“Lavorare di notte provoca danni al Dna e aumenta il rischio di cancro, conseguenze anche gravi sia a breve che a lungo termine”: il nuovo studio e il ruolo della melatonina
Il lavoro notturno logora al punto tale da provocare danni al Dna delle persone che svolgono attività in questa fascia oraria. Una buona notizia è che forse un’integrazione di melatonina può aiutare l’organismo a riparare i danni al Dna. Lo rivelano i risultati, molto preliminari, di uno studio clinico condotto dalla Canadian Cancer Society e […] L'articolo “Lavorare di notte provoca danni al Dna e aumenta il rischio di cancro, conseguenze anche gravi sia a breve che a lungo termine”: il nuovo studio e il ruolo della melatonina proviene da Il Fatto Quotidiano.

Il lavoro notturno logora al punto tale da provocare danni al Dna delle persone che svolgono attività in questa fascia oraria. Una buona notizia è che forse un’integrazione di melatonina può aiutare l’organismo a riparare i danni al Dna. Lo rivelano i risultati, molto preliminari, di uno studio clinico condotto dalla Canadian Cancer Society e dal Canadian Institutes of Health Research-Institute of Cancer Research in collaborazione con il Cancer Research Society (Canada) e la BC Cancer Foundation, pubblicato sulla rivista online Occupational & Environmental Medicine, ma che giustificherebbero l’avvio di studi più ampi sul potenziale impatto dell’integrazione della melatonina a lungo termine.
Perché si parla di melatonina
La melatonina è l’ormone dell’orologio biologico che modula anche l’alternanza tra il sonno e la veglia oltre a molte altre funzioni. La sua normale produzione, che avviene di notte, è quindi inibita nei lavoratori notturni. Con la conseguenza di compromettere la capacità del corpo di riparare i danni ossidativi al DNA, il sottoprodotto dei normali processi cellulari. Quali i rischi? Questa categoria di lavoratori è maggiormente esposta al rischio di alcuni tipi di cancro.
La ricerca
Obiettivo dello studio è stato quello di indagare se l’assunzione di melatonina durante il giorno potesse agire in parte su questo danno, migliorando le capacità riparative del DNA. Sono stati quindi coinvolti 40 lavoratori notturni suddivisi in modo casuale in due gruppi: uno, circa la metà, destinato a ricevere una pillola giornaliera di melatonina da 3 mg da assumere durante il giorno insieme al cibo e un’ora prima di andare a dormire per 4 settimane consecutive, l’altra metà invece una pillola fittizia (placebo) da 3 mg secondo lo stesso programma. Tutti i partecipanti hanno lavorato almeno due turni di notte consecutivi ogni settimana, per almeno 7 ore a notte e per almeno 6 mesi. Nessuno aveva disturbi del sonno o condizioni croniche.
Lo studio prevedeva anche la raccolta di campioni di urina in specifici momenti: durante il secondo dei due successivi periodi di sonno diurno e di turno di notte, all’inizio della sperimentazione e al termine delle 4 settimane. I partecipanti sono stati anche dotati di tracker di attività per misurare le ore di sonno durante il giorno, mentre i livelli di 8-OHdG, un indicatore della capacità di riparazione dei danni al DNA, sono stati misurati nelle urine raccolte durante i periodi di sonno diurno e il successivo turno di notte. Che cosa è emerso? I livelli urinari di 8-OH-dG erano più alti dell’80% durante il sonno diurno, segno di una migliore riparazione tra coloro che assumevano l’integratore di melatonina rispetto a chi prendeva il placebo. D’altra parte, non è stata riscontrata nessuna differenza significativa nei livelli urinari di 8-OH-dG durante il turno di notte successivo.
Le conclusioni
Da sottolineare che questo tipo di studio presenta alcuni limiti, a partire dal campione su cui è stato condotto – molto ristretto – e dalla tipologia dei partecipanti, esclusivamente dei sanitari, facendo ipotizzare che questi risultati possano non essere applicabili anche al resto della popolazione o a tutte le professioni notturne. Mancano infine informazioni sull’esposizione alla luce naturale, che influisce sui livelli circolanti di melatonina. Tuttavia, come scrivono gli autori della ricerca, lo studio “randomizzato controllato con placebo ha suggerito che l’integrazione di melatonina può migliorare il processo riparativo tra questa categoria di lavoratori”..
Il parere dell’esperto
Allo stato attuale, cosa sappiamo più in generale sugli effetti nel nostro organismo prodotti dall’attività lavorativa notturna?
“Se consideriamo l’essere umano un animale diurno, quale esso è, risulta intuitivo, prima ancora della dimostrazione ormai offerta da molti studi, che stare svegli di notte e dormire (o cercare di dormire) di giorno non è una condizione fisiologica – spiega al FattoQuotidiano.it il professor Giuseppe Plazzi, direttore del Centro del sonno Irccs (Istituto delle scienze neurologiche di Bologna) -. L’organismo del lavoratore turnista è sottoposto a un importante stress con conseguenze, seppure con notevole variabilità individuale, anche gravi, sia a breve che a lungo termine”.
Quali sono?
“A breve termine la funzione più colpita è il sonno, una specie di ‘jet lag’ con riduzione della quantità e qualità, alterazione del ciclo sonno/veglia, sonnolenza e riduzione della vigilanza e dell’efficienza mentale, diurna e notturna, con rischio di errori, incidenti e infortuni. A lungo termine è sempre il sonno il bersaglio più frequentemente colpito dal lavoro turnista: peggiora la sonnolenza – quando invece è richiesta un’adeguata vigilanza – ma presto compaiono conseguenze sistemiche come ipertensione, sindrome metabolica (obesità, diabete di tipo 2, malattie coronariche), e compromissione cognitiva, alterazione dell’umore, ma anche un aumento del rischio di ictus ischemico e di cancro. Infatti, il lavoro a turni notturni è stato classificato come probabilmente cancerogeno per l’uomo per il cancro della prostata, del colon-retto e del seno”.
Agire sulla melatonina è decisivo, come suggerisce questo studio, o andrebbero considerati altri fattori?
“La melatonina è l’ormone che viene normalmente prodotto dal nostro cervello, durante la notte, per garantirci un fisiologico avvio del sonno. Cosa importantissima, viene prodotta al buio; per contro, è soppressa dalla luce, come appunto accade nel lavoratore turnista notturno. In questo senso la melatonina potrebbe aiutare a proteggerci quando un fisiologico ripristino di un corretto ritmo sonno-veglia è impossibile”.
Tuttavia, chi è costretto a fare turni di notte, al momento che può fare per ridurre l’impatto negativo di un’attività a queste condizioni?
“Le raccomandazioni per prevenire i rischi del lavoro a turni notturni sono state ampiamente diffuse dalle società scientifiche. L’estrema variabilità individuale della resistenza al lavoro a turni, le diverse esigenze del lavoro e dei lavoratori coinvolti richiedono una pianificazione dei turni accurata e una corretta ed esauriente informazione del lavoratore che dovrebbe accettare il lavoro notturno permanente solo a condizioni ben definite.
Le raccomandazioni sono le seguenti:
- limitare il più possibile il lavoro notturno;
- preferire la rotazione rapida a quella oraria;
- evitare di iniziare il lavoro troppo presto al mattino;
- inserire pause adeguate per i pasti e il riposo;
- adottare un turno di 12 ore solo quando il lavoro è di entità fisica o mentale lieve o limitata;
- organizzazione di turni regolari e flessibili”.
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