Il potere delle fotografie, tasselli di memoria condivisa
Difficile ora, se non facendo ricorso all’impasto tra nostalgia e passione, considerare uno scatto fotografico come un’esperienza irripetibile. Scattiamo tanto,...

Difficile ora, se non facendo ricorso all’impasto tra nostalgia e passione, considerare uno scatto fotografico come un’esperienza irripetibile. Scattiamo tanto, a volte anche per noia, e cancelliamo in fretta quello che abbiamo scattato. E se non lo distruggiamo, arriviamo a ritoccarlo. Claudio de Polo-Saibanti che per quarant’anni ha guidato Alinari, il più grande archivio fotografico italiano, ci riporta a un tempo in cui il verbo immortalare aveva ancora un senso e una sua sacralità. Le foto erano – dovrebbero esserlo ancora – tasselli per delineare una memoria condivisa.
È la tesi de Il potere delle immagini, un libro che è innanzitutto un memoir sulla sua famiglia. Una famiglia che ha attraversato il secolo breve. C’è tutto il Novecento nella storia familiare del padre, dirigente d’azienda, che si muove dai confini dell’impero austro-ungarico fino a Genova per poi arrivare a Trieste che nell’immediato Dopoguerra è sotto controllo degli alleati. E c’è nella storia personale di Claudio de Polo-Saibanti un’Italia che s’avvia felice verso il boom economico, considerandolo un’occasione.
Ci sono passaggi iconici perché Stock 84, il brandy italiano, riesce a rimettere insieme Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello per un Carosello, quando la coppia qualche tempo prima era finita lontano dalla televisione dopo l’incidente della sedia. Era la parodia della caduta dell’allora presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi (1959) che costò a entrambi la cacciata dalla Rai.
Il patrimonio d’immagini di un Paese passa inevitabilmente – come viene raccontato nel libro – anche in crocevia che sembrano minori ma che poi definiscono la Storia, quella con la s maiuscola. Heimat, per il senso germanico che c’è in questo sostantivo che racchiude lo spirito, le radici e l’identità di un popolo. Così Alinari è un caposaldo della storia culturale di questo Paese con l’archivio fotografico che s’allarga non solo in quantità, ma anche in qualità, nel momento in cui c’è l’acquisizione (ricorda de Polo-Saibanti) dell’archivio Wulz e più avanti dell’archivio Villani (a Bologna, 670mila foto tra arte e industria). Sì, la nostalgia di un tempo che fu. Che profuma di Storia e di Novecento.
Matteo Massi