Finanza o big tech? Chi comanda davvero

Quanto più grande è il potere, tanto più pericoloso è l’abuso», ha detto il filoso britannico Edmund Burke. Ma realmente chi comanda il mondo? A sentire l’opinione pubblica la risposta è quasi scontata. Viviamo in un’era in cui la tecnologia non è più soltanto una forza di innovazione, ma modella la politica globale e le […] L'articolo Finanza o big tech? Chi comanda davvero proviene da Iusletter.

Feb 24, 2025 - 10:14
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Finanza o big tech? Chi comanda davvero

Quanto più grande è il potere, tanto più pericoloso è l’abuso», ha detto il filoso britannico Edmund Burke. Ma realmente chi comanda il mondo? A sentire l’opinione pubblica la risposta è quasi scontata. Viviamo in un’era in cui la tecnologia non è più soltanto una forza di innovazione, ma modella la politica globale e le scelte sociali. La rivoluzione digitale che prometteva di connettere e liberare il mondo si sta però rapidamente avviando a diventare una realtà distopica.

Impossibile negare che negli ultimi due decenni l’ascesa di colossi digitali abbia contribuito a creare una vera e propria oligarchia, in cui una manciata di aziende domina la rete, influenzando la vita di miliardi di persone. Una specie di nebulosa informativa che condiziona e nasconde la realtà. E a nulla sono valsi gli appelli di professori, analisti e politici perché le Antitrust mondiali intervengano su questo potere. Al di fuori di Pechino, dove l’influenza delle aziende tecnologiche è addirittura legata al partito comunista cinese, a detenere il controllo delle risorse digitali sono sei gruppi: Amazon, Google, Microsoft, Meta, Apple e l’impero di Elon Musk. Questi giganti tecnologici non solo accumulano profitti ma condizionano i mercati, le norme e le politiche internazionali. Questi gruppi sono riusciti a imporre la dittatura dell’algoritmo che porta alla massima semplificazione delle opinioni e genera le tesi più radicali. E la situazione è destinata a peggiorare con lo sviluppo dell’Intelligenza artificiale.

In questo scenario, stanno emergendo personaggi che pensano di essere al di sopra delle dinamiche democratiche. Ovviamente viene subito in mente Elon Musk e la sua crescente rilevanza nell’amministrazione Trump (anche se in passato non sono mancate figure simili come David Rockefeller). Ma non è che Bill Gates, Mark Zuckerberg o Jeff Bezos o Larry Page si siano comportati tanto diversamente. Non sono stati mai coinvolti direttamente nel governo ma, dietro le quinte, hanno sempre svolto un ruolo determinante sia nei governi democratici che repubblicani. Ma allora sono loro i veri padroni del vapore? No, il vero potere è in mano alla finanza. Non quella delle grandi banche ma dei fondi americani.Una lista che scotta

Nelle scorse settimane il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si è incontrato con i massimi funzionari di BlackRock discutendo di diversi temi caldi, tra cui il debito pubblico e il risiko bancario. Nell’ultimo trimestre il colosso Usa della gestione ha annunciato ottimi risultati, con un utile in aumento del 21% e un patrimonio che ha toccato la cifra record di 11.600 miliardi di dollari rispetto ai 10.010 miliardi dell’anno precedente e agli 11.480 miliardi del terzo trimestre. Questo incremento è stato favorito dall’andamento del mercato azionario, innescato dalla vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali. BlackRock, guidata da Larry Fink, fa sul serio anche sull’intelligenza artificiale. La più grande società di gestione, soprannominata Roccia Nera, ha in programma un maxipiano di assunzioni in India: circa 1.200 dipendenti per espandere due hub che potenzieranno le capacità del gruppo in ambito Ai. Si tratta, nello specifico, di due centri di global capability, cioè strutture che supportano il gruppo nella costruzione di competenze specializzate in tema di Intelligenza artificiale, data analytics e trasformazione digitale.

Dietro la Roccia Nera troviamo The Vanguard Group, una società con sede a Malvern (Pennsylvania) con circa nove mila miliardi in asset. È il più grande fornitore mondiale di fondi comuni e il secondo di Etf, dopo iShares di BlackRock. Vanguard, guidata da Salim Ramji, offre anche servizi di intermediazione, servizi di conti educativi, pianificazione finanziaria.

State Street è una holding con sede a Boston. Fondata nel 1792, è la seconda banca più antica degli Stati Uniti. Gestisce un patrimonio di oltre 5 trilioni di dollari e 46,6 trilioni in amministrazione. Fidelity controlla 5,8 trilioni di dollari e 15 trilioni di asset in amministrazione, si alterna al terzo posto con State Street. È un gestore non quotato, controllato dalla famiglia fondatrice Johnson, che fornisce i suoi prodotti e la sua assistenza a clienti privati e istituzionali. Il dominio di BlackRock, Vanguard, State Street e Fidelity è tale che, collettivamente, questi quattro gestori controllano le più importanti aziende tecnologiche (Amazon, Google, Microsoft, Meta, Apple). Questo conferisce loro un’influenza notevole sulle decisioni aziendali, dalle nomine dei consigli alle politiche di remunerazione, fino alle strategie a medio-lungo termine. Il peso di questi fondi non si limita al controllo delle aziende private nel settore digitale ma si estende anche alle società pubbliche che gestiscono infrastrutture vitali per la sovranità nazionale, come energia, acqua e trasporti. Attraverso acquisizioni strategiche e partecipazioni mirate, i grandi fondi hanno penetrato il mercato delle multiutility e dei servizi pubblici. In questo modo, sono diventati centrali nella definizione delle strategie di settori che erano storicamente sotto il controllo statale. Questo disegno ha permesso loro di indirizzare politiche nazionali a volte a scapito degli interessi pubblici.

I numeri parlano chiaro: secondo la Fed, all’inizio del 2024, i dieci principali fondi gestivano attivi per quasi 48 mila miliardi di dollari. Questa concentrazione è aumentata a dismisura, soprattutto dopo la crisi del 2008, da cui sono usciti rafforzati grazie alla loro minore esposizione al sistema dei mutui subprime. In pochi anni, il potere che un tempo era appannaggio esclusivo delle banche si è trasferito nelle mani di questi giganti finanziari, trasformando radicalmente gli equilibri economici globali. Un aspetto fondamentale di questa egemonia è rappresentato dalle partecipazioni incrociate. Il principale azionista di BlackRock, ad esempio, è Vanguard (8,6%) mentre il primo socio dello stesso Vanguard è proprio la Roccia Nera con il 7,6%. State Street, dal canto suo, è partecipata sia da Vanguard che da BlackRock.

Questa struttura opaca (anche se c’è chi parla di public company) rende difficile identificare chi sia realmente il riferimento di questi colossi. Attraverso una rete di partecipazioni incrociate, i quattro fondi detengono poi il controllo delle principali società quotate. Le stesse criptovalute, celebrate a loro volta come simbolo di libertà economica, rischiano di trasformarsi in un ulteriore strumento di controllo, attraverso prodotti costruiti ad arte dai grandi gestori. Sarebbe quindi giusto che la politica e le Antitrust mondiali cominciassero a interessarsi realmente, oltre che dei big tech, anche del potere esercitato dai grandi gestori Usa.

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