I legali di Andrea Sempio: “L’indagine su di lui? Un’altra macchinazione. Marco Poggi distrutto per il suo amico”
Ieri, davanti alla schiera di giornalisti e telecamere è apparso teso: baffi, barba incolta, pallido e provato, ha solo risposto "no" alla domanda se fosse preoccupato. Gli avvocati: "Il suo dna prelevato clandestinamente otto anni fa" L'articolo I legali di Andrea Sempio: “L’indagine su di lui? Un’altra macchinazione. Marco Poggi distrutto per il suo amico” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Ieri è andato nella sede della Sezione investigazioni scientifiche dei Carabinieri di Milano per il tampone salivare, questa volta obbligato dal gip, visto che una settimana fa si era rifiutato di farlo volontariamente. Andrea Sempio, 37 anni, si sottopone a dei nuovi accertamenti, a sette anni dall’archiviazione della sua posizione per l’omicidio di Chiara Poggi, uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007, e per il quale l’allora fidanzato Alberto Stasi sta finendo di scontare la sua pena a 16 anni di carcere. “Collaboreremo, siamo sereni non abbiamo nulla da tenere”, dicono i legali, che chiariscono la scelta di non sottoporsi spontaneamente al test “perché volevamo l’ordinanza del gip, una persona terza”. “Andrea è innocente, non c’entra niente – proseguono – Non aveva nessun rapporto con Chiara“. E l’avvocata Angela Taccia, che assiste con il legale Massimo Lovati il 37enne, spiega che Sempio è “sconvolto, non tanto per sé stesso, perché dice che lui questa cosa comunque può affrontarla, può difendersi perché non ha fatto nulla, ma ciò che lo terrorizza di più e lo distrugge sono le conseguenze sui suoi genitori, sulla famiglia Poggi, che vive ancora un calvario, e su Marco Poggi”. Marco, fratello di Chiara, che “chiama quotidianamente Andrea, è distrutto per l’amico”. Nelle tre telefonate che l’allora 19enne, amico del fratello Marco Poggi, fa sul numero fisso della casa di famiglia cinque giorni prima del delitto, il 7-8 agosto 2007, rispettivamente di 2, 8 e 21 secondi, “cercava l’amico Marco, non Chiara, non sapeva che fosse partito, altrimenti non avrebbe telefonato”. Le accuse nei suoi confronti, già archiviate una volta contro di lui e una seconda contro ignoti su istanza dell’avvocata Laura Panciroli, secondo difensore di Alberto Stasi, sarebbero una “macchinazione” organizzata “dagli investigatori” privati assoldati nel 2017 dai primi difensori dell’ex fidanzato di Poggi detenuto a Bollate in semilibertà, lo studio Giarda, per chiedere la revisione del processo dopo la sentenza definitiva del 2015.
“Clandestinamente hanno preso il Dna di Andrea. È stato tutto frutto di una macchinazione, non vorrei che lo sia ancora dopo otto anni”, dice con riferimento agli “atti d’impulso” recapitati alla pm Valentina De Stefano e all’aggiunto Stefano Civardi dai terzi difensori di Stasi, avvocati Giada Bocellari e Antonio De Rensis, e alle consulenze di parte dei genetisti Lutz Roewer e Ugo Ricci. Il Corriere della Sera scrive inoltre che nelle analisi del Dna che hanno fatto riaprire le indagini su Sempio c’è anche la firma del superconsulente del caso Yara, Carlo Previderé, “che analizzò il Dna di ‘Ignoto 1’ sui leggins di Yara Gambirasio“. Per lui, si legge ancora sul Corriere, “‘le tracce di Dna maschile repertate nelle unghie della vittima sono utilizzabili per la comparazione genetica’. Inoltre ‘uno dei cinque aplotipi repertati, e precisamente quello relativo ad Andrea Sempio, risultava compatibile con quelli ottenuti dai margini ungueali della vittima’”. E il giornale specifica che “la consulenza della Procura ha escluso invece la presenza di Dna di Stasi (condannato a 16 anni)“. Da ricordare che il dna di Sempio potrebbe essere arrivato sotto le unghie della vittima perché utilizzavano la stessa tastiera del pc, visto che Andrea giocava ai videogiochi col fratello di Chiara, Marco. Si sono conosciuti alle medie e si sentono ancora, spiega sempre al Corriere il fratello della vittima, che oggi vive in Veneto. “Andrea l’ho conosciuto alle medie, eravamo in classe insieme e lì siamo diventati amici. Ci frequentiamo tutt’ora”, ha detto. All’epoca del delitto della sorella, uccisa a 26 anni, lui ne aveva 19. Per Sempio, Chiara era la sorella più grande del suo amico. Su di lei non “ha mai chiesto niente”, non ha mai fatto alcun “tipo di commento, né di domanda“. E poi “c’erano sette anni di differenza quindi frequentavamo compagnie totalmente diverse”. Nonostante Marco Poggi lo abbia sempre difeso, testimoniando l’assenza di un movente, e sebbene siano molteplici gli elementi che già otto anni fa hanno “dimostrato” la sua “totale estraneità”, ora Sempio ritorna sotto i riflettori, e si ritrova, suo malgrado, nel tritacarne.
