In passato Marte era abitabile: gli scienziati trovano le prove
Nel cratere Gale, incastonata tra le rocce di Marte, il rover Curiosity della NASA ha trovato la componente mancante nel puzzle della storia climatica del pianeta rosso che, secondo gli esperti, riaccenderebbe persino le ipotesi su un antico stato di abitabilità. Lo rivela un nuovo studio scientifico condotto da un team internazionale di ricercatori, sottoposto […] The post In passato Marte era abitabile: gli scienziati trovano le prove appeared first on L'INDIPENDENTE.

Nel cratere Gale, incastonata tra le rocce di Marte, il rover Curiosity della NASA ha trovato la componente mancante nel puzzle della storia climatica del pianeta rosso che, secondo gli esperti, riaccenderebbe persino le ipotesi su un antico stato di abitabilità. Lo rivela un nuovo studio scientifico condotto da un team internazionale di ricercatori, sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Science. Secondo le osservazioni, avvenute grazie a perforazioni effettuate in quattro siti differenti, su Marte esisterebbe un minerale chiamato siderite che può formarsi solo in presenza di anidride carbonica atmosferica e acqua liquida, rappresentando la prima prova diretta di un processo che gli esperti chiamano “ciclo del carbonio”. «I dati ci dicono che il pianeta era abitabile e che i modelli di abitabilità sono corretti. Francamente, se mi avessero raccontato tutto questo quando avevo 15 anni, non ci avrei mai creduto», commenta il geochimico e coautore Benjamin Tutolo, dell’Università di Calgary in Canada.
Per ciclo del carbonio si intende l’insieme dei processi attraverso cui il carbonio circola tra atmosfera, oceani, rocce e biosfera. Si tratta di un fenomeno che, sulla Terra, aiuta a mantenere stabile il clima nel tempo geologico. Per quanto riguarda Marte, invece, uno dei più grandi interrogativi riguarda la sua acqua, visto che la maggior parte delle evidenze disponibili indicano un pianeta ricco di specchi d’acqua liquida in superficie, con laghi e oceani che si infrangevano, lambendo e infrangendosi in onde sulle coste. Tuttavia, vista la distanza del pianeta rosso dal Sole, l’atmosfera avrebbe avuto bisogno di una notevole quantità di anidride carbonica (CO2) per essere sufficientemente calda e stabile da contenere acqua liquida. Tale gas, si sarebbe dovuto disperdere nello spazio ma, al contempo, anche nei minerali di superficie, lasciando una traccia chiara e, secondo i modelli, alquanto diffusa. Tuttavia, spiegano i ricercatori, al contrario della teoria, le indagini condotte finora hanno trovato poche prove della loro presenza. Per questo motivo, i coautori hanno deciso di sfruttare gli strumenti CheMin (Chemistry and Mineralogy) e SAM (Sample Analysis at Mars) a bordo del rover per analizzare le rocce perforate.
Tale tecnica ha poi permesso di identificare e quantificare un minerale indicativo chiamato siderite e di distinguerlo da altri simili. La metodologia, inoltre, ha anche permesso di spiegare perché finora non si era riusciti a individuare i carbonati: la loro firma spettroscopica risulta mascherata dai sali di solfato presenti nelle stesse rocce. La siderite è stata riscontrata con livelli tra il 4,8% e il 10,5% in peso, confermando la presenza di un processo di precipitazione del carbonio atmosferico in condizioni acquose ma limitate. Il tutto suggerirebbe un ambiente lacustre soggetto a intensa evaporazione, coerente però con le caratteristiche del cratere analizzato. Tuttavia, spiega Tutolo, «la caratteristica importante dell’antico ciclo del carbonio marziano che delineiamo in questo studio è che era sbilanciato. In altre parole, sembra che sia stata sequestrata nelle rocce una quantità di CO₂ notevolmente maggiore di quella successivamente rilasciata in atmosfera», il che spiegherebbe cosa avrebbe messo a repentaglio la capacità di Marte di rimanere abitabile. Inoltre, spiega il ricercatore, si tratta di una scoperta che potrebbe fornire una chiave per reinterpretare dati orbitali ottenuti precedentemente, in quanto sarebbe possibile ipotizzare che rocce simili, già identificate altrove sul pianeta rosso, potrebbero anch’esse contenere carbonati non identificati con il metodo giusto. Infine, aggiungono i coautori, ora che si sa che su Marte è avvenuto il sequestro del carbonio minerale, è possibile integrare queste informazioni nei modelli della storia climatica del pianeta e determinare quale ruolo, se ce n’è stato uno, ha avuto questa cattura nel declino dell’abitabilità del pianeta.
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