"L’industria musicale vale 4 miliardi. Non temere la tecnologia"

OLTRE 4 MILIARDI di euro. È il valore dell’industria musicale italiana che oggi sta vivendo, come molti altri settori, un...

Mar 24, 2025 - 06:55
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"L’industria musicale vale 4 miliardi. Non temere la tecnologia"

OLTRE 4 MILIARDI di euro. È il valore dell’industria musicale italiana che oggi sta vivendo, come molti altri settori, un periodo di grandi trasformazioni. Il motore del cambiamento è ovviamente l’avvento delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale generativa, che stanno allargando la platea degli utenti, ma anche quella degli artisti, i quali riescono a produrre con maggiore facilità le loro opere. Questo, almeno, è quello che sostiene Massimo Bonelli (nella foto), fondatore dell’agenzia di eventi iCompany e direttore artistico di appuntamenti di rilievo nazionale come il Concerto del Primo Maggio di Roma, la rassegna Ciao dedicata a Lucio Dalla e il San Marino Song Contest. Bonelli ha da poco pubblicato il suo ultimo libro, intitolato Play (Tutto quello che c’è da sapere sulla musica attuale. Gli artisti, l’industria, le tecnologie). È un’opera in cui l’autore, oltre a scattare la fotografia di un segmento importante del business dell’intrattenimento, descrive gli scenari che si aprono grazie all’innovazione.

Cosa dobbiamo aspettarci all’orizzonte: una fase di crescita o di contrazione per l’industria musicale, grazie alle nuove tecnologie?

"Ho una visione ottimistica, ma mi permetta di fare una battuta, che riporto anche nel mio libro. Il giro d’affari complessivo dell’industria musicale italiana è superiore a 4 miliardi di euro. Non è poco, ma è pur sempre una cifra inferiore a quella di una grande azienda nazionale o multinazionale. Con questo non voglio certo sminuire il nostro settore. Anzi, al di là dei numeri sul suo giro d’affari, la musica è uno dei più importanti elementi che influenza la nostra società, anche sotto il profilo economico. La musica è cultura, ma è anche un’arte che ha permesso a molte imprese di affermarsi e promuovere il proprio brand con un semplice jingle di successo o con qualche brano rimasto indimenticabile. Qualcuno magari ha puntato tutto su una canzone per uno spot e ha fatto successo".

Anche l’industria discografica e musicale, però, non è immune dagli effetti dirompenti dell’innovazione, dai cambiamenti come l’avvento di internet, dello streaming e, in tempi più recenti, dell’intelligenza artificiale generativa. Dunque, cosa dobbiamo aspettarci?

"Credo che lo streaming e internet abbiano molto democratizzato il mercato. Tralasciando fenomeni patologici come la pirateria, ci sono diversi studi che dimostrano come le nuove tecnologie abbiano dato la possibilità di avere un guadagno a molti più musicisti di prima. La platea si è allargata, ci sono molte più nicchie di mercato che si fanno spazio e le barriere all’entrata si sono ridotte. Detto in altri termini, c’è una maggiore quantità di artisti e di produzioni che riescono ad avere qualche forma di successo, e trovo che questo trend si sia intensificato soprattutto negli ultimi mesi".

Non c’è il rischio che avvenga la stessa cosa che è avvenuta in altri settori, come l’editoria? Spesso gli utenti vogliono tutto gratis o a bassissimo costo...

"È vero che ci sono molti consumatori che hanno questa tendenza. Oggi, abbonandosi a una piattaforma e pagando circa 10 euro al mese, si può ascoltare musica all’infinito. Ma c’è anche un fenomeno che spinge in senso contrario".

Quale?

"C’è una parte di utenti che sono votati a diventare fan o addirittura superfan di un artista, che vanno oltre il semplice ascolto dei brani, cercano o vogliono esperienze personalizzate, un contatto più forte con l’autore o l’interprete e con la sua produzione musicale. Questo spinge molti appassionati a spendere cifre importanti, per acquistare un biglietto per un concerto, per comprare un gadget o un vinile. Insomma, da parte degli ascoltatori più appassionati c’è l’esigenza di ottenere di più dagli artisti che amano, di essere in qualche modo parte di una cerchia di privilegiati rispetto a questo o quel musicista o interprete. Oggi si dice che nel mondo digitale le interazioni umane sono mediate sempre dai dispositivi elettronici. Ma c’è anche un fenomeno contrario. C’è chi vuole un rapporto più stretto con i musicisti e non soltanto una relazione a distanza".

L’innovazione oggi più dirompente è senza dubbio l’intelligenza artificiale generativa, che rischia di sostituire, almeno in parte, la creatività umana. Non trova?

"È uno scenario che non si può escludere a priori, ma io credo che non sia questo il giusto approccio verso una innovazione dirompente. L’industria musicale deve affrontare di petto la sfida perché l’intelligenza artificiale può essere anche un ottimo partner degli artisti. Può servire, per esempio, a sviluppare una scelta sonora che magari, senza l’IA, richiederebbe più tempo per essere realizzata. Bisogna cioè trasformare l’IA generativa in un agente positivo. Questo è il giusto approccio verso l’innovazione. Se guardiamo al passato, vediamo che le prime piattaforme di scambio di file, come Napster, hanno ucciso il mercato della musica analogica. Ma poi se ne è creato un altro, tutto basato sul digitale".

Chi comanda oggi nel mercato musicale?

"Si è creato una sorta di bipolarismo tra le case discografiche e le piattaforme di streaming e ascolto. Entrambi sono i guardiani del mercato e rappresentano due mondi interconnessi che hanno bisogno uno dell’altro. Io ipotizzo che potrebbe succedere di tutto, cioè che le case discografiche acquisiscano le piattaforme o che queste ultime acquisiscano le case discografiche. In questo scenario, l’avvento dell’intelligenza artificiale potrebbe essere un acceleratore del cambiamento".