Dragon Ball Daima Recensione: goodbye, Toriyama-sensei

Il viaggio con Dragon Ball Daima, effimero e forse un po’ troppo fugace, si è ufficialmente concluso. L’ultimo lavoro, il canto del cigno, del maestro Toriyama, mi ha riportato indietro nel tempo, in modo genuino, nel bene e nel male. Il venerdì sera è diventato per me, in questi mesi, una sorta di momento intimo […] L'articolo Dragon Ball Daima Recensione: goodbye, Toriyama-sensei proviene da Vgmag.it.

Mar 8, 2025 - 11:09
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Dragon Ball Daima Recensione: goodbye, Toriyama-sensei
dragon ball daima

Il viaggio con Dragon Ball Daima, effimero e forse un po’ troppo fugace, si è ufficialmente concluso. L’ultimo lavoro, il canto del cigno, del maestro Toriyama, mi ha riportato indietro nel tempo, in modo genuino, nel bene e nel male. Il venerdì sera è diventato per me, in questi mesi, una sorta di momento intimo e unico, un viaggio in una piccola stanza dello spirito e del tempo, in cui estraniarmi da tutto e tutti, almeno per una manciata di minuti.

Tuttavia, è bene sottolineare che si tratta di una verità dettata anche e soprattutto dal fan che è in me, e che si scontra con la mia natura più analitica che, ovviamente, in queste sede deve prendere il sopravvento. Guardando lo show con occhi più imparziali possibile, i nodi vengono decisamente più al pettine, e non sono nemmeno così pochi. Dragon Ball Daima è, infatti, un’opera imperfetta, limitata e per tanti aspetti altalenante, ma che, però, ha un grande valore, sia autoriale sia affettivo.

Attenzione, l’articolo può contenere spoiler sulla serie!

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Goku SSJ4 diventa canonico

Dragon Ball Daima: un viaggio nei meandri del mondo demoniaco

Come ho già avuto modo di raccontarvi con il mio primo articolo sull’anime, il first look, la trama generale di Dragon Ball Daima è davvero molto semplice, e a dire il vero funziona anche. Il plot della storia ruota tutto sullo scontro tra i guerrieri Z e gli esponenti del mondo demoniaco, che per motivi diversi sono entrati in collisione con i nostri storici beniamini. Ovviamente, il grande villain, il “boss finale” della storia rimane Re Gomah, che si è anche macchiato, nel primo episodio, di aver riportato tutti i guerrieri allo status di bambini (ma solo perché il Drago Shenlong non ha voluto ucciderli direttamente), dando il via, così, a tutti gli eventi della storia.

La trama di Daima, dunque, è molto semplice e lineare, un po’ anche in linea con il DNA della storia, e lo rimane fino alla fine. Al netto di un gran numero di nuove storie, nuovi personaggi, nuovi dettagli sulla “lore” del mondo e via dicendo, l’ultimo lavoro di Toriyama parte da un punto A verso un punto B, seguendo praticamente una sorta di binario immaginario, che porta gli eventi a un’ovvia e scontata conclusione. I venti episodi che compongono la serie, infatti, guidano il giocatore attraverso un mix di soluzioni narrative e sceniche già tutto sommato viste nella serie, con l’obiettivo finale che appare sin da subito scontato e che non riesce a scrollarsi mai di dosso questa sensazione. È un peccato, perché in qualche episodio si è provato a dare un tocco di imprevedibilità maggiore, ma a conti fatti tutto si è poi assestato, azzerando quasi completamente l’effetto sorpresa.

Vegeta e Piccolo in versione “mini”

Ritmo altalenante, poca voglia di osare

Il grande problema di Dragon Ball Daima, però, non è tanto la narrazione, quanto proprio il modo in cui il tutto viene gestito. Prima vi ho parlato di “sprechi”, e non a caso. Dopo il primo episodio, infatti, vi avevo parlato, ad esempio, di Neva, di Zagesu, alcuni dei nuovi personaggi con un grande potenziale che si sono affacciati sulla storia. Il grande problema di Daima è che, un po’ in pieno stile della serie, abbandona troppo velocemente tutti loro, riportando – quasi forzatamente – l’attenzione sempre e comunque sui protagonisti storici della serie, Goku in primis. Questo, chiaramente, va a sprecare in larga parte l’ottimo lavoro svolto in termini di character design e lore. Come vi avevo già anticipato, i nuovi personaggi sono legati a una voglia importante di approfondire il mondo magico e indimenticabile di Dragon Ball, sono dei veicoli per raccontare verità e nozioni, ma finiscono troppo presto per essere messi all’angolo, un po’ quasi per paura di osare.

A tutto ciò si aggiunge anche un ritmo generale veramente discutibile. In una serie composta da venti episodi, onestamente, mi sarei aspettato una gestione dei tempi decisamente diversa, sopratrutto per quel concerne l’avanzamento generale degli eventi. Dragon Ball Daima è un’anime che vive di tanti, troppi, momenti morti, con una lunga serie di episodi che non vanno praticamente da nessuna parte e non fanno altro che rimarcare gli stessi concetti e le stesse necessità dei protagonisti. Ciò si traduce in un ritmo altalenante e ballerino proprio in generale: alcuni episodi sono spettacolari, altri sembrano non finire mai. Lo so, è lo stile di Dragon Ball e di Toriyama, ma in uno show composto da soli venti episodi, e con tante cose da raccontare, è un aspetto che non avrei mai voluto dover sottolineare.

Il nuovo design delle mogli dei Saiyan

Più super, meno super

Quello che ho apprezzato parecchio di Daima, al netto di tutto, è il volersi collegare alla serie Z, una delle più amate e riuscite di tutto il franchise, andando praticamente a staccarsi anche dal più recente super sotto diversi aspetti, anche importanti. Ci basti pensare al ritorno del SSJ3, che stavolta vede anche Vegeta, in maniera del tutto inedita, abbracciare la nuova trasformazione. Dragon Ball Daima, però, si prende anche un pezzo di GT, con il Goku SSJ4 che fa il suo spettacolare ritorno, seppur con deviazioni estetiche importanti. Tutti questi dettagli, così come la collocazione demoniaca dei Namecciani, risultano una sorta di gigantesco appendice, pensato proprio per cercare di dare risposte e certezze ai fan, rimanendo chiaramente ancorati con forza a un modo di raccontare le cose sempre fuori di testa e sopra le righe, in pieno stile di Toriyama.

E, ovviamente, anche sul piano autoriale il lavoro svolto è di ottima fattura. Animazioni, direzione artistica, regia, tutto è sempre di ottimo livello, lascia trasparire tutta la voglia e la sicurezza di TOEI Animation in questo nuovo progetto, che si è rivelato molto solido sotto il profilo della creazione tecnica. Tra nuove trasformazioni, vecchie rivalità e un mondo tutto da esplorare, Toiryama sembra essersi sbizzarrito per l’ultima volta, portando sullo schermo un nuovo mix di qualità e personaggi potenzialmente iconici, destinati però a rimanere in una sorta di limbo. È un peccato, infatti, che la bellezza tecnica e artistica di questa serie sia stata un po’ sprecata, che molto del lavoro svolto anche sui villain sia stato vanificato, ma voglio comunque ritenermi complessivamente soddisfatto: in fondo, questo è sempre stato Dragon Ball.

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La storia ruota sempre attorno alle Sfere del Drago

Un mondo oscuro, ma coloratissimo

Anche sotto il profilo tecnico e artistico, il prodotto vive di una sorta di duplice natura. Se da un punto di vista oggettivamente tecnico il lavoro svolto è di ottimo livello, in termini di tratto e modellazione poligonale in generale, dall’altro ho trovato alcune scelte di design meno ispirate e a fuoco. In primis, non ho amato molto la scelta cromatica. Pur se comprensibile, la scelta di dare a un po’ tutta la serie la stessa palette di colori, dovuta anche alle ovvie limitazioni narrative dovute dal viaggio nel mondo Demoniaco, non l’ho trovata particolarmente vincente.

Questa sorta di “patina rossa” ha reso tutto il quadro un po’ più opprimente e asfissiante e ha, in qualche modo, vanificato l’ottimo lavoro fatto in termini di character design e direzione artistica. I nuovi personaggi mi sono piaciuti tanto, anche se non sono esattamente molto originali dal punto di vista creativo, e li ho trovati molto ben contestualizzati. Quello che mi ha deluso, da un lato, sono le location. Il grande potenziale del mondo demoniaco è stato un po’ sprecato, si poteva far vedere e vedere molto di più, magari continuando a battere sul terreno delle origini di diverse etnie, tanto care ai fan di Dragon Ball.


Dragon Ball Daima è una serie che va da un punto A verso un punto B in maniera lineare, ma non per questo non risulta piacevole. Anzi. L’ultimo lavoro del maestro Toriryama vive di pochi colpi di scena e guizzi creativi, ma risulta comunque molto scorrevole, con un ritmo intelligente e pochi momenti “morti”. Alcune trovate narrative sono molto interessanti, e ampliano parecchio l’universo narrativo in generale, anche se però il tutto sempre un po’ troppo scontato e soprattutto forzatamente condensato. È un peccato perché, forse, con un qualche episodio in più e con un po’ di coraggio extra avremmo potuto trovarci per le mani un prodotto ancor più completo. Ma, in ogni caso, siamo convinti che gli appassionati di Dragon Ball saranno comunque felici e sufficientemente soddisfatti.


 

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