Dazi Usa, le aziende guardano ai mercati alternativi. Ecco i Paesi dove esportare il Made in Italy, dall’arredamento al vino
Contrattare, ma anche differenziare. Il day after l’annuncio di Donald Trump dei dazi americani che non hanno risparmiato nemmeno l’Europa e l’Italia, la politica, l’associazionismo e anche le singole aziende si stanno già guardando intorno. Che i colloqui tra Stati Uniti ed Europa siano già stati avviati lo dimostra il messaggio su X del vicepresidente […] L'articolo Dazi Usa, le aziende guardano ai mercati alternativi. Ecco i Paesi dove esportare il Made in Italy, dall’arredamento al vino proviene da Il Fatto Quotidiano.

Contrattare, ma anche differenziare. Il day after l’annuncio di Donald Trump dei dazi americani che non hanno risparmiato nemmeno l’Europa e l’Italia, la politica, l’associazionismo e anche le singole aziende si stanno già guardando intorno. Che i colloqui tra Stati Uniti ed Europa siano già stati avviati lo dimostra il messaggio su X del vicepresidente esecutivo della Commissione Ue, Maros Sefcovic, che annuncia colloqui venerdì con gli omologhi Usa. Allo stesso tempo, il commissario slovacco da settimane lavora allo sviluppo di mercati alternativi, come dimostrano i suoi due viaggi in Cina e quello di Ursula von der Leyen in India, il primo del suo secondo mandato. Adesso, mentre la politica si muove per limitare i danni del risveglio protezionistico Usa, associazioni e singole aziende ripetono in coro che è arrivato il momento di “aprire a nuovi mercati, anche emergenti”.
Il governo lo conferma: “Esplorare mercati alternativi”
Anche l’esecutivo di Roma, che in questi mesi ha ostentato stretti rapporti con la nuova amministrazione Trump, salvo poi essere colpito dai dazi americani proprio come gli altri Paesi Ue, parla di un’apertura ad altri mercati. Lo dice per esempio il ministro degli Esteri, Antonio Tajani: “Il mio disegno sarebbe quello di avere un mercato unico transatlantico, zero tariffe di qua e zero tariffe di là, quello sarebbe il modo migliore per sviluppare il commercio e rinforzare la posizione dell’Occidente. Noi abbiamo dato vita già da 15 giorni a un piano d’azione per l’export, per esplorare i mercati extra Unione europea e raggiungere l’obiettivo che c’eravamo prefissati, quello dei 700 miliardi entro la fine della legislatura. Questo è un modo di cercare di raccogliere risultati positivi in territori come l’India, il Giappone, dove sarò nella prossima settimana, ma poi ci sono i paesi del Golfo, c’è il Sudafrica, ci sono i paesi dell’Estremo Oriente, penso all’Indonesia, penso al Vietnam, penso alle Filippine, ma pensiamo anche ai mercati dell’Asia centrale. Quindi abbiamo una visione, sappiamo cosa si deve fare. La prima cosa è quella di non farsi prendere mai dal panico, bisogna occuparsi e non preoccuparsi”.
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, durante il question time ha fatto appello a iniziative immediate da parte dell’Ue: “Chiediamo all’Ue di agire subito e di sospendere le regole del Green Deal che hanno portato al collasso l’industria dell’auto, di realizzare uno shock di deregulation che elimini lacci e lacciuoli per le imprese europee, di sostenere il buy european, di dare preferenza al Made in Europe negli appalti e di favorire il libero scambio per aprirsi ad altri mercati alternativi”.
Dal legno alla mozzarella di bufala: associazioni e aziende guardano altrove
Tra le filiere che hanno parlato di una differenziazione dei mercati c’è quella del legno-arredo. Claudio Feltrin, presidente di FederlegnoArredo, ha scritto in una nota che “l’auspicio è che si eviti lo scenario peggiore, ovvero quello di una prova muscolare in cui a farne le spese sarebbero entrambe le economie. Attendiamo comunque di conoscere nel dettaglio come verrà implementata la misura Usa e di capire anche quali saranno le contromisure che intende mettere in atto l’Europa. Ma voglio provare a intravedere qualcosa di positivo in una situazione tanto complessa. L’Europa ha l’occasione di agire come tale, con compattezza e determinazione, come sottolineato anche dal presidente Mattarella, in difesa del mondo produttivo. Gli imprenditori del settore, come sempre, sono pronti a fare la propria parte, siamo alle porte del Salone del Mobile che sarà ancor più strategico anche in ottica di sondare e aprirci a mercati considerati fino ad ora secondari”.
