Milano amplia le zone rosse interdette a chi ha precedenti penali

Il Comitato per l’ordine e la sicurezza di Milano ha deciso di introdurre tre nuove “zone rosse”, le aree interdette a chi ha precedenti penali o procedimenti pendenti. Le nuove aree designate sono, nel Comune di Milano, via Padova e Colonne di San Lorenzo, e, in quello di Rozzano, il quartiere dei Fiori. Esse vanno […] The post Milano amplia le zone rosse interdette a chi ha precedenti penali appeared first on L'INDIPENDENTE.

Mar 27, 2025 - 15:53
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Milano amplia le zone rosse interdette a chi ha precedenti penali

Il Comitato per l’ordine e la sicurezza di Milano ha deciso di introdurre tre nuove “zone rosse”, le aree interdette a chi ha precedenti penali o procedimenti pendenti. Le nuove aree designate sono, nel Comune di Milano, via Padova e Colonne di San Lorenzo, e, in quello di Rozzano, il quartiere dei Fiori. Esse vanno così ad aggiungersi alle stazioni ferroviarie di Centrale, Garibaldi e Rogoredo, e alle aree di Piazza Duomo e dei Navigli. Il Comitato ha inoltre stabilito una proroga della misura, che scadrà ora il 30 settembre. Essa prevede il divieto di stazionamento e l’allontanamento forzato dalle aree individuate a persone giudicate «pericolose», lasciando ampio margine di discrezionalità alle forze dell’ordine nell’identificazione dei soggetti da allontanare.

Dopo i primi tre mesi di applicazione, che hanno portato all’identificazione di oltre 132mila persone e all’emissione di 1.313 ordini di allontanamento, il Comitato ha stabilito di ampliare il perimetro delle zone rosse rispetto alle cinque aree già presidiate, tra cui la Stazione Centrale, i Navigli e il Duomo. Secondo i dati forniti dalla Prefettura, gli allontanamenti emessi nei primi mesi di applicazione si suddividono in 480 per reati contro il patrimonio, 377 per reati legati alla droga, 308 per reati contro la persona e 148 per altre fattispecie. Il prefetto Sgargaglia ha dichiarato che si è proceduto a individuare «ulteriori aree cittadine in cui svolgere analoghi servizi», dati i «risultati positivi ottenuti». L’ordinanza, tuttavia, resta al centro di un acceso dibattito. Se da un lato le istituzioni evidenziano la necessità di proteggere il tessuto urbano, dall’altro molte associazioni per i diritti civili e la Camera Penale di Milano hanno sollevato dubbi sulla compatibilità del provvedimento con le garanzie costituzionali, temendo discriminazioni nei confronti di determinate categorie di cittadini. La Costituzione italiana sancisce il principio della presunzione di innocenza, secondo cui ogni individuo è considerato innocente fino a prova contraria: l’ordinanza prefettizia è accusata di contravvenire a questo principio, applicando restrizioni basate su precedenti penali o semplici segnalazioni, senza una condanna attuale o una valutazione individuale del pericolo concreto. L’ordinanza utilizza termini generici come «soggetti molesti» o «atteggiamenti aggressivi»: una vaghezza che può facilmente condurre a interpretazioni arbitrarie e discriminazioni, compromettendo ulteriormente i diritti individuali.

A Milano, le “zone rosse” – che avevano già visto una loro prima applicazione a Firenze e Bologna, dove in 3 mesi erano stati 105 i soggetti destinatari di provvedimenti di allontanamento su 14mila persone controllate – sono state introdotte a partire dallo scorso capodanno. Inizialmente, esse erano state previste per un periodo di tre mesi. Contestualmente, il Viminale ha chiesto alle amministrazioni locali di tutta Italia di varare analoghe misure, con il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che ha inviato una direttiva ai prefetti per spingerli ad adottare apposite ordinanze. Le “zone rosse” sono così nate anche a Roma, coprendo le aree di Termini, Tuscolano ed Esquilino, particolarmente interessate dal flusso di turisti per il Giubileo. Nella nota di Piantedosi si comunicava che i destinatari della misura sarebbero stati «soggetti pericolosi o con precedenti penali»: la possibilità di allontanare individui con precedenti figura però all’interno del DDL Sicurezzaprovvedimento che non ha ancora ottenuto il definitivo via libera dal Parlamento – che, come la stessa direttiva evidenzia, «reca un’ulteriore estensione del divieto di accesso a coloro che risultino denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, nel corso dei cinque anni precedenti, per delitti contro la persona o contro il patrimonio commessi nelle aree interne e nelle pertinenze di infrastrutture ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano». La fumosità della direttiva si coglie ancora meglio nel passaggio successivo, ove si legge che «la misura del divieto di accesso dovrà essere disposta ogni qual volta il comportamento del soggetto risulti concretamente indicativo del pericolo che la sua presenza può ingenerare per i fruitori della struttura».

[di Stefano Baudino]

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