Partiti in ordine sparso su ReArm Europe

Il voto del Parlamento europeo sul piano di riarmo divide sia il centrodestra italiano che il centrosinistra. La nota di Paola Sacchi.

Mar 13, 2025 - 08:56
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Partiti in ordine sparso su ReArm Europe

Il voto del Parlamento europeo sul piano di riarmo divide sia il centrodestra italiano che il centrosinistra. La nota di Paola Sacchi

Il voto del Parlamento europeo sul piano di “riarmo” – passato con 419 voti a favore , 204 contrari e 46 astensioni, raccogliendo il sì di un ampia maggioranza di Popolari, Conservatori e “la maggioranza” di quello che il costituzionalista Stefano Ceccanti definisce il “centrosinistra di governo” – divide in Italia sia il centrodestra, con FI e FdI a favore, e Lega contraria, che la sinistra del cosiddetto campo largo.

Ma se non è la prima volta che la maggioranza di governo italiana si divide in Europa per poi però votare sempre compatta in Italia per gli aiuti all’Ucraina, il vero caso che il voto di Strasburgo mette sotto i riflettori è quello del Pd letteralmente spaccato a metà tra 11 astenuti e 10 favorevoli dell’area riformista. Un voto, quello di questi ultimi, che ha così sconfessato la linea della segretaria Elly Schlein contraria al piano “ReArm Europe”, ma a favore di “una vera difesa comune, non del potenziamento degli eserciti degli Stati”.

I vertici del Pd, per attenuare lo strappo con lo stesso Pse, si erano attestati sulla scelta dell’astensione perché un no sarebbe stata una spaccatura troppo forte con i socialisti europei di cui il Pd fa parte. Ma l’astensione tra i dem prevale solo per un voto, con 11 astenuti, a partire dal capodelegazione e ex segretario dem, Nicola Zingaretti, e Brando Benifei, ex capodelegazione all’Eurocamera. Mentre gli altri 10, tra cui personaggi di spicco della minoranza come il presidente del Pd e ex governatore emiliano, Stefano Bonaccini, la vicepresidente del Parlamento Europeo, Pina Picierno, l’ex sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, votano a favore del “Riarmo”.

Quello del Pd è “un unicum” a Strasburgo commenta il capodelegazione di FdI, Nicola Procaccini, che affonda il colpo: “Un unicum che riguarda la responsabilità di governo di un partito che vorrebbe sostituirsi al nostro alla guida del Paese”. Gianni Cuperlo, storico deputato Pd, chiede che Schlein “convochi gli organi dirigenti per una discussione seria e urgente. Necessaria di fronte al mondo che cambia”. Per il no gli esponenti di Avs , Verdi e Sinistra, di Bonelli e Fratoianni insieme con i Cinque Stelle.

Antonio Tajani, segretario di FI, vicepremier e ministro degli Esteri plaude al sì dell’Europarlamento “al piano per la Difesa europea, il sogno di De Gasperi e Berlusconi”. Sulla parte della risoluzione sull’Ucraina FdI si astiene, ma non perché non conferma il sostegno a Kiev.

Il partito di Meloni, che l’altra sera aveva annunciato il pieno sostegno dell’ Italia agli Usa di Trump per gli sforzi verso la pace, lo fa perché ritiene che risoluzione non tiene nel dovuto conto l’impegno americano di queste ore. Trump del resto è stato il grande assente del discorso di Ursula von der Leyen. Ma Meloni, che sabato prossimo non parteciperà alla video-call dei cosiddetti “volenterosi” con il premier inglese Starmer, conferma il suo posizionamento transatlantico con un ruolo di ponte tra Europa e Usa. E così gli eurodeputati di FdI hanno scelto l’astensione per sottolineare la presa di distanza con un testo che, a loro giudizio, non tiene conto delle novità delle scorse ore e finisce – ha spiegato Procaccini in Aula – “per scatenare odio verso gli Usa invece di aiutare l’Ucraina”.

E così FdI oggettivamente si ricongiunge in qualche modo anche al “trumpismo” doc della Lega. Mentre il vero caso di Strasburgo resta quello del Pd spaccato letteralmente a metà.