La Turchia e i curdi del Pkk non sono mai stati così vicini alla pace

Il Pkk ha annunciato un cessate il fuoco con la Turchia. Per l’organizzazione curda è un momento difficile è la pace non è mai stata così vicina.

Mar 3, 2025 - 13:56
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La Turchia e i curdi del Pkk non sono mai stati così vicini alla pace
  • Il leader de facto del Pkk, Abdullah Öcalan, ha detto che è ora di un processo democratico per la causa dei curdi.
  • Il comitato direttivo del Pkk ha proclamato un cessate il fuoco e ha annunciato la deposizione delle armi.
  • La fine delle ostilità con la Turchia, dopo quasi 50 anni e 40mila morti, è un’opportunità per il regime di Erdogan.

Il 27 febbraio Abdullah Öcalan, fondatore del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), ha fatto un appello per la fine della lotta armata in Turchia. Öcalan è uno dei fondatori del Pkk, un gruppo politico e paramilitare di ispirazione marxista che dalla fine degli anni Settanta è coinvolto in una guerra contro lo stato turco, prima per la creazione di uno stato indipendente curdo, poi per l’ottenimento di maggiore autonomia e diritti per la minoranza.

Quella dei curdi è una delle questioni irrisolte dai tempi della fine della Prima guerra mondiale. Gli era stato promesso uno stato che non è mai arrivato e questo, unito alle profonde discriminazioni subite nel corso dei decenni, ha favorito l’insorgenza di gruppi indipendentisti armati come il Pkk. I suoi attentati e attacchi suicidi da una parte e le brutali operazioni militari turche dall’altra hanno causato circa 40mila morti nel corso degli anni, inframezzati da momenti di relativa calma e negoziati di pace poi falliti. Ora l’appello per l’abbandono della lotta armata arrivato dal leader Öcalan, che si trova in carcere dal 1999, potrebbe cambiare lo stato delle cose. Il comitato direttivo del Pkk ha infatti accolto le sue richieste e un accordo di pace con Ankara sembra vicino.

Manifestazione curde con le bandiere di Abdullah Öcalan, fondatore del Pkk.
Manifestazione curde con le bandiere di Abdullah Öcalan, fondatore del Pkk © DELIL SOULEIMAN/AFP via Getty Images

Cos’è il Pkk?

I curdi sono un’etnia di religione perlopiù musulmana sunnita composta da circa 40 milioni di persone. Con la fine della Prima guerra mondiale e la disgregazione dell’Impero Ottomano, gli Alleati attraverso il trattato di Sèvres del 1920 avevano promesso la creazione di uno stato curdo, che però non si è mai concretizzato. Il popolo curdo si è così trovato diviso tra Turchia, Siria, Iraq e Iran e soprattutto in Turchia, dove costituisce il 15 per cento della popolazione, le sue rivendicazioni di riconoscimento sono state soffocate in modo brutale e accompagnate da politiche di assimilazione forzata che sono arrivate a negare l’esistenza stessa dei curdi come popolo.

In questo contesto di discriminazione, assimilazione e mancato riconoscimento, nel 1978 un gruppo di studenti della facoltà di Scienze Politiche di Ankara, guidati da Abdullah Öcalan, ha fondato il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), connotato da un’ideologia marxista e avente come principale obiettivo la creazione di uno stato indipendente curdo. Il Pkk ha scelto sin da subito la via della lotta armata per perseguire i suoi obiettivi e dopo alcuni anni di attentati e piccole operazioni di guerriglia, a partire dal 1984 ha lanciato un’offensiva più su larga scala contro le forze turche nel sud-est del paese, lì dove il popolo curdo è maggioritario. La risposta dell’esercito turco è stata brutale e la guerra tra le due fazioni da quel momento non si è mai fermata, con momenti di relativa tranquillità intervallati da escalation del conflitto.

La repressione turca non si è rivolta solo contro il Pkk, che con il passare degli anni ha affiancato gli attacchi suicidi agli attentati e alle azioni di guerriglia ed è entrato nella lista delle organizzazioni terroristiche dell’Unione europea e degli Stati Uniti, ma contro i curdi come popolo. Decine di villaggi curdi soprattutto negli anni Novanta sono stati distrutti e dati alle fiamme, ogni forma di solidarietà alla causa curda è stata punita e più in generale le autorità turche hanno messo in atto forme di soppressione dell’identità, della cultura e della politica curde.

La leadership di Öcalan

Negli anni Novanta Abdullah Öcalan ha dato una nuova impronta al Pkk. Ha abbandonato l’obiettivo della creazione di uno stato indipendente, focalizzandosi su una rivendicazione di maggiore autonomia e diritti per i curdi all’interno dello stato turco. Poi ha presentato i suoi primi piani di pace, che hanno portato a un periodo di cessate il fuoco.

Nel frattempo il leader del Pkk, per ragioni di sicurezza, ha lasciato la Turchia. Prima ha continuata a esercitare la sua leadership del partito dalla Siria, poi a causa delle pressioni del governo turco sul paese nel 1998 si è trasferito in Europa, passando anche per l’Italia. Qui è stato arrestato su mandato di cattura internazionale all’arrivo all’aeroporto di Fiumicino e questo ha portato a una grossa mobilitazione della società civile. A causa della pena di morte nel paese, il governo italiano non ha potuto estradare in Turchia Öcalan, che nel frattempo ha fatto domanda di asilo proprio in Italia. Prima ancora che la questione venisse risolta dal tribunale, al leader del Pkk è stato intimato di lasciare il paese e ha cercato rifugio altrove. Prima in Olanda, poi in Grecia, infine in Kenya, dove nel 1999 è stato catturato da alcuni agenti segreti turchi.

Una manifestazione per la liberazione di Öcalan nel 1999
Una manifestazione per la liberazione di Öcalan nel 1999 © Steve Eason/Hulton Archive/Getty Images

Dal 1999 Öcalan si trova imprigionato nel carcere turco di Imrali, situato su un’isola dove per lungo tempo è stato l’unico detenuto. Ha ricevuto una condanna a morte, che poi è stata tramutata in ergastolo dopo che nel 2002 la Turchia ha abolito la pena capitale. In oltre 25 anni di prigionia Öcalan ha continuato a svolgere un ruolo chiave nel Pkk, definendone strategie e obiettivi e assumendo un atteggiamento sempre più pragmatico. In diverse occasioni le sue pressioni hanno portato il Pkk a fare nuove aperture alla pace, come nel round di negoziati del 2011 quando le autorità turche si sono incontrate con lo stesso Öcalan in carcere. La Turchia, dai primi anni Duemila, ha accolto alcune piccole rivendicazioni curde, ma il conflitto è andato avanti tra alti e bassi e in diverse forme, da parte turca con repressione, arresti di massa e operazioni militari, da parte del Pkk con attentati come l’ultimo nell’ottobre scorso contro la sede delle industrie della Difesa di Ankara.

Fine della guerra?

Il 27 febbraio, con un messaggio dal carcere, Abdullah Öcalan ha fatto un appello al Pkk per la fine della lotta armata e per lo scioglimento del gruppo, dopo quasi 50 anni di lotta. Nel testo consegnato al partito filocurdo Dem, Öcalan ha sottolineato che è arrivato il momento di trovare una soluzione democratica al conflitto e di inaugurare una nuova epoca di pace e fratellanza tra curdi e turchi. 

Il Pkk ha subito accolto le richieste del suo leader de facto. Il comitato direttivo dell’organizzazione curda ha proclamato un cessate il fuoco e ha annunciato la deposizione delle armi, a meno che non dovesse rispondere ad attacchi militari diretti della Turchia. Il Pkk ha aggiunto che convocherà l’assemblea per lo scioglimento, che avverrà però solo nel momento in cui le autorità turche offriranno garanzie di sicurezza, tra cui la liberazione dello stesso Öcalan dal carcere in cui si trova recluso da 26 anni.

Non si è mai stati così vicini alla fine della guerra tra Turchia e Pkk e non è un caso che questo stia succedendo ora, quando l’organizzazione curda sta vivendo una fase molto vulnerabile della sua storia. Negli ultimi anni le operazioni militari turche hanno ridotto drasticamente la forza del Pkk e se un tempo i suoi combattenti erano fino a 10mila, oggi il loro numero è molto più basso. Anche in Siria, dove le forze curde nello scorso decennio hanno avuto un ruolo decisivo nella guerra a fianco di Bashar al-Assad contro lo Stato islamico, tanto da essere sostenute dagli Stati Uniti, ora la situazione è drasticamente cambiata. Il regime di Assad è caduto e ora il paese è guidato dal gruppo Hayat Tahrir al Sham (Hts), vicino alla Turchia. Questo ha messo in una posizione di vulnerabilità le forze curde, vicine al Pkk, arroccate nel nord del paese e sempre più esposte agli attacchi dell’esercito di Ankara.

La debolezza del Pkk a livello internazionale e interno ha portato negli ultimi anni ad alcune aperture da parte di suoi militanti a negoziati con le autorità turche e lo scorso ottobre lo stesso ha fatto uno degli uomini politici turchi più vicini al presidente Recep Erdogan. La repressione da parte di Ankara nei confronti del Pkk e di persone considerate vicine alla causa curda, compresi giornalisti e politici legati al partito Dem, non si è fermata negli ultimi mesi, ma questo è andato di pari passo con alcune concessioni alla causa curda. Il presidente turco Erdogan ha accolto con favore l’appello di Öcalan e l’annuncio di cessate il fuoco del Pkk. La fine delle ostilità è un’opportunità per il suo regime in termini di immagine, perché il presidente potrebbe vedere aumentare i suoi consensi, anche tra gli stessi curdi in caso di concessioni costituzionali. Ma una pace con il Pkk ha anche una valenza strategica per il regime turco, perché libererebbe l’esercito del grosso peso relativo alle operazioni anti-curde in Turchia, Siria e Iraq, permettendo di concentrare i propri sforzi altrove. Come nel continente africano, dove Ankara sta cercando di aumentare la sua influenza.