare anch’egli materiale inerte, ma addirittura per scrivere “la storia” del partito nato nel 2012, che dieci anni dopo ha avuto accesso a Palazzo Chigi. La storia di un partito politico è qualcosa di più importante della motivazione di una misura cautelare ma, date le premesse, il rischio che questa storia del FdI assomigli parecchio – non solo nello stile – a quelle create dai PM è piuttosto elevato.Ma mi rendo ben conto che dalle parti del Fatto questo non sarà considerato un difetto; e in ogni caso non ne comprometterà il successo commerciale.