Le 75 coltellate a Giulia: "Niente crudeltà da Turetta". Proteste contro i giudici

Caso Cecchettin, polemiche per le motivazioni dell’ergastolo di primo grado "Non voleva infierire, era inesperto". Le critiche bipartisan al dispositivo .

Apr 9, 2025 - 07:17
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Le 75 coltellate a Giulia: "Niente crudeltà da Turetta". Proteste contro i giudici

Filippo Turetta non fu crudele con Giulia Cecchettin quando le sferrò 75 coltellate, ma solo "inesperto e inabile" all’omicidio e quindi il suo efferato, insensato, feroce modo di colpire non voleva "infierire crudelmente e fare scempio della vittima" ma era la conseguenza del non essere competente ed esperto "a infliggere colpi più efficaci, idonei a provocare la morte della ragazza in modo più rapido e pulito". Così la Corte d’Assise di Venezia ha motivato l’assenza dell’aggravante della crudeltà – e pure dello stalking - nella condanna all’ergastolo pronunciata il 3 dicembre 2024 nei confronti dello studente di Torreglia (Padova).

Parole che hanno fatto scalpore e sulle quali i legali della famiglia Cecchettin attaccano duramente. "Ci batteremo fino in fondo – dice l’avvocato Stefano Tigani –. Questo processo merita di vedere nei successivi gradi la corretta qualificazione delle aggravanti escluse e merita di essere l’inizio di una battaglia, quella per il riconoscimento della verità processuale, che lo stesso Gino Cecchettin sta portando avanti anche nel rispetto delle altre vittime".

Turetta, 22 anni all’epoca dei fatti, l’11 novembre 2023 ha ucciso la coetanea ed ex fidanzata Giulia Cecchettin, di Vigonovo (Venezia), che non voleva più saperne ma che frequentava per compassione e supporto. E infatti quel giorno l’aveva incontrato: un appuntamento che sembrava tranquillo alla vigilia della laurea che lei avrebbe discusso il 16 novembre, mentre lui aveva perso il passo. Proprio quello ha scatenato la violenza prima in un parcheggio vicino a casa della ragazza e poi nell’area industriale di Fossò, poco distante. Feroci coltellate e la coercizione per non farla scappare.

"Motivi vili e arcaici – scrivono i giudici – dettati dall’intolleranza per la libertà di autodeterminazione della giovane donna di cui Turetta non accettava l’autonomia anche nelle più banali scelte di vita". Condannato il 3 dicembre 2024 all’ergastolo, a Turetta sono state contestate premeditazione, sequestro di persona e occultamento del cadavere, rinvenuto nel dirupo di Barcis solo una settimana dopo nel giorno in cui Filippo in fuga veniva arrestato in Germania. La Corte non ha riconosciuto neppure lo stalking, nonostante centinaia di messaggi ma basandosi sulla testimonianza del padre di Giulia, Gino, che in aula ha detto che non vedeva la figlia turbata dal ragazzo.

Secondo i giudici "la dinamica dell’omicidio non permette di desumere al di là di ogni ragionevole dubbio che Filippo Turetta, che in parte ha confessato e in parte ha mentito su circostanze inequivocabili, volesse infliggere alla vittima sofferenze gratuite e aggiuntive e non conta a tal fine il numero di coltellate". Lo studente avrebbe colpito "quasi alla cieca" fino a quando Giulia, che in quei venti minuti s’è accorta che stava arrivando la fine, non è spirata. "Turetta – spiega la motivazione – si è fermato quando si è reso conto che aveva colpito l’occhio: ma non si ritiene che l’abbia fatto per arrecare scempio o sofferenza aggiuntiva".

Le 143 pagine di motivazioni scatenano l’indignazione, bipartisan, della politica. "Non possiamo che restare basiti" afferma la leghista Laura Ravetto, "inaccettabile" attaccano le parlamentari cinquestelle in Commissione d’inchiesta sul femminicidio. E a spiegare cosa non vada nella sentenza è proprio la presidente della Commissione, Martina Semenzato: "Nel corso delle numerose audizioni è emerso che il numero spropositato di colpi è una modalità esecutiva tipica del femminicidio". Il vicesegretario di Azione, Ettore Rosato, s’interroga sui social: "Da legislatore mi chiedo: dove abbiamo sbagliato? Perché se a chi commette un reato del genere nel pieno delle sue facoltà mentali – con quelle modalità – non viene riconosciuta l’aggravante, quale norma non abbiamo scritto bene?".