“Lasciare il nido è difficile in una società piena di conflitti. Quello che c’è fuori spesso mi spaventa ed è per questo che cerco la libertà”: così Rondine
Il cantautore Tommaso Santoni, classe 2005, non ha scelto il suo nome d’arte Rondine a caso. Oltre ad essere il suo disco d’esordio, è un omaggio al concetto di libertà. Di quando si spicca il volo dal nido, per scontrarsi poi con la dura realtà. E per reazione che succede? C’è il tentativo di ricollegarsi […] L'articolo “Lasciare il nido è difficile in una società piena di conflitti. Quello che c’è fuori spesso mi spaventa ed è per questo che cerco la libertà”: così Rondine proviene da Il Fatto Quotidiano.

Il cantautore Tommaso Santoni, classe 2005, non ha scelto il suo nome d’arte Rondine a caso. Oltre ad essere il suo disco d’esordio, è un omaggio al concetto di libertà. Di quando si spicca il volo dal nido, per scontrarsi poi con la dura realtà. E per reazione che succede? C’è il tentativo di ricollegarsi al bambino interiore che riesce, in qualche modo, a preservare la voglia di continuare a scoprire nuovi mondi. Questo è il mondo racchiuso nei dodici brani inediti di questo bel disco (prodotto da Marco Paganelli, Gianmarco Grande, Kyv, Matteo Milita, Marta Venturini e Dema) che ci restituisce la freschezza di una rinnovata e ritrovata energia che sta attraversando il cantautorato italiano. Un ritratto sincero della Generazione Z che sta crescendo tra ansie, relazioni complicate, sfiducia ma anche con la voglia di cambiare le cose. Tra le collaborazioni nell’album ci sono: Mazzariello, mew , Enrico Nigiotti, Quentin40 e Tancredi.
Il percorso di Rondine segue traiettorie della vecchia gavetta, una scelta ragionata e ponderata: “Il discorso del talent continua a essere una cosa che non capisco più di tanto, cioè mi disturba un po’ questa narrazione del talent come ‘daje tutta!’. Mi piace di più parlare di gavetta, di come si è creato un brano che diventare parte di una immagine televisiva. Non la sento una cosa mia questa narrazione. Non è l’unica via”.
“Se ne parla poco di eutanasia in Italia” – ‘Facciamo finta che’ è nato in maniera abbastanza naturale. La scorsa estate l’ho passata con Matteo Milita, che ha composto tutto il mio album, e un altro ragazzo con cui lavoriamo da sempre. Quest’ultimo era andato a studiare a Amsterdam, poi era tornato quest ‘estate a Roma. Io ho parte della famiglia che viene dal Lago di Bracciano, vicino a Roma, a Trevignano Romano, per l ‘esattezza. Così tutti e tre abbiamo deciso di andarci per scrivere assieme e forse proprio in quei giorni c’era stata una sentenza su un caso di eutanasia. Una storia che ci aveva colpito, così abbiamo iniziato un po’ a parlare di questo argomento a pranzo. L’eutanasia è un tema mi ha sempre colpito proprio perché un argomento importante dal punto di vista sociale di cui non si parla molto, almeno nel nostro Paese. Perché abbiamo il Vaticano e probabilmente anche perché c’è il confronto con la morte, che non viene affrontato in maniera diretta. Anche se va detto che, negli ultimi anni, se ne sta parlando di più. Così ho deciso di riversare un po’ questo mio pensiero su una canzone e credo sia venuta molto sentita perché ho provato appunto ad immaginare questo viaggio verso una clinica svizzera di una persona che è costretta a lasciarsi andare, lontano dalle persone che ama.
“Quello che c’è fuori spesso mi spaventa” – Ho un rapporto di estrema ricerca del mio bambino interiore, che è un po’ come il ‘fanciullino’ di Pascoli. Credo, in parte, sia dovuto al fatto di aver avuto un infanzia sicuramente agiata da un certo punto di vista. Poi ad un certo punto della vita, inevitabilmente iniziano a mancare le fondamenta sotto terra e un po’ anche il nido, che è anche un po’ il motivo per cui mi chiamo così, Rondine. Quindi sicuramente in tanti miei brani parlo della consapevolezza di avere a che fare con un mondo interiore che è molto diverso dalla realtà, sono cose a cui penso prima di addormentarmi. È un modo, secondo me, per esorcizzare quello che ci circonda, quasi come dicessimo a noi stessi ‘stiamo un po’ lontani dai problemi’. Nel momento in cui mi sono trovato all’interno di una bolla, protetta, finché vedo soltanto le pareti, che io conosco molto bene, mi sono sempre guardato molto dentro. Essere una persona molto introspettiva mi porta spesso a cercare più dentro di me delle risposte di quanto non lo faccia fuori. Ed è per questo che quello che c’è fuori spesso mi spaventa.
“Dalla periferia al centro di Roma senza barriere” – Ci sono delle barriere culturali molto presenti nella nostra società. Vengo da una famiglia mediamente benestante, però abito nella periferia di Roma. Ho fatto tutte le elementari, le medie, in un zona di periferia, abitando in una casa bella, ma in un quartiere per niente bello. Di conseguenza sono sempre riuscito a relazionarmi con persone di un ceto sicuramente più basso, ma allo stesso tempo però ho gli amici anche a Prati o con la villa con vista al Colosseo. Questo tipo di approccio mi fa essere molto lucido e riesco a capire molto bene le diverse tipologie di persone.
“A Milano ci sono più tensioni” – Il problema si presenta quando manca, da un estremo all’altro della società, la comunicazione che secondo me è importantissima. A Milano è molto più radicato questo fenomeno più che a Roma, basta vedere tutta la tensione sociale, le lotte di classe, il proliferare dei maranza e altre situazioni che creano danni irreparabili. Si creano quindi delle fratture sociali importanti anche negli italiani di seconda generazione. Spero che la musica possa essere un elemento di unione.
“Bisogna parlarsi e guardarsi dentro, anche a scuola” – Io non sono uno reazionario, non sono uno che prende e scende in piazza in questi momenti, ma perché semplicemente provo ad affrontare in un altro modo i problemi. Non basta dirsi ‘speriamo che questa cosa sia così oggi, magari già domani non esiste più questa cosa’. Poi leggi i dati economici che ormai fanno paura, con anche il timore crescente che qualcosa di brutto possa accadere. Quindi c’è un problema sistemico che, per quanto mi riguarda, si potrebbe in parte risolvere, invitando a parlarsi e a guardarsi dentro. Poi di certo anche la gestione della scuola è importante. Ad esempio l’ora di religione, che spesso viene snobbata dal 90% di una classe e io non la facevo anche per uscire prima, perché non sostituirla con l’ora di educazione sessuale/affettiva o educazione civica?
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