La caccia ai rottami per l’acciaio accende lo scontro tra produttori e riciclatori europei

I produttori siderurgici europei vorrebbero dalla Commissione una strategia chiara sui rottami metallici, che finiscono all'estero complicando, così, la produzione di acciaio nel Vecchio continente. Tutti i dettagli.

Mar 15, 2025 - 10:53
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La caccia ai rottami per l’acciaio accende lo scontro tra produttori e riciclatori europei

I produttori siderurgici europei vorrebbero dalla Commissione una strategia chiara sui rottami metallici, che finiscono all’estero complicando, così, la produzione di acciaio nel Vecchio continente. Tutti i dettagli

Aaa cercasi metalli e scarti ferrosi. O almeno che non si vendano all’estero. Non è l’annuncio di qualche piccolo rigattiere ma dei produttori siderurgici europei che vorrebbero una strategia chiara da parte di Bruxelles per quanto riguarda i rottami metallici. Può sembrare un tema minore o di nicchia, ma in realtà quella degli scarti rilavorati è una questione essenziale per la cosiddetta ‘elettrosiderurgia’, il ramo che usa i forni elettrici – invece degli altiforni – per produrre leghe ferrose.

LA RICHIESTA DEI PRODUTTORI: STOP ALLE ESPORTAZIONI DI ROTTAMI

Specie per via delle conseguenze dell’invasione russa ai danni dell’Ucraina, l’aumento dei costi energetici e la difficoltà a reperire materie prime rende la vita difficile ai produttori siderurgici europei. Che ripongono così particolare attenzione nel mercato del cosiddetto materiale secondario, visto che si tratta di una fonte più economica e anche più ecologica.

Il problema, secondo i produttori europei, è che di questi rottami una fetta troppo consistente viene esportata al di fuori dell’Europa, andando a rafforzare i competitor esterni che, oltre a risparmiare perché non devono sottostare a regole ambientali stringenti, poi rivendono i prodotti finiti agli stessi paesi europei. Secondo Eurofer, negli ultimi anni le esportazioni di rottami ferrosi dall’Ue sono raddoppiate, arrivando a quasi 19 milioni di tonnellate nel 2023. Il principale paese di destinazione di queste vendite è la Turchia, con circa il 60% del totale.

Come riporta Politico, per Aurelio Braconi, direttore per l’acciaio inossidabile e le materie prime di Eurofer “ci stiamo sparando sui piedi” continuando a vendere materiali all’esterno dell’Ue per poi ricomprarli come prodotti finiti. Sia per Eurofer che per European Aluminium, rappresentanti dell’industria di ferro e alluminio in Ue, “la perdita di rottami crea un’opportunità mancata per la decarbonizzazione, l’autonomia strategica e le ambizioni di competitività dell’Europa”. Per questo vorrebbero che la Commissione limitasse l’export e definisse materie critiche i rottami metallici.

IL NO DEI RICICLATORI

Il punto di vista di chi invece in Europa ricicla gli scarti, per poi rivenderli, è ovviamente diverso. Soprattutto per quelle aziende che prediligono, appunto, l’esportazione fuori dall’Ue. Secondo loro, è vero che l’Ue ha esportato 20 milioni di tonnellate di scarti metallici, ma è una cifra che rappresenta solo il 20% di tutti i rottami che l’Ue genera ogni anno. E solo l’80% è in qualche modo assorbito dalle industrie europee.

Per questo, secondo EuRic (la Federazione europea dei riciclatori) o BIR, (un’associazione di riciclo internazionale con 30mila compagnie) sarebbe sbagliato imporre restrizioni sul commercio internazionale di rottami, visto che “non esiste alcuna carenza di materiale, servirebbe solo a sopprimere artificialmente i prezzi dell’acciaio riciclato”.

L’INDUSTRIA EUROPEA E I DAZI DI TRUMP

L’Ue, dopo Cina e India, è il terzo produttore di metallo con 126 milioni di tonnellate (sempre al 2023) e l’industria siderurgica, oltre a far lavorare due milioni di persone, genera un valore complessivo di circa 130 miliardi di euro. Solo che il costo per creare una tonnellata di acciaio dentro i confini europei è più alto dell’11% rispetto a farlo negli Stati Uniti, mentre quello per una tonnellata di alluminio è superiore del 18% rispetto alla Cina, sottolinea Politico.

I costi elevati e una generale diminuzione della domanda hanno portato a un calo della produzione di acciaio in Europa del 20% tra il 2014 e il 2023, ricorda ancora Politico. E adesso, con i dazi imposti da Donald Trump alle importazioni di acciaio e alluminio, si prevede che l’industria siderurgica europea possa subire un altro duro colpo.

Nel piano studiato dalla Commissione Ue, il Clean Industrial Deal, per aumentare la competitività dell’Ue ma anche la decarbonizzazione, il riciclo è considerato centrale, con l’obiettivo di rafforzare l’economia circolare dei metalli entro il 20230. E tra pochi giorni, la Commissione avvierà un dialogo strategico sul futuro della siderurgia del continente.

LA POSIZIONE DELL’ITALIA

Il governo italiano in tutto questo si è più di una volta espresso a favore di limiti alle esportazioni dei rottami ferrosi. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha sottolineato che “se crediamo davvero nell’economia circolare dobbiamo assolutamente trattenere in Europa i nostri rottami ferrosi che invece vengono esportati in altri paesi”. “Se l’Ue ci chiede di fare forni elettrici, deve essere garantito che sia possibile produrre a costi competitivi”, ha aggiunto da Parigi a fine febbraio.

Nella capitale francese, infatti, sette paesi europei – Italia, Belgio, Lussemburgo, Romania, Slovacchia, Spagna e Francia – hanno firmato una proposta per adottare restrizioni all’export di rottami. Restrizioni che, in parte, sono già adottate dall’Italia fin dallo scoppio della guerra in Ucraina e prolungate fino alla fine del 2026.