Così la guerra in Ucraina sta facendo schizzare anche l’inquinamento atmosferico (allungando la rotta di 1800 voli al giorno)
L’impatto ambientale dell’aviazione è sempre stato un tema centrale nel dibattito ecologico. Ma nel 2023 si è aggiunto un nuovo elemento: la guerra in Ucraina ha modificato il traffico aereo globale, costringendo molte compagnie occidentali a evitare lo spazio aereo russo. Il risultato? Rotte più lunghe e un aumento dell’1% delle emissioni di anidride carbonica....

L’impatto ambientale dell’aviazione è sempre stato un tema centrale nel dibattito ecologico. Ma nel 2023 si è aggiunto un nuovo elemento: la guerra in Ucraina ha modificato il traffico aereo globale, costringendo molte compagnie occidentali a evitare lo spazio aereo russo. Il risultato? Rotte più lunghe e un aumento dell’1% delle emissioni di anidride carbonica.
Secondo uno studio pubblicato su Communications Earth & Environment, le nuove deviazioni hanno comportato un incremento medio del 13% nel consumo di carburante sulle rotte interessate. I voli tra Europa e Asia hanno registrato un aumento del 14,8% nel consumo, mentre quelli tra Nord America e Asia hanno visto una crescita del 9,8%.
Rotte più lunghe, più CO₂: i numeri del cambiamento
Dai dati emerge che circa 1.800 voli al giorno hanno dovuto modificare il loro percorso. Le tratte più colpite sono quelle che tradizionalmente attraversavano lo spazio aereo russo per collegare l’Europa e l’Asia. Con le nuove rotte, spesso attraverso il Medio Oriente o l’Artico, il tempo di volo è aumentato e con esso il consumo di carburante.
Nel complesso, l’aumento delle emissioni globali del settore è stato quantificato in 8,2 milioni di tonnellate di CO₂ nel solo 2023. Questo incremento è paragonabile a un quarto dei miglioramenti di efficienza attesi dalla gestione ottimizzata del traffico aereo, un passo indietro significativo nella lotta al cambiamento climatico.
Non solo Russia: altre zone di conflitto e impatti ambientali
Lo studio ha analizzato anche gli effetti delle restrizioni aeree in altre zone di conflitto come Libia, Siria e Yemen. Sebbene l’impatto sia inferiore rispetto a quello del divieto russo, ogni giorno tra i 60 e i 100 voli sono costretti a deviazioni che aumentano il consumo di carburante tra il 2,7% e il 4,3%.
Un altro fattore da non sottovalutare è l’aumento delle turbolenze atmosferiche, che secondo gli esperti diventeranno più frequenti a causa dei cambiamenti climatici. Queste condizioni rendono i voli meno efficienti, con un ulteriore impatto sulle emissioni.
Ma come si spiegano queste differenze?
I ricercatori hanno utilizzato un algoritmo di ottimizzazione delle traiettorie, che tiene conto di diversi fattori come i venti e le correnti aeree. È emerso che i voli tra Europa e Asia sono quelli che hanno subito le maggiori deviazioni, spesso dovendo volare contro forti venti contrari. Inoltre, le compagnie aeree, pur cercando di ottimizzare le rotte, devono fare i conti con altri vincoli operativi, come le condizioni meteorologiche e le norme di sicurezza, che possono influire sul consumo di carburante.
Verso un’aviazione più sostenibile?
La guerra in Ucraina ha messo in luce la fragilità degli sforzi per ridurre l’impatto ambientale dell’aviazione. Mentre le compagnie aeree investono in tecnologie come i biocarburanti e gli aerei elettrici l’aumento delle emissioni causato dalle deviazioni rischia di vanificare questo impegno.
Secondo l’Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile (ICAO), migliorare la gestione del traffico aereo potrebbe ridurre le emissioni di CO2 del settore dal 3 al 5%. Inoltre, l’adozione di carburanti come i biocarburanti potrebbe contribuire a ridurre ulteriormente l’impatto ambientale dei voli.
Tuttavia, senza un impegno concreto da parte di governi e compagnie aeree, questi obiettivi rischiano, però, di rimanere irraggiungibili.
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