La GenZ rifugge lo stress del lavoro: meglio vivere da influencer che diventare manager
Negli ultimi anni, le ambizioni lavorative della Generazione Z, ovvero i giovani nati tra la fine degli anni ’90 e il 2010, sono cambiate notevolmente. In un’epoca in cui ci sono svariate opportunità, in tanti settori diversi, il tradizionale modello di carriera che prevede ruoli gerarchici e responsabili sta perdendo interesse. Secondo una ricerca di Robert Walters (società britannica leader mondiale nel settore del reclutamento con filiali in 31 paesi), la GenZ preferisce progredire in un ruolo individuale, piuttosto che diventare manager. Questo trend si inserisce in un contesto in cui, per molti giovani, il concetto di "carriera" non è più sinonimo di sacrificio e stress, ma di equilibrio, creatività e libertà. Indice La GenZ e il rifiuto del management tradizionale Il lavoro flessibile e la sfida del burnout Meglio diventare influencer Le conseguenze secondo Lucy Bisset La GenZ e il rifiuto del management tradizionale Il 72% dei giovani lavoratori intervistati dalla ricerca di Robert Walters preferirebbe, infatti, progredire in un ruolo individuale anziché andare a ricoprire una posizione manageriale. Per loro, il concetto di "leadership" sta cambiando. Non si tratta più di salire in cima a una scala gerarchica e gestire un team, ma di portare avanti progetti in autonomia, mantenendo la propria libertà e creatività. La gerarchia aziendale, con le sue rigidità e pressioni, invece non rispecchia più le ambizioni della GenZ. Secondo il 36% degli intervistati, chi prevede di assumere un ruolo manageriale in futuro lo fa non per una vera passione ma per obbligo. Inoltre, il 69% dei giovani professionisti ritiene che il management sia troppo stressante e poco remunerativo. Non sorprende, quindi, che molti vedano il ruolo di manager come una trappola da evitare, preferendo lavorare in ambienti flessibili e creativi. Il lavoro flessibile e la sfida del burnout Questo accade forse perìché la Generazione Z è cresciuta osservando i Millennial, la generazione dei manager spesso sull’orlo del burnout. E, così, cerca di rifuggire quel modello lavorativo. Non a caso, il 75% dei manager Millennial si dichiara sopraffatto dal carico di lavoro e dalla difficoltà enl trovare un equilibrio tra vita professionale e personale. La GenZ, quindi, è fortemente attratta dalla possibilità di evitare il lavoro logorante, per andare verso ruoli che permettano di dedicarsi a progetti più stimolanti e meno stressanti. Un altro aspetto fondamentale, poi, è l’attenzione verso l'equilibrio vita-lavoro. Se in passato il sacrificio era visto come il prezzo da pagare per una carriera di successo, oggi i giovani sembrano disposti a rinunciare a ruoli manageriali pur di non sacrificare il loro benessere psicofisico. Meglio diventare influencer Parallelamente, la ricerca evidenzia un altro dato interessante: oltre la metà dei giovani della GenZ è pronta a diventare un influencer a tempo pieno, se ce ne fosse l'opportunità. L'idea di gestire il proprio brand personale e lavorare secondo le proprie regole appare molto più allettante di un impiego che implichi responsabilità e stress continui. Il 36% dei giovani, però, continua a prevedere che, prima o poi, dovrà ricoprire una posizione manageriale (pur non desiderandola). Mentre il 16% è fermamente deciso a evitare il middle management (il livello di gestione intermedio di un'organizzazione gerarchica). Le conseguenze Lucy Bisset, Direttrice di Robert Walters, mette in guardia da questa visione: tale rifiuto a entrare nel management, secondo la sua visione, potrebbe avere delle conseguenze per il mondo del lavoro, con una crescente difficoltà a trovare professionisti disposti a ricoprire ruoli di leadership tradizionali. E aggiunge: "Molti giovani sono meno inclini a fidelizzarsi a un’azienda, anche se i professionisti più senior tendono a rispettare maggiormente i manager di medio livello, sviluppando una carriera all'interno di strutture più tradizionali". La GenZ, spiega Bisset, è dotata di una mentalità imprenditoriale incentrata sul proprio marchio piuttosto che sulla gestione di quello altrui. E per raggiungere il successo, sottolinea, non ritengono più necessario "salire" una gerarchia: basta perseguire progetti autentici, calibrando carriera e tempo libero. Altro aspetto da non sottovalutare, infine, è la differenza di approccio alle modalità di svolgimento del lavoro, “in gran parte da remoto o in modo ibrido, con un'enorme attenzione alle capacità digitali". Con, in più, una minore inclinazione "alla completa fedeltà all'azienda". Tutto questo si distanzia dai professionisti senior che hanno percorso la loro strada con metodi più tradizionali sviluppando un maggiore rispetto verso i manager di medio livello.

