Franco Arminio: “Cerco la poesia del nulla”

Parte quasi ogni giorno per esplorare paesi in cui non va nessuno: per questo (e molti altri motivi), Franco Arminio si è auto-definito paesologo. In realtà, anche se i critici letterari lo snobbano, oggi è uno dei poeti italiani contemporanei che ha venduto di più in assoluto: «Sessantamila copie solo di Cedi la strada agli alberi, il libro della L'articolo Franco Arminio: “Cerco la poesia del nulla” sembra essere il primo su Dove Viaggi.

Apr 9, 2025 - 15:40
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Franco Arminio: “Cerco la poesia del nulla”

Parte quasi ogni giorno per esplorare paesi in cui non va nessuno: per questo (e molti altri motivi), Franco Arminio si è auto-definito paesologo. In realtà, anche se i critici letterari lo snobbano, oggi è uno dei poeti italiani contemporanei che ha venduto di più in assoluto: «Sessantamila copie solo di Cedi la strada agli alberi, il libro della svolta: era il 2017 ma io avevo già 57 anni», ci racconta in una delle 280 tappe del suo incessante tour che da allora lo porta su e giù per l’Italia, dove ogni sera raccoglie almeno 200 persone perse dentro a poesie piccole come aiku e battute in musica, perfino. Il suo nuovo libro è Caraluce, (Rizzoli), atlante speciale dei paesi invisibili che visita, mondi immaginari e confini non definiti. Una mappa di luoghi «che appartengono a tutti proprio perché nessuno li possiede», suggerisce. E sempre partendo da Bisaccia, villaggio in provincia di Avellino dove Arminio è nato e cresciuto.

Il nuovo libro di Franco Arminio (Rizzoli)
Il nuovo libro di Franco Arminio (Rizzoli)

Com’è davvero il suo paese?
«Intanto è vicino alla Puglia che negli anni Settanta non era il paradiso vacanziero di oggi, ma un luogo di lavoro e fatica. Io lo dicevo che non eravamo isolati, a Bisaccia. E tutti mi sfottevano ai tempi».

E perché?
«Perché la Puglia non era neanche segnalata nelle mappe. Era un non luogo. Domenico Modugno è di Polignano Vecchio e invece diceva di essere siciliano perché era percepito come un uomo dell’Italia del Sud e all’estero conoscevano solo la Sicilia»

Finché gli italiani hanno scoperto il Salento. Cosa è successo?
«Nel 2005 Nichi Vendola è stato eletto presidente della regione e il New York Times si è chiesto come un omosessuale con pochissimi soldi per la campagna elettorale fosse riuscito a battere i megaposter di Berlusconi. A quel punto il mondo ha acceso un faro sulla Puglia, il Salento è esploso e lui ha governato per dieci anni».


A Bisaccia ve ne siete accorti?
«Non più di tanto. È quasi in montagna, sopra a un altopiano di 850 metri. Io vivo nell’edifico in cui sono nato, che era un’osteria e adesso è diventata casa mia. Quando sono venuto al mondo eravamo 7 mila, ora siamo la metà tra paese vecchio e nuovo, cioè Piano Regolatore, detto Piano».

In che senso?
«Dopo il terremoto del ’30 Mussolini fece un Piano Regolatore per costruire un nuovo paese, ma non avendo poi mai trovato i soldi non è mai nato. Dopo il 1980 e il secondo terremoto gli abitanti si sono trasferiti in quella che avrebbe dovuto essere Bisaccia Nuova ma che non è mai stata rinominata. È rimasta Piano».

E lei è partito con il trolley. Se lo sarebbe mai immaginato di vivere di poesie in tour?
«Io le prime poesie le ho scritte a 16 anni e ho avuto lunghi rapporti epistolari con grandi scrittori come Andrea Zanzotto, Gesualdo Bufalino, Giuseppe Pontiggia e Gianni Celati. Pontiggia era un mio grande ammiratore e ha sempre creduto in me. Mi diceva: “Vedrai che prima o poi ce la fai. Tranquillo”. Ma io sono sempre rimasto nel circuito degli addetti ai lavori».

Finché un giorno sono arrivati i social media e la sua rivincita.
«Prima le mie poesie volavano dentro alle lettere di carta, per posta. Ora mi sveglio la mattina, metto un verso su Facebook o Instagram e ricevo like da tutto il mondo. Ma ho dovuto aspettare il 3 febbraio 2017, quando Cedi la strada agli alberi è uscito con Chiarelettere e ha fatto il botto: 60 mila copie. Facevo il maestro elementare e mi sono licenziato. Ora, oltre a declamare versi, riesco anche a far cantare le persone».

Sarebbe a dire?
«La prima volta ero a Rocchetta Sant’Antonio, il paese di Mariateresa Di Lascia (che ha vinto il premio Strega con Passaggio in ombra, pubblicato postumo n.d.r), una grande scrittrice, parente mia alla lontana. Quella sera c’era un musicista con la fisarmonica e lì ho capito che potevo fare di meglio. Quindi ormai parto con Il cielo in una stanza e tutti mi seguono, poi aspetto che qualcuno intoni un altro pezzo popolare e tutti gli vanno dietro. Di solito chiudiamo con Bella ciao. Del resto, non essendo un grande cuoco mio padre in osteria puntava anche lui tutto sull’intrattenimento. Si cantava sempre, a fine serata».

Viaggia in auto?
«No, in treno e in seconda classe perlopiù. Ho mappato tutta l’Italia, ma in Valle d’Aosta sono stato solo una volta. Conosco bene il Nord, la Lombardia, le valli bresciane e bergamasche, ma anche la Toscana, Lucca, Grosseto, la Maremma, le Marche, i Sibillini, la zona di Ascoli Piceno, l’entroterra di Pesaro».

Dove le piace andare in vacanza?
«Mai stato in vacanza in vita mia, la vacanza è un’invenzione moderna. Io ho visto il mare la prima volta a 17 anni a Margherita di Savoia dove mia madre andava per le terme e i fanghi. Mi affacciai al mare, c’era un vento assurdo quel giorno. Lo guardai. Poi mi ritrovai in stanza a leggere Il Corriere dello Sport. Fine. Insomma, io vorrei vedere tutti i paesi d’Italia. Perché un paese, se non l’hai mai visto, per me è come la Thailandia. Cioè, è emozionante. E quell’intensità puoi trovarla anche in provincia di Catanzaro».

Ma sua moglie non si sente un po’ Penelope?
«Noi abbiamo nove gatti e adesso che è una maestra in pensione assiste anche la madre che ha 103 anni. Ma non ama viaggiare. Si figuri che la luna di miele l’abbiamo fatta a Milano e a Roma a casa di amici perché non ci piaceva l’idea di stare in albergo».

Anche i luoghi come le persone possono suscitare simpatia?
«Sì, Napoli mi era antipatica perché, essendo io distratto, lì mi hanno fregato due o tre portafogli. I napoletani poi sono narcisisti, autoreferenziali e considerano quelli di Bisaccia degli sfigati. Un’altra terra che non avevo capito era la Calabria. Me ne andavo in giro con il cartellino giallo a mettere i voti. Ora guardo ogni cosa come se fosse bella. E se non lo è, vuol dire che devo guardare meglio. Adesso ho scoperto il clamore del dettaglio».

Franco Arminio è nato e vive a Bisaccia, nell’Alta Irpinia.

Spieghi meglio.
«Prova a incantarti, se ti riesce. I luoghi sono potentissimi. Per esempio, Napoli ora mi è simpatica. È l’unica città d’Europa che ha un rapporto con l’invisibile, con la morte, con l’aldilà, i fantasmi di Eduardo De Filippo. Però le cose le capisci poco alla volta. Non è che i luoghi ti si svelano subito, proprio come accade con le persone»

Le incontri, te ne innamori e poi te le scordi.
«Esattamente. Per esempio, a me emoziona andare in Salento all’inizio di ottobre. A Milano si lavora e tu vai a Porto Badisco a fare il bagno. A me pare una benedizione, intrecciare luoghi e tempi. Oppure, andare in un qualunque paese di mare sullo Ionio in Calabria a luglio: trovi spiaggioni deserti, affacciati sull’Asia minore. Io vedo queste fascinazioni anche nei corpi delle donne di Taranto».

Che cosa hanno di speciale?
«Vengono da Sparta, hanno il soffio greco. Le tarantine hanno una loro sensualità perché hanno bevuto tanta luce».

Si è inventato anche Caraluce. Com’è andata?
«Italo Calvino ha scritto Le città invisibili, io i “paesi” invisibili: ho immaginato un universo fuori e uno sotto, uno in cui trovi tutte le cose che sono accadute, tutti i baci che ci siamo dati, tutti i capelli che sono caduti».

C’è un paese che l’ha emozionata più di altri?
«Aliano in Basilicata, il paese dove Carlo Levi fu mandato al confino e che gli ispirò poi Cristo si è fermato a Eboli. Sembra un paesaggio lunare, pare di stare in Cappadocia. È lì che organizzo La luna e i calanchi, un festival letterario. È un altrove nei confini nazionali, un mare di argilla a 100 chilometri da Taranto. Resta proprio nel vuoto».

Insomma, le piacciono i posti… desolati.
«L’Italia diradata, per niente urbanizzata, tipo alcune zone della Lucania o della Sardegna interna, dove cammini per chilometri e non c’è niente. Sono innamorato anche di Roghudi, un paese abbandonato sull’Aspromonte. Mi piace appunto la poesia del nulla. Se ne sono andati gli uomini e la natura si è reimpossessata delle case. È lì che ho scoperto che il sacro si è andato a riparare dove non ci sono gli umani. Cioè Dio ha lasciato Milano, Roma, pure Bisaccia, e se ne è andato a Roghudi».

Addirittura?
«Per me, Dio sta dove non c’è partita iva».

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DOVE People è a cura di Manuela Florio

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