Come e perché Salvini farà la guerra a ReArm Europe
ReArm Europe? Le critiche della Lega con le voci di Salvini, Bagnai, Borghi e Zanni.

ReArm Europe? Le critiche della Lega con le voci di Salvini, Bagnai, Borghi e Zanni.
La Lega scende in guerra contro il piano europeo per il riarmo.
Al Consiglio straordinario riunito a Bruxelles il 6 marzo, i Paesi membri hanno dato l’ok al piano sul riarmo europeo illustrato martedì scorso da Ursula von der Leyen che vorrebbe mobilitare fino a 800 miliardi di euro per la difesa.
La Commissione europea presenterà entro il prossimo Consiglio europeo, del 20 e 21 marzo, le sue proposte dettagliate già preannunciate con il piano “ReArm Europe” per il finanziamento degli investimenti e facilitare gli acquisti congiunti e la cooperazione tra gli Stati membri allo scopo di rafforzare il settore della difesa europea.
Start Magazine ha avviato una serie di approfondimenti sul piano europeo: ieri ha intervistato il professore Gregory Alegy della Luiss a favore di “ReArm Europe”.
Ecco ora umori e malumori della Lega.
PER IL SEGRETARIO DELLA LEGA IL RIARMO EUROPEO “SCELTA SBAGLIATA”
“ReArm Europe? Una scelta sbagliata, a partire dal nome”, ha dichiarato il vicepresidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini. “È il paradosso europeo: non si poteva investire un euro in più per sanità e scuola, mentre ora si possono spendere 800 miliardi per la difesa comune? Se oggi avessimo un esercito europeo, Francia e Germania ci avrebbero già mandato in guerra. L’Italia deve difendere i suoi interessi, non farsi trascinare”, ha aggiunto il vicepremier.
CAUTO IL TITOLARE DEL MEF GIORGETTI
Intervenuto il 5 marzo in un convegno economico della Lega, per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti riguardo al riarmo europeo, a parte gli aiuti all’Ucraina che non sono in discussione, “altra cosa è la difesa e sicurezza europea che implica un programma ragionato meditato di investimenti in infrastrutture militari che abbiano un senso, e non fatto in fretta e furia senza una logica. Ricordo che per comprare un drone o un missile supersonico, non si va al supermercato, ci vogliono investimenti pluriennali”.
LAPIDARIO IL SENATORE BORGHI
Va diretto all’attacco di von der Leyen il senatore Claudio Borghi, vicinissimo a Salvini.
“C’è innanzitutto un problema di metodo, il piano non è stato discusso. Appare così all’improvviso in un contesto in cui non c’era un centesimo per qualunque cosa anche la più necessaria mentre ora spuntano 800 miliardi per le armi. È il solito metodo von der Leyen, creare delle emergenze in modo che si possa fare debito comune. L’aveva già fatto coi vaccini quando comprò miliardi di dosi per poi buttarne via tre quarti”, ha spiegato Borghi in un’intervista al Tempo.
Dopodiché, Borghi lancia un segno distensivo: “Potremmo anche trovarci sull’aumento delle spese militari ma solo per il nostro esercito. In fondo potrebbe portare ricchezza perché le aziende che fanno armi ce le abbiamo anche noi e sono ottime. E aumentare gli organici dell’esercito permetterebbe di abbattere la disoccupazione, non certo per un esercito Ue”.
Infine, riguardo le conclusioni del vertice Ue, il senatore ha evidenziato sul suo profilo X che “non c’è traccia di riferimenti a esercito comune europeo, a invio truppe italiane in Ucraina, a obbligatorietà di debito comune e utilizzo fondi di coesione. Viste le circostanze mi sembrano evitati i rischi peggiori. Ne parleremo”.
LE PERPLESSITÀ DEL DEPUTATO BAGNAI (LEGA) SUL PIANO DI RIARMO EUROPEO
Il responsabile del dipartