Dazi Usa, l’economista: “Bruxelles reagisca. Ma in modo selettivo”
Meliciani (Luiss) esclude rappresaglie: colpirebbero imprese europee

Roma, 2 aprile 2025 – I dazi di Trump non sono ancora arrivati ma già fanno danni. “Basta dare un’occhiata a quello che succede sui mercati – spiega Valentina Meliciani, ordinario di Economia applicata alla Luiss e direttrice del Luiss institute for european analysis and policy – o all’andamento dei tassi di interesse a lungo termine, già in aumento. C’è la forte preoccupazione che i dazi possano portare ad un aumento dell’inflazione e quindi interrompere il ciclo ribassista della Bce. La restrizione del commercio mondiale e politiche monetarie più restrittive potrebbero avere conseguenze sulla crescita europea che, in questo momento, è già abbastanza debole”.
Ma che cosa dovrebbe fare l’Europa?
“Qualche settimana fa la Bce ha presentato uno studio che prevedeva un effetto negativo sul Pil pari allo 0,5% in caso di una risposta ai dazi di Trump e dello 0,3% nel caso in cui l’Europa decidesse di restare ferma”.
Allora, l’Ue sbaglia ad annunciare la rappresaglia?
“Il problema è che la risposta ha soprattutto un significato politico. Uno strumento per sedersi al tavolo delle trattative e arrivare ad una soluzione”. Ma in che modo si può convincere Trump a cambiare idea?
“Gli strumenti non mancano. La Commissione europea si è presa un po’ di tempo per decidere se e come rispondere. Del resto la situazione è diversa da Paese a Paese. Ci sono, ad esempio, imprese tedesche che producono negli Usa. Se l’Europa dovesse mettere un dazio, colpirebbe in pratica anche le imprese europee”. Sarebbe meglio una risposta selettiva?
“Si. Anche perché la politica di Trump dei dazi contro tutti rischia di avere due effetti entrambi negativi: prima di tutto mancano il vero target, che è quello della concorrenza cinese. E, poi, rischiano di perdere un partner commerciale affidabile come l’Europa. Con un ulteriore pericolo: quello di spingere il vecchio continente verso la Cina”.
Ma oltre ai dazi selettivi, che cosa si potrebbe fare?
“C’è tutta la questione della tassazione sui servizi digitali offerti dalle Big Tech americane. Sarebbe un colpo duro per gli Usa che rischiano di perdere il mercato europeo del digitale”.
Quali possono essere le conseguenze per l’Italia? “Purtroppo siamo fra i più esposti perché abbiamo un forte surplus commerciale. Ma, per fortuna, ci siamo anche diversificati in termini di esportazione. Inoltre, vendiamo agli americani molti beni di lusso che non sono facilmente sostituibili”.