Lavoro straordinario nel pubblico impiego: quando l’autorizzazione implicita basta per il diritto alla retribuzione?
Con una recente pronuncia del 21 febbraio 2025 la Corte di Cassazione offre un’importante occasione per riflettere sui presupposti del diritto alla retribuzione per il lavoro straordinario nel pubblico impiego, con particolare riferimento alla questione dell’autorizzazione preventiva e della sua forma. Tale pronuncia si inserisce nel solco di un orientamento giurisprudenziale consolidato che, superando approcci […] L'articolo Lavoro straordinario nel pubblico impiego: quando l’autorizzazione implicita basta per il diritto alla retribuzione? proviene da Iusletter.


Con una recente pronuncia del 21 febbraio 2025 la Corte di Cassazione offre un’importante occasione per riflettere sui presupposti del diritto alla retribuzione per il lavoro straordinario nel pubblico impiego, con particolare riferimento alla questione dell’autorizzazione preventiva e della sua forma.
Tale pronuncia si inserisce nel solco di un orientamento giurisprudenziale consolidato che, superando approcci formalistici, privilegia una lettura sostanzialistica del rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato.
Il caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte riguarda un dipendente della Protezione Civile che aveva richiesto il pagamento di compensi per lavoro straordinario svolto negli anni 2012-2013. Tali prestazioni straordinarie, pur non formalmente autorizzate in via preventiva, erano state rese nell’ambito di turnazioni predisposte dall’amministrazione stessa per garantire il funzionamento della sala operativa H24.
La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei giudici di merito, ha riconosciuto il diritto del lavoratore alla retribuzione delle ore di straordinario, elaborando principi di diritto di notevole rilevanza pratica e teorica. In particolare, è stato chiarito che nel pubblico impiego contrattualizzato il diritto al compenso per lavoro straordinario, pur presupponendo la preventiva autorizzazione dell’amministrazione, spetta al lavoratore anche quando tale autorizzazione risulti dalla predisposizione di turni o da ordini di servizio, configurandosi così un’autorizzazione implicita.
Nel dettaglio, il dipendente ha diritto al compenso per lavoro straordinario se debitamente autorizzato, ma tale autorizzazione può manifestarsi anche in forma implicita attraverso la predisposizione di turni o l’emanazione di ordini di servizio.
La Corte ha sottolineato come l’autorizzazione, nell’ambito del lavoro straordinario, vada intesa come manifestazione del consenso datoriale alla prestazione, che può emergere anche da comportamenti concludenti.
Ciò che rileva è che le prestazioni siano svolte con il consenso, anche implicito, del datore di lavoro. Una volta accertata l’esistenza di tale consenso, il diritto alla retribuzione deve essere riconosciuto anche qualora l’autorizzazione risulti formalmente irregolare o in contrasto con disposizioni del contratto collettivo.
E del resto, eventuali vincoli di spesa o irregolarità nella procedura autorizzativa non possono ricadere sul lavoratore che abbia effettivamente reso la prestazione, in quanto tali problematiche attengono piuttosto al piano della responsabilità amministrativa dei dirigenti che abbiano consentito lo svolgimento del lavoro straordinario in violazione delle norme di contabilità pubblica.
In conclusione, la sentenza in commento rappresenta un importante tassello nel percorso giurisprudenziale volto a garantire l’effettività della tutela retributiva nel pubblico impiego, superando approcci formalistici che potrebbero pregiudicare i diritti dei lavoratori. L’orientamento espresso dalla Suprema Corte appare pienamente condivisibile, in quanto coniuga il necessario rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione con la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori pubblici.
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