Il giorno del prelievo del Dna – Ieri, davanti alla schiera di giornalisti e telecamere è apparso teso: baffi, barba incolta, pallido e provato, ha solo risposto “no” alla domanda se fosse preoccupato. Si è trattenuto negli uffici di via Monti per un’oretta e poi è riuscito a sgusciare via, in taxi. Ha invece parlato Lovati, il suo difensore: “Spero che la Procura abbia agito per motivi di giustizia – ha ripetuto anche al telefono -. Il mio dubbio è che sia un’altra macchinazione” come quella del 2017. “Siamo sereni e lui è tranquillo ed è innocente, lo dimostreremo. Il problema è che non sarà mai risarcito per questa sofferenza. Sono le stesse cose di sette anni fa”. Quasi in diretta la replica di Antonio De Rensis, uno dei difensori dell’ex studente bocconiano: “Queste parole sono musica per le mie orecchie – ha detto – Non voglio sparare sulla Croce Rossa. Spero solo che una volta dica che è una macchinazione nostra, quello che ha detto dei difensori precedenti non mi interessa, ma soprattutto spero che queste dichiarazioni arrivino tra qualche secondo alla Procura della Repubblica, perché questa è un’accusa gravissima“. La considerazioni di Lovati hanno provocato anche la reazione di Fabio Giarda, un tempo nel pool dei legali di Stasi, che con una nota ha rivendicato la correttezza della attività difensiva svolta e annuncia querele.
In questo ginepraio, fatto di botta e risposta tra avvocati, da quanto si è saputo, il tampone salivare prelevato a Sempio verrà analizzato, senza il contraddittorio tra le parti, e quindi con la formula dell’accertamento ripetibile, da un pool di esperti nominati dal pm Valentina De Stefano e dall’aggiunto Stefano Civardi, che coordinano le indagini. I due pubblici ministeri, dopo due rigetti da parte del giudice delle indagini preliminari, hanno ottenuto dalla Cassazione il disco verde ad aprire questo ulteriore fascicolo. La comparazione del Dna che verrà estrapolato con quello individuato sotto le unghie di Chiara, pare di capire, dovrebbe avvenire con i vecchi dati, di cui si ha traccia solo documentalmente, al centro della perizia disposta durante il processo d’appello bis a Stasi. Mentre da un lato Carabinieri del Nucleo Investigativo milanese, a cui sono delegate le indagini, riprenderanno in mano l’inchiesta da capo e hanno intenzione, tra l’altro, di sviluppare alcuni elementi ritenendoli indizi in grado di aprire una pista nuova, dall’altro va segnalato che l’ipotesi che in questi giorni è passata alla ribalta delle cronache e che si dovrà approfondire, è stata ‘bocciatà dal gip pavese Pasquale Villani nel 2020. Ha archiviato, su richiesta dell’ex procuratore aggiunto Mario Venditti, un fascicolo a carico di ignoti in cui però si insisteva con la ricostruzione già respinta tre anni prima.
Lo scontrino del parcheggio e l’alibi – L’indagine dei militari del Nucleo investigativo di Milano, guidato dal tenente colonnello Antonio Coppola, come primo scoglio deve superare quello che è stato ritenuto l’alibi super solido, anche per come presentato, di Sempio: lo scontrino del parcheggio di piazza Ducale a Vigevano, pagato alle 10.18 per una sosta di un’ora nella mattina del delitto, fornito durante la testimonianza dell’ottobre 2008 “ricordandosi che era stato conservato dei genitori” oltre un anno prima. Furono i carabinieri di Pavia a invitarlo a “tornare a casa a prenderlo per allegarlo al verbale”. I genitori hanno fornito una “versione unanime” su quella mattina senza che dalle intercettazioni attivate siano emersi indizi di una “versione concordata”, scrissero i pm Giulia Pezzino e l’aggiunto Mario Venditti, chiedendo e ottenendo l’archiviazione. A trovare lo scontrino pochi giorni dopo la morte di Poggi sarebbe stato il padre “mentre ripuliva la macchina”. “L’idea” di tenerlo è stata invece della madre proprio alla “luce del drammatico” omicidio prevedendo con “elevata probabilità che il figlio, amico del fratello della vittima” e “frequentatore della casa” di famiglia “venisse sentito”. I magistrati sottolinearono già nel 2017 come una condotta “analoga” sia stata tenuta da “altri testi” come Isabella Panzarasa, sorella di un amico di Stasi. Sentita il 20 settembre 2007 presentò un “biglietto ferroviario” usato dal fratello nel giorno della morte per recarsi da Loano a Pavia pur non avendo il ragazzo “mai” frequentato “casa Poggi“. Il 7 febbraio 2020 il tema dello scontrino viene rispolverato dai carabinieri di Milano sottolineando il contrasto con le celle telefoniche che lo agganciano a Garlasco e la stranezza di averlo conservato oltre un anno dopo. Ipotesi “suggestiva, ma priva di sostanza” ribadisce il pm Venditti nella richiesta di archiviazione del fascicolo contro ignoti. Dopo l’omicidio Sempio è già stato sentito “ma non esibisce alcuno scontrino” che è stato “rinvenuto successivamente dal padre”. Un “modo ben curioso di crearsi un alibi“. Tesi accolta a luglio 2020 dal gip Pasquale Villani.
L'articolo I legali di Andrea Sempio: “L’indagine su di lui? Un’altra macchinazione. Marco Poggi distrutto per il suo amico” proviene da Il Fatto Quotidiano.