Il Regno Unito vuole davvero mettersi contro le Big Tech?

Con l'Online Safety Act il Regno Unito promette multe salate alle piattaforme di social media che non si impegnano per contrastare i contenuti illegali. Washington borbotta e secondo alcuni Londra ridimensiona le sue ambizioni per compiacere Trump e non incorrere in ritorsioni. Fatti e commenti

Mar 17, 2025 - 16:38
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Il Regno Unito vuole davvero mettersi contro le Big Tech?

Con l’Online Safety Act il Regno Unito promette multe salate alle piattaforme di social media che non si impegnano per contrastare i contenuti illegali. Washington borbotta e secondo alcuni Londra ridimensiona le sue ambizioni per compiacere Trump e non incorrere in ritorsioni. Fatti e commenti

 

Da oggi nel Regno Unito entra in vigore l’Online Safety Act, una legge che impone alle piattaforme di social media di implementare le proprie misure per contrastare i contenuti illegali, tra cui frodi, terrorismo e materiale pedopornografico. Pena multe che possono arrivare fino a 18 milioni di sterline, ovvero circa 21 milioni di euro.

Nonostante Londra abbia promesso un reale giro di vite, l’irritazione provocata dalla norma a Washington, secondo alcuni, non renderà realmente l’universo dei social media un luogo più sicuro, specialmente per i più giovani.

UNA LEGGE CONTRO I CONTENUTI ILLEGALI SUI SOCIAL

L’Online Safety Act prevede che le aziende tecnologiche aumentino la tutela degli utenti con strumenti che realmente garantiscano la salvaguardia da contenuti nocivi e pericolosi come materiale terroristico, abusi sessuali su minori, incoraggiamento al suicidio, pornografia estrema e vendita di droghe.

Da oggi, quindi, tutti i siti e le app che rientrano nel campo di applicazione della legge sulla sicurezza online, che copre più di 100.000 servizi, da Facebook, Google e X a Reddit e OnlyFans, dovranno adottare misure per impedire la comparsa di tali contenuti o per eliminarli se vengono messi online.

Le aziende che violano la legge rischiano multe fino a 18 milioni di sterline o al 10% del fatturato mondiale, che nel caso di aziende come Meta – proprietaria di Facebook, Instagram e Threads – o Google equivale a miliardi di sterline. In casi estremi, i servizi possono anche essere disattivati.

IN COSA CONSISTE

L’Ofcom, l’organo di controllo britannico che supervisiona la legge, ha pubblicato dei codici di condotta che le piattaforme tecnologiche devono seguire per evitare di violare la legislazione. La legge elenca 130 “reati prioritari”, o contenuti illegali, che le aziende tech devono affrontare in via prioritaria, assicurando che i loro sistemi di moderazione siano in grado di gestire tale materiale.

I codici di condotta comprendono: nascondere per impostazione predefinita i profili e le posizioni online dei bambini agli utenti che non conoscono; introdurre misure che consentano alle donne di bloccare e silenziare gli utenti che le molestano o le perseguitano; istituire un canale di segnalazione per le organizzazioni che possono aiutare a gestire i casi di frode online; utilizzare la tecnologia “hash matching”, usata per identificare le immagini illegali, per impedire la condivisione di contenuti terroristici e immagini intime non consensuali, o “revenge porn”.

L’INDIFFERENZA DELLE BIG TECH

Finora infatti, secondo le autorità britanniche, le aziende tecnologiche finora non si sono adeguate in modo da conformarsi alla legge rispetto ai contenuti dannosi nei confronti di bambini e adulti.

Lo sorso dicembre, Jon Higham, direttore delle politiche di sicurezza online dell’Ofcom, aveva detto al Guardian che molte delle misure di sicurezza raccomandate dall’ente di controllo non sono state attuate dalle piattaforme più grandi e più rischiose. Anzi, “non crediamo che nessuna di esse stia adottando tutte le misure”.

LA REAZIONE DI WASHINGTON

Chissà come hanno preso a Washington l’introduzione dell’Online Safety Act… Il mese scorso infatti la legge è già stata oggetto di critiche da parte del vicepresidente Usa, JD Vance, il quale ha affermato che la libertà di parola nel Regno Unito è “in ritirata”. Il primo ministro Keir Starmer, mentre era a Washington, aveva risposto che l’atto riguarda la lotta alla criminalità, non la censura del dibattito.

E pochi giorni fa il segretario alla tecnologia, Peter Kyle, aveva affermato che la norma “non sarà una merce di scambio in qualsiasi trattativa con l’amministrazione Trump sulla minaccia di imporre dazi sulle esportazioni britanniche negli Stati Uniti”. “Negli ultimi anni, le aziende tecnologiche hanno considerato la sicurezza come un elemento secondario. Oggi le cose cambiano”, ha detto, promettendo che il giro di vite è “solo l’inizio”. “I nostri standard di sicurezza online non sono negoziabili – ha ribadito la scorsa settimana -. Sono stati fissati per legge e rimarranno tali”.

PER ALCUNI NON È ABBASTANZA

Tuttavia, in un editoriale pubblicato sul Guardian, Ian Russell, che da anni si batte per rendere più sicura la rete dopo che sua figlia nel 2017 si è tolta la vita a soli 15 anni, istigata da un gruppo online, ritiene che “l’autorità di regolamentazione Ofcom ha deciso di usare la timidezza laddove è necessaria l’ambizione”. “La cautela legale prevale sulla sicurezza dei bambini – afferma -. […] Le nuove misure offrono solo una protezione sommaria dai contenuti suicidi e autolesionisti e dimostrano come l’Ofcom non sia riuscito ad agire rapidamente sulle minacce online in continua evoluzione e in aumento che i giovani devono affrontare”.

L’FBI, infatti, come riferito da Russell, ha lanciato due avvertimenti su questi gruppi e la scorsa settimana ha segnalato un “forte aumento” della loro attività. Anche Europol e le forze dell’ordine canadesi hanno lanciato un allarme simile.

L’autore poi fa esplicitamente riferimento all’amministrazione Trump e alle pressioni che, in nome della libertà di espressione, esercita per non danneggiare le aziende tecnologiche. “Sono sempre più preoccupato che il governo possa bloccare ulteriori misure vitali per la sicurezza online per compiacere la Casa Bianca, schivare i dazi o addirittura perseguire un accordo commerciale. Ma anche i genitori del Regno Unito stanno guardando – avverte Russell -. Non vogliono che la sicurezza dei loro figli sia messa a repentaglio da un’agenda esportata scritta da libertari della tecnologia e da JD Vance. Si aspettano di essere ascoltati dal proprio governo. I sondaggi mostrano che 9 persone su 10 sono favorevoli a politiche che diano priorità alla sicurezza online dei bambini, anche se ciò significa che le aziende tecnologiche investono molto meno nel Regno Unito”.