Per il presidente di Farmindustria, Marcello Cattani, invece, va bene “insistere con l’espansione su altri mercati” ma non ci si deve dimenticare che “gli Usa rimangono un paese alleato” e quindi “non bisogna reagire con contro-dazi“. Diplomazia viene invocata anche dal presidente di Confartigianato, Marco Granelli, secondo cui “vanno sostenuti i processi di negoziazione in ambito europeo per evitare una escalation della guerra commerciale. È fondamentale muoversi come Sistema Paese, con un impegno deciso da parte del Governo e delle istituzioni a sostegno delle aziende e della competitività dei nostri prodotti, diversificando i mercati sui quali accompagnare le nostre imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni che si sono già dimostrate capaci di vendere i loro prodotti in molti Paesi del mondo”.
“Questa deve anche essere l’occasione per l’Europa, che deve rimanere unita più che mai in questa fase e dialogare con un’unica voce, di mettere in campo un piano di rilancio dei settori produttivi, a partire dalla sburocratizzazione, ma anche iniettando nuove risorse”, dice il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, che sottolinea la necessità di “investire in digitalizzazione e innovazione e con agricoltura di precisione per quanto riguarda il nostro settore. Servono nuove risorse per l’internazionalizzazione e in questo momento diventa fondamentale diversificare i mercati. Dobbiamo diventare più competitivi abbassando i costi delle imprese”. La Confederazione Nazionale dell’Artigianato (Cna) sostiene che “la sfida è quella di cercare nuovi mercati, che non mancano, in particolare l’area Indo-Pacifica“.
Tra i settori che rischiano di subire lo shock più pesante ci sono quelli dell’agroalimentare e delle eccellenze italiane nel mondo. Ad esempio, Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti, ha commentato così: “Prendiamo atto con rammarico della decisione del presidente degli Stati Uniti sui dazi, ma non possiamo permetterci di restare fermi. È il momento di rafforzare la nostra presenza in nuovi mercati. Per questo, “l’accordo di libero scambio tra Unione europea e Mercosur deve diventare una priorità assoluta. L’Europa ora deve essere rapida nel rendere operativo questo trattato. Anche l’Asia offre prospettive enormi per il vino italiano. Dobbiamo investire su Cina, Giappone, Vietnam e Thailandia, mercati con un crescente interesse per i nostri prodotti. Allo stesso tempo dobbiamo iniziare a farci conoscere in Africa e India, aree in cui il consumo di vino sta crescendo e dove possiamo costruire nuove opportunità commerciali”. Claudio Biondi, presidente del Consorzio tutela del Lambrusco, chiede anche lui di “individuare mercati alternativi. Credo che possa essere uno stimolo obtorto collo per andare a individuare Paesi che con molta timidezza si sono affacciati di recente al consumo del vino, a partire dal sud-est asiatico”.
Altra eccellenza italiana è la mozzarella di bufala campana. E anche in questo caso lo stimolo, spiega il presidente del Consorzio di Tutela Mozzarella di Bufala Campana Dop, Domenico Raimondo, deve essere quello di guardare ad altri mercati: “Stiamo intensificando le attività nei Paesi europei con una campagna di promozione ad hoc, a partire da Francia, Germania e Regno Unito, ma ora dovremo guardare con sempre più attenzione a realtà in espansione, che hanno già dimostrato di apprezzare il nostro prodotto. Penso al Giappone, agli Emirati Arabi e a tutta l’area dei Paesi del Golfo. L’obiettivo strategico è comunque diversificare per contrastare i contraccolpi negativi sulla filiera, che saranno inevitabili se non ci sarà una forte azione politica e diplomatica da parte dell’Italia e dell’Ue. Noi lo chiediamo con forza”.
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