L’Inter di Inzaghi se la canta e se la suona: è così “superiore” alle altre che non ha vinto uno scontro diretto
Quando giocare il miglior calcio d'Italia non basta. L'analisi della sconfitta contro la Juventus L'articolo L’Inter di Inzaghi se la canta e se la suona: è così “superiore” alle altre che non ha vinto uno scontro diretto proviene da Il Fatto Quotidiano.

Forti. Bellissimi. “Ingiocabili”. Intanto però la grande Inter di Simone Inzaghi che propone il miglior calcio d’Italia e forse d’Europa – e no, qui non c’è ironia – quest’anno di scontri diretti non ne ha vinto manco uno. Appena 2 punti su 12 contro Juventus e Milan, partite che per la rivalità valgono doppio, diventano 3 se ci mettiamo dentro anche il Napoli (pareggio a San Siro tra rimpianti e un rigore sbagliato, in attesa del ritorno). Hai voglia a dirti superiore se poi in campo non lo dimostri. O magari lo dimostri pure, ma poi il risultato non ti dà ragione. E in classifica alla fine conta quello.
Il leitmotiv che sta segnando in negativo la stagione dei campioni d’Italia è l’incredibile involuzione nei big match. Un bilancio gravemente insufficiente, per la stessa squadra che l’anno scorso aveva asfaltato le avversarie, arrivando a vincere addirittura 6 derby di fila, e che sta zavorrando il campionato dei nerazzurri, ancora all’inseguimento della vetta (adesso a -2) nonostante la frenata di Conte. Lo 0-1 di Torino, al di là dei piccoli meriti della formazione di Thiago Motta che ha disputato un ottimo secondo tempo (dopo un primo però che avrebbe tranquillamente potuto chiudere sotto di almeno un paio di reti), è un campionario dei limiti già visti in precedenza. L’Inter ha dominato per 45 minuti, ha colpito pali, sciupato occasioni, non ha concretizzato la sua mole di gioco e una superiorità che rimane evidente anche dopo la sconfitta finale. Poi è proprio sparita dal campo nella ripresa, smarrendo il filo del discorso e prendendo gol in una delle poche occasioni concesse.
Una volta può essere sfortuna, come nell’ultimo derby pareggiato in extremis dopo una serata stregata tra pali e gol annullati. L’altra è la stanchezza, gli errori difensivi oppure quelli offensivi: se ogni partita ce n’è una diversa non è più solo una coincidenza. Dopo quattro anni, ormai è fondato il sospetto che l’incapacità di azzannare le partite, chiuderle al momento giusto, sia un vizio abbastanza connaturato alla stessa bellezza della squadra di Inzaghi, che non ha nelle sue corde la giocata e nemmeno la cattiveria, per segnare ha bisogno di creare tantissimo e questa sovrapproduzione brucia energie e si porta dietro fisiologicamente un margine di imprecisione.
Se poi questo limite si concentra in maniera così marcata nei big match ci deve essere di più. C’è un problema fisico nelle ultime uscite dell’Inter: a febbraio (due sconfitte, un pareggio e una sola vittoria) è apparsa stanca e poco brillante, indicazione difficile da interpretare proprio nel mese in cui per la prima volta aveva avuto la possibilità di concentrarsi su una gara a settimana, e poco incoraggiante per il finale decisivo di stagione. Ma forse c’è anche un problema psicologico, perché queste contro-prestazioni sono arrivate quasi tutte negli scontri diretti (contro le medio-piccole l’Inter ha vinto praticamente sempre e infatti è comunque in vetta, o giù di lì). Che non riesca a gestire bene la pressione, o pecchi di presunzione sentendosi “troppo forte” (ne ha parlato anche Mkhitaryan a fine partita), è comunque prova di una straordinaria immaturità, che alla lunga rischia di rivelarsi fatale.
Le partite passano e la stagione scivola via fra le dita. Nulla è ancora compromesso, anzi, i nerazzurri temevano di ritrovarsi a sfidare Conte con uno svantaggio anche maggiore, arrivarci a -2 è comunque accettabile. Ma almeno uno scontro diretto lo dovranno vincere. Quello decisivo, a Napoli, che ormai assomiglia ad uno spareggio scudetto. L’Inter di Simone Inzaghi ha ancora l’occasione di dimostrare di essere la squadra più forte della Serie A, come tutti sostengono e lei sicuramente sente di essere. Di conquistare un campionato che è ampiamente alla portata e meriterebbe pure, se guardiamo ai valori e ai concetti espressi. Se però perde pure questo, allora perde tutto.
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