E se le uova finissero?

La mancanza di uova negli Stati Uniti porta alla luce un problema importante per il sistema dell'industria alimentare. Una carenza di mercato che si dimentica degli animali.

Apr 2, 2025 - 10:42
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E se le uova finissero?

Cosa succede quando, all’improvviso, scompare un alimento alla base della nostra alimentazione? Come reagiamo quando, davanti allo scaffale del supermercato, quell’ingrediente non c’è più?

La storia dell’alimentazione ci insegna una cosa semplice: quando un alimento sparisce dagli scaffali, il mercato entra in uno stato confusionale. Lo abbiamo visto con le farine durante la pandemia quando il popolo dei panificatori casalinghi è cresciuto esponenzialmente e, complice il lockdown, le case sono diventate dei piccoli forni.

Poi è arrivato il turno dell’olio di girasole. Da un giorno all’altro è sparito, gli scaffali si sono svuotati ed è subito scatenata la corsa all’olio di frittura, come se in quelle settimane non potessimo pensare ad altro se non a friggere. La causa: l’interruzione delle importazioni di girasole dall’Ucraina travolta dell’invasione russa.

E poi ci sono i casi seri, quelli in cui a mancare è il pane. Quando non c’è o costa troppo. In questi casi, spesso, scoppiano rivolte. La storia ne è piena. Basta ricordare le primavere arabe: uno dei primi segnali di malcontento fu l’aumento del prezzo del pane, con i manifestanti tunisini che brandivano baguette come bandiere.

Il prezzo delle uova negli Stati Uniti

Ora a mancare sono le uova, soprattutto negli Stati Uniti dove, nelle ultime settimane sono diventate un bene raro e costosissimo: in alcune città il cartone da dodici ha sfiorato i dieci dollari, un prezzo impensabile fino a ieri. Le immagini degli scaffali vuoti hanno fatto il giro del mondo. In alcuni supermercati hanno razionato le vendite. La causa è una nuova ondata di influenza aviaria che, secondo la Fao, sta accelerando su scala globale. Per il vicedirettore Godfrey Magwenzi si tratta di una diffusione “senza precedenti, che ha gravi impatti sulla sicurezza alimentare e sull’approvvigionamento di tutti i Paesi: perdita di nutrienti, posti di lavoro, reddito rurale, shock alle economie locali e costi crescenti per i consumatori”.

uova
Negli Stati Uniti ogni persona consuma in media 200 uova all’anno © Pixabay

Negli Stati Uniti, dove le uova fanno parte della cultura gastronomica e dell’immaginario – non c’è film o serie americana senza una colazione a base di uova – la notizia non è passata inosservata. In realtà, se ne mangiano tantissime ovunque. I dati parlano chiaro: circa 200 a testa ogni anno. In totale, fanno 1600 miliardi di uova prodotte ogni anno nel mondo.

L’aviaria circola da 150 anni

Eppure, come nel più classico degli stereotipi del dito e della luna, il dibattito pubblico si è concentrato esclusivamente sul dito – la mancanza di uova – dimenticando la luna. Ma qual è? La risposta più semplice è: l’aviaria. Ma non si tratta di un virus nuovo. È una forma di influenza – spesso letale – che circola da circa 150 anni. La prima descrizione risale al 1875, in Italia. Da allora non ha mai smesso di circolare.

Ciò che è cambiato da 150 anni ad oggi è il contesto. Oggi i virus si adattano e si moltiplicano in ambienti ad alta densità animale, dove ci sono assembramenti. E quale miglior assembramento di un allevamento intensivo? Eccola, allora, la nostra luna: l’allevamento intensivo. È lì che il rischio si moltiplica, ed è lì che le epidemie diventano un problema di sistema.

Anche perché di animali se ne allevano sempre di più. Simone Pollo, nel suo libro Considera gli animali, riporta alcuni dati che aiutano a capire. Secondo la Fao, ogni anno nel mondo vengono macellati 75 miliardi di polli – quasi tutti allevati in modo intensivo. E negli ultimi sessant’anni il consumo globale di carne è aumentato di quasi sette volte: oggi supera i 350 milioni di tonnellate l’anno. (Un inciso a cui tengo: il libro non solo merita di essere letto ma è anche pubblicato con una nuova collana di Laterza che si chiama FiliRossi e che è davvero sorprendente). Con questi numeri, è più facile comprendere la portata del problema. Le cronache raccontano di chi, dal Texas, è partito per il Messico alla ricerca di uova. O di chi si è affidato al mercato nero, contrabbandando uova da oltreconfine. La Bbc ha riportato persino un furto da 100mila uova in Pennsylvania. Nel frattempo, l’amministrazione americana è andata a cercare uova nel resto del mondo, bussando anche alle porte di qualche imprenditore veneto.

Polli per uova
Solo in Italia sono più di 50mila le galline allevate per l’industria delle uova © iStock

Quel che è certo è che quando si trova un animale infetto, tutti quelli presenti in allevamento vengono uccisi: parliamo di oltre 166 milioni di animali. Eppure, il dibattito pubblico resta timido. Si discute di rimborsi agli allevatori, di importazioni straordinarie, di piani di emergenza. Tutto necessario, certo. Ma intanto, nessuno sembra voler porre la domanda più utile: è questo il sistema che vogliamo difendere a ogni costo?

Perché, se da un lato i numeri parlano chiaro – 75 miliardi di polli macellati ogni anno nel mondo, 1600 miliardi di uova consumate – dall’altro dobbiamo chiederci quanto sia sostenibile, nel lungo periodo, una filiera costruita sull’iperproduzione e sulla concentrazione. Non solo per l’ambiente o per il benessere animale, ma anche per la nostra sicurezza alimentare.

L’industria delle uova in Italia

In Italia, la situazione non è ancora esplosiva come negli Stati Uniti, ma i segnali sono lì. Più di 50 milioni di galline allevate, in prevalenza al Nord. Molte di loro vivono ancora in gabbie poco più grandi di un foglio A4. Le altre vengono allevate “a terra” che, attenzione, non vuol dire che razzolano all’aperto, ma sono sempre ammassate dentro capannoni. Solo una piccola percentuale (circa il dieci per cento) vive all’aperto ed allevata con metodo biologico.

Le differenze tra allevamenti esistono, certo, e vanno valorizzate. Ma il modello dominante resta quello intensivo. E il virus, nel frattempo, ha già portato all’abbattimento di milioni di capi anche da noi.

biodinamica
Galline all’aperto© Holger Schué da Pixabay

Allora forse, prima di chiederci quando torneranno le uova sugli scaffali, dovremmo chiederci che tipo di agricoltura e di allevamento stiamo costruendo per il futuro. Perché non è solo questione di uova. È questione di sistema.