Negli ultimi anni, le ambizioni lavorative della Generazione Z, ovvero i giovani nati tra la fine degli anni ’90 e il 2010, sono cambiate notevolmente. In un’epoca in cui ci sono svariate opportunità, in tanti settori diversi, il tradizionale modello di carriera che prevede ruoli gerarchici e responsabili sta perdendo interesse.
Secondo una ricerca di Robert Walters (società britannica leader mondiale nel settore del reclutamento con filiali in 31 paesi), la GenZ preferisce progredire in un ruolo individuale, piuttosto che diventare manager. Questo trend si inserisce in un contesto in cui, per molti giovani, il concetto di "carriera" non è più sinonimo di sacrificio e stress, ma di equilibrio, creatività e libertà.
Indice
La GenZ e il rifiuto del management tradizionale
Il 72% dei giovani lavoratori intervistati dalla ricerca di Robert Walters preferirebbe, infatti, progredire in un ruolo individuale anziché andare a ricoprire una posizione manageriale. Per loro, il concetto di "leadership" sta cambiando.
Non si tratta più di salire in cima a una scala gerarchica e gestire un team, ma di portare avanti progetti in autonomia, mantenendo la propria libertà e creatività.
La gerarchia aziendale, con le sue rigidità e pressioni, invece non rispecchia più le ambizioni della GenZ. Secondo il 36% degli intervistati, chi prevede di assumere un ruolo manageriale in futuro lo fa non per una vera passione ma per obbligo.
Inoltre, il 69% dei giovani professionisti ritiene che il management sia troppo stressante e poco remunerativo. Non sorprende, quindi, che molti vedano il ruolo di manager come una trappola da evitare, preferendo lavorare in ambienti flessibili e creativi.
Il lavoro flessibile e la sfida del burnout
Questo accade forse perìché la Generazione Z è cresciuta osservando i Millennial, la generazione dei manager spesso sull’orlo del burnout. E, così, cerca di rifuggire quel modello lavorativo.
Non a caso, il 75% dei manager Millennial si dichiara sopraffatto dal carico di lavoro e dalla difficoltà enl trovare un equilibrio tra vita professionale e personale. La GenZ, quindi, è fortemente attratta dalla possibilità di evitare il lavoro logorante, per andare verso ruoli che permettano di dedicarsi a progetti più stimolanti e meno stressanti.
Un altro aspetto fondamentale, poi, è l’attenzione verso l'equilibrio vita-lavoro. Se in passato il sacrificio era visto come il prezzo da pagare per una carriera di successo, oggi i giovani sembrano disposti a rinunciare a ruoli manageriali pur di non sacrificare il loro benessere psicofisico.
Meglio diventare influencer
Parallelamente, la ricerca evidenzia un altro dato interessante: oltre la metà dei giovani della GenZ è pronta a diventare un influencer a tempo pieno, se ce ne fosse l'opportunità. L'idea di gestire il proprio brand personale e lavorare secondo le proprie regole appare molto più allettante di un impiego che implichi responsabilità e stress continui.
Il 36% dei giovani, però, continua a prevedere che, prima o poi, dovrà ricoprire una posizione manageriale (pur non desiderandola). Mentre il 16% è fermamente deciso a evitare il middle management (il livello di gestione intermedio di un'organizzazione gerarchica).
Le conseguenze
Lucy Bisset, Direttrice di Robert Walters, mette in guardia da questa visione: tale rifiuto a entrare nel management, secondo la sua visione, potrebbe avere delle conseguenze per il mondo del lavoro, con una crescente difficoltà a trovare professionisti disposti a ricoprire ruoli di leadership tradizionali. E aggiunge: "Molti giovani sono meno inclini a fidelizzarsi a un’azienda, anche se i professionisti più senior tendono a rispettare maggiormente i manager di medio livello, sviluppando una carriera all'interno di strutture più tradizionali".
La GenZ, spiega Bisset, è dotata di una mentalità imprenditoriale incentrata sul proprio marchio piuttosto che sulla gestione di quello altrui. E per raggiungere il successo, sottolinea, non ritengono più necessario "salire" una gerarchia: basta perseguire progetti autentici, calibrando carriera e tempo libero.
Altro aspetto da non sottovalutare, infine, è la differenza di approccio alle modalità di svolgimento del lavoro, “in gran parte da remoto o in modo ibrido, con un'enorme attenzione alle capacità digitali". Con, in più, una minore inclinazione "alla completa fedeltà all'azienda". Tutto questo si distanzia dai professionisti senior che hanno percorso la loro strada con metodi più tradizionali sviluppando un maggiore rispetto verso i manager di medio livello.