Fonderie Pisano, l’Italia condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo: “Gravi violazioni ai danni dei cittadini”
Una sentenza storica che mette fine a quasi due decenni di attese e silenzi. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per non aver tutelato i cittadini esposti all’inquinamento delle Fonderie Pisano, a Salerno. Secondo i giudici di Strasburgo, le autorità italiane hanno violato l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che...

Una sentenza storica che mette fine a quasi due decenni di attese e silenzi. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per non aver tutelato i cittadini esposti all’inquinamento delle Fonderie Pisano, a Salerno. Secondo i giudici di Strasburgo, le autorità italiane hanno violato l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che garantisce il rispetto della vita privata e familiare.
La decisione riguarda 151 abitanti di Salerno, Baronissi e Pellezzano, costretti a vivere per anni accanto a un impianto industriale che ha prodotto emissioni nocive, senza ricevere adeguate informazioni sui rischi sanitari e ambientali. Lo Stato italiano è stato condannato a versare 8.700 euro a ciascuno dei ricorrenti.
Le Fonderie Pisano operano nel settore della fusione dei metalli ferrosi dal 1960. Nel 2006, l’area che ospita l’impianto è stata ufficialmente destinata a uso residenziale, con l’impegno, mai rispettato, di trasferire l’impianto industriale. Nel frattempo, sono stati costruiti edifici e insediamenti abitativi proprio accanto allo stabilimento, aumentando così l’esposizione della popolazione alle emissioni inquinanti.
A partire dal 2016, alcune misure sono state introdotte per limitare l’impatto ambientale dell’attività produttiva. Ma per la CEDU questi interventi sono arrivati troppo tardi e non hanno tenuto conto dell’esposizione prolungata già subita da chi viveva nell’area.
I dati raccolti nel corso degli anni parlano chiaro. Diversi studi, a partire dal 2017, hanno documentato la presenza di mercurio nei residenti a livelli cinque volte superiori alla media. Le malattie denunciate dai ricorrenti vanno da patologie cardiovascolari e respiratorie fino a disturbi neurologici.
La Corte sottolinea anche l’assenza di una corretta informazione verso la popolazione. Tra il 2008 e il 2016, nonostante numerose ispezioni e procedimenti amministrativi e penali avessero riscontrato gravi criticità nel funzionamento dell’impianto, le autorità non hanno mai avviato un’efficace campagna di sensibilizzazione sui pericoli legati alla permanenza nei pressi della fonderia.
I governi italiani che si sono succeduti durante questa lunga vicenda hanno sempre contestato le accuse, affermando che non esistessero prove sufficienti a stabilire un nesso causale tra l’inquinamento e i danni alla salute. Ma secondo la CEDU, “la forte combinazione di prove indirette e presunzioni” consente di concludere che l’inquinamento ha avuto effetti significativi sulla salute e sulla qualità della vita dei cittadini coinvolti.
Alla base della condanna c’è anche la mancata partecipazione della comunità locale nei processi decisionali legati all’autorizzazione delle attività industriali. Un aspetto cruciale, secondo i giudici, in quanto nega ai cittadini la possibilità di difendersi da situazioni potenzialmente lesive.
La sentenza segna un riconoscimento ufficiale per la lunga battaglia del comitato “Salute e Vita”, che da anni si batte per la tutela dell’ambiente e dei diritti dei residenti. Ma pone anche una riflessione più ampia sulla responsabilità dello Stato nella gestione del rischio ambientale e nella protezione delle comunità esposte a siti industriali inquinanti.
L’Italia, ora, dovrà non solo risarcire i cittadini coinvolti, ma anche fare i conti con un precedente giuridico che potrebbe aprire la strada a nuove azioni legali simili. In gioco, ancora una volta, c’è il diritto a vivere in un ambiente salubre e sicuro: un diritto da non sacrificare sull’altare delle scelte politiche e dell’inerzia amministrativa.
“Finalmente una sentenza che rende giustizia e che dovrà assicurare il diritto alla salute dell’intero territorio“, ha fatto sapere Legambiente in una nota, chiedendo “che si dia seguito con azioni concrete di bonifica, monitoraggi ulteriori sulla salute dei cittadini, riconversione industriale e delocalizzazione, trasparenza e partecipazione nei prossimi passi che tutti gli enti interessati dovranno mettere in campo per dare risposte puntuali e risolvere quella che si presenta, come una delle peggiori criticità del territorio salernitano”.
Non vuoi perdere le nostre notizie?
- Iscriviti ai nostri canali Whatsapp e Telegram
- Siamo anche su Google News, attiva la stella per inserirci tra le fonti preferite
Leggi anche: