Dazi Usa, l’economista: “La Ue sbaglia a rispondere con ritorsioni. Ora la vera sfida sarà con la Cina”

“L’effetto per l’Europa, se non adotterà misure ritorsive, sarà limitato. Sarebbe intelligente non rispondere con contro-dazi, ma accelerare sulla rimozione delle barriere interne alla Ue e concentrarsi sulla sfida con la Cina che dalle mosse di Trump trarrà molto vantaggio”. Per Tommaso Monacelli, ordinario alla Bocconi dove insegna macroeconomia e finanza internazionale, la Ue commetterà […] L'articolo Dazi Usa, l’economista: “La Ue sbaglia a rispondere con ritorsioni. Ora la vera sfida sarà con la Cina” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Apr 4, 2025 - 08:26
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Dazi Usa, l’economista: “La Ue sbaglia a rispondere con ritorsioni. Ora la vera sfida sarà con la Cina”

“L’effetto per l’Europa, se non adotterà misure ritorsive, sarà limitato. Sarebbe intelligente non rispondere con contro-dazi, ma accelerare sulla rimozione delle barriere interne alla Ue e concentrarsi sulla sfida con la Cina che dalle mosse di Trump trarrà molto vantaggio”. Per Tommaso Monacelli, ordinario alla Bocconi dove insegna macroeconomia e finanza internazionale, la Ue commetterà un grave errore se – come già deciso – reagirà alle tariffe reciproche annunciate da Donald Trump avviando un’escalation. Limitare ulteriormente il libero scambio e “chiudersi” in risposta al protezionismo americano sarebbe un boomerang, spiega l’esperto di macroeconomia internazionale: al contrario, i Ventisette dovrebbero far leva sulla propria potenza commerciale – insieme sono il secondo esportatore e importatore globale – e muoversi per compensare la perdita di quote di mercato negli Usa con un rafforzamento degli scambi interni all’Unione e nuovi accordi “con Mercosur, Canada, India, Giappone, Brasile”.

Partiamo dall’annuncio: dazi reciproci calcolati con una formula estremamente grezza, basata sul deficit commerciale statunitense.
Quei dati sono farlocchi. Come approssimazione dei dazi imposti dai vari Paesi agli Usa, a cui Washington risponde con le “tariffe reciproche” presentate da Trump, è stato utilizzato il deficit commerciale rapportato all’import. È pura propaganda, si parte da un assunto ideologico e non logico-economico: per la Casa Bianca se l’Ue ha un surplus equivale a dire che sta scorrettamente danneggiando gli Usa con dazi e barriere, ma è falso. Esiste un’identità contabile per cui il surplus della bilancia dei pagamenti equivale alla la differenza tra risparmi e investimenti dell’intera economia, e gli Usa sono in deficit commerciale perché consumatori e Stato federale risparmiano poco e il loro mercato dei capitali molto sviluppato attira investimenti. Insomma: è un’espressione di forza, non di debolezza. Al contrario, l’Ue ha un surplus perché consumiamo meno e siamo meno capaci di canalizzare il risparmio in investimenti.

Ora il deficit commerciale che ossessiona l’inquilino della Casa Bianca si ridurrà?
Di per sé, al contrario, le politiche di Trump tenderanno ad allargarlo: i dazi causeranno un apprezzamento del dollaro che renderà più costose le merci prodotte negli Usa, controbilanciando la protezione tariffaria fornita alle aziende domestiche. Certo, Washington potrebbe volerli usare come leva per portare al tavolo i partner commerciali e cercare di negoziare con loro accordi mirati a svalutare il dollaro (come da piani del consigliere di Trump Stephen Miran, ndr). Ma è una visione irrealistica e velleitaria: ai tempi di passate intese di questo tipo, come quella del Plaza, l’economia globale era molto meno integrata, gli attori rilevanti erano di meno e pilotare i cambi era assai più semplice.

I consumatori statunitensi vedranno quindi aumentare i prezzi. Trump cosa ci guadagna?
Credo che il suo sia un calcolo politico: pensa già al voto di mid-term e strizza l’occhio all’elettorato della Rust belt proponendo una soluzione apparentemente semplice alla deindustrializzazione e conseguente riduzione dei posti di lavoro nel manifatturiero. Che in realtà non dipende certo dal deficit commerciale ma dall’evoluzione tecnologica, ed è un cambiamento strutturale che riguarda tutte le economie avanzate. Pensare di fermarla con i dazi non ha senso.

Per Europa e Italia quali saranno le conseguenze?
Per l’Italia gli Usa sono un mercato importante, ma non quanto Germania e Francia. I settori più esposti subiranno un rallentamento, ma dai miei calcoli risulta che l’impatto sarà relativamente piccolo, circa 6 miliardi di contrazione dell’export nel primo anno su un totale di 73 nel 2024: parliamo in gran parte di prodotti di nicchia come farmaceutica, olio, parmigiano, non facili da sostituire. Allargando lo sguardo, uno studio che ho condotto per il Parlamento europeo insieme ad altri autori stima come conseguenza di dazi del 20% una potenziale perdita complessiva di pil per l’area euro limitata, pari all’1% nel primo anno. Questo senza tener conto del deprezzamento dell’euro, che in parte compenserà l’impatto, e di eventuali politiche monetarie più espansive da parte della Bce che a loro volta indebolirebbero ulteriormente la nostra valuta rendendo più convenienti le nostre merci.

Il tutto, però, ipotizzando che Bruxelles con risponda. E se invece verranno confermate le ritorsioni?
Sarebbe stupido, in quel caso l’effetto negativo sarà maggiore. Meglio non reagire e vedere i dazi come una spinta ad abbattere – sul modello di quello che sta facendo in Canada il nuovo premier Mark Carneybarriere e costi impliciti interni all’Unione. Completando il mercato unico potremmo recuperare nel Vecchio continente quel che perderemo sul mercato Usa: del resto i principali partner commerciali dei grandi Paesi Ue sono altri Paesi Ue. Poi è il momento di spingere su accordi commerciali con altri Stati terzi.

I contro-dazi insomma sono dannosi?
Sono una risposta sbagliata, solo politica, senza alcuna logica di vantaggio economico.

E colpire Big Tech utilizzando lo strumento anti coercizione, come caldeggiato per esempio dalla Francia, ha senso?
Peggiorerebbe la situazione. La Ue non è un gigante tecnologico, chiudersi all’import di servizi dal Paese leader ci farebbe solo perdere produttività.

Conviene negoziare?
Bisogna vedere che cosa Trump vuole ottenere. Se si tratta della svalutazione del dollaro, accontentarlo mi pare inimmaginabile.

Oltre a guardare ad altri mercati qual è la priorità per la Ue?
Da ora in poi la vera sfida sarà con la Cina. Trump ha imposto nei suoi confronti dazi del 34%, molto più alti di quelli sull’Ue, quindi lo yuan si deprezzerà più dell’euro e le merci cinesi diventeranno più competitive. Favorendo ulteriormente l’export di Pechino in Europa. Quindi sarà importante riuscire ad attirare investimenti diretti: per fare l’esempio dell’automotive, far aprire fabbriche di auto cinesi nella Ue.

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