“Non facciamo i moralisti, il brivido viene regalato dal ko”: Alessandro Duran in difesa della boxe tradizionale

Alessandro Duran è appena tornato a casa dalla corsetta mattutina, che immancabilmente fa tutti i giorni da più di quarant’anni, cioè da quando, seguendo le orme del padre Carlos e del fratello Massimiliano, ha iniziato a fare la boxe. I chilometri possono essere sei o dieci, ma non c’è mattina che salti questo appuntamento, ad […] L'articolo “Non facciamo i moralisti, il brivido viene regalato dal ko”: Alessandro Duran in difesa della boxe tradizionale proviene da Il Fatto Quotidiano.

Apr 13, 2025 - 15:23
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“Non facciamo i moralisti, il brivido viene regalato dal ko”: Alessandro Duran in difesa della boxe tradizionale

Alessandro Duran è appena tornato a casa dalla corsetta mattutina, che immancabilmente fa tutti i giorni da più di quarant’anni, cioè da quando, seguendo le orme del padre Carlos e del fratello Massimiliano, ha iniziato a fare la boxe. I chilometri possono essere sei o dieci, ma non c’è mattina che salti questo appuntamento, ad esclusione della domenica. Oggi Duran, che fa parte anche della Commissione Professionisti della Federazione, rimane un’autorevole seconda voce per le telecronache di pugilato.

Duran, lei a sessant’anni continua a correre, mentre ci sono giovani pugili che sostengono non sia indispensabile farlo…
La corsa è la base di tutti gli sport, oltre che un modo per rilassare la mente. Trovatemi un pugile forte al mondo che non corra. Mayweather, Marquez, Hagler, Ali, Pacquaio…

Non sono atleti in attività.
E Anthony Joshua non corre per preparare il prossimo match di giugno? Di cosa stiamo parlando?

Nei social le danno del vecchio per quello che sostiene.
I leoni da tastiera scrivono che sono superato e antico perché dico che ci sono cose nel pugilato che non possono andare dimenticate. Purtroppo i nuovi guru della boxe italiana sono questi!

Il pugilato non è cambiato da quando ha smesso nel 2002?
No e non non potrà mai cambiare. La tecnica rimane quella: bisogna saper portare il diretto, il montante, il gancio, saper schivare, andare alle corde e poi rientrare, fare passi laterali… è cambiato il lessico, come è successo nel calcio, ma la sostanza è la stessa.

Dal punto di vista fisico invece?
La preparazione atletica sì che è cambiata così come l’alimentazione e la medicina. Ma la boxe a livello tecnico rimane quella.

Cosa altro è rimasto immutato rispetto al passato?
Il vuoto. Non puoi farne a meno. Con il vuoto impari a fare bene il pugilato, poi sul ring quei gesti che hai provato tantissime volte da solo ti vengono automatici. Sul quadrato non hai tempo per pensare, se lo fai è il momento in cui ti arrivano due pugni in bocca. Il vuoto oggi come un tempo è indispensabile.

Mentre la corda ormai si vede solo nei film?
Invece serve ancora per fare fiato! E dopo una seduta di allenamento ti fa buttare via chili per rientrare nella tua categoria. Ricordo che in albergo prima del peso per il match facevo un allenamento leggero, la corda, un po’ di vuoto e perdevo due chili. Io ho fatto per vent’anni di fila il welter, senza mai cambiare di categoria.

Ma oggi c’è la pratica del taglio del peso che viene in soccorso.
Una volta nell’ultimo allenamento si indossava il k way. Oppure qualche maestro trasformava la camera dell’atleta in una sorta di bagno turco. Ma già andando sotto di 5 kg, il tuo fisico soffre. Un pugile serio deve stare tutto l’anno vicino al peso. Sennò non è un professionista. Il taglio del peso invece può essere pericoloso per la salute del pugile.

Alcuni pugili durante il minuto di riposo stanno in piedi all’angolo anziché seduti sullo sgabello.
Quella però è una scelta dell’allenatore. Per esempio Nando Strozzi nei Sessanta non voleva che il pugile si sedesse e al tempo erano 15 le riprese. Tra l’altro in palestra non ti siedi mica. Questa è una scelta del maestro, far sedere o non sedere il suo pugile.

Le piace come vengono gestite oggi le carriere dei pugili?
Per esempio la gestione di Diego Lenzi è sbagliatissima, secondo me è stato bruciato prima ancora di iniziare veramente.

Perché?
La doppia attività, professionismo e dilettantismo in parallelo, non darà risultati, è come se un atleta facesse i 100 metri e la maratona.

Il regolamento lo permette.
Sì, ma lo trovo assurdo.

A perderne sarà maggiormente la carriera da pro o da dilettante?
Perderà di più a livello dilettantistico perché per arrivare alle Olimpiadi i migliori li devi incontrare tutti o quasi, mentre da pro se gli trovano 15 avversari su misura non perderà mai, senza però imparare nulla.

Però va dato atto al ragazzo che ci sta mettendo la faccia.
Sul ring ci va lui e la figuraccia la farà lui. Ma non è colpa sua. Secondo me c’è qualcuno dietro a lui, che ne beneficia per due like in più. E poi posso dire una cosa?

Dica.
Io al peso avrei potuto anche presentarmi con la canna da pesca come ha fatto lui nell’ultimo match. Ma ai miei anni Tommasi, Rosi, Giambuzzi, Mattioli o Guerrini me l’avrebbero rotta davanti agli occhi quella canna da pesca. A Lenzi gli stanno facendo del male. E poi i programmi a lunga scadenza un pugile non li può fare, perché per definizione si è sempre in balia degli eventi, di manager e organizzatori: non si può dire tra qualche mese vinco questo, poi un altro titolo e poi un altro ancora e contemporaneamente l’olimpiade. Tra due anni si vedrà…

In America i pugili non hanno paura di esporsi, di diventare personaggi, magari facendo anche trash talking.
Prima devi dimostrare di essere capace nel tuo lavoro, i social devono essere una conseguenza della tua bravura. Ryan Garcia, commentato in tv da me da quando aveva 20 anni, prima sul ring ha dimostrato di essere un campione poi ha fatto del cinema…

Oggi se tornasse all’angolo come maestro, allenerebbe in maniera diversa?
Assolutamente no. Ho allenato Simona Galassi per tre anni, veniva da un ko terribile a Padova nel 2012, aveva 41 anni ed era in fase discendente e con il mio metodo da vecchio – sparring, pera, corda e corsa – ha sostenuto cinque europei e tre campionati del mondo. Oggi allenerei in quella stessa maniera.

È in Commissione Federale dei professionisti. Obiettivi?
Abbiamo introdotto la semifinale al titolo italiano, per rivalutare questa cintura prestigiosa. I pugili italiani più bravi devono confrontarsi tra di loro, senza avere paura della sconfitta perchè ti fa crescere. Mi piace meno l’istituzione del titolo ad interim, che non vuol dire niente. Poi vorrei cambiare una regola del pugilato femminile: i minuti di un round devono essere tre e non due, magari combattendo per meno riprese. I match diventerebbero più spettacolari, arriverebbero più soluzioni prima del limite. Non facciamo i moralisti, il brivido nella boxe viene regalato dal ko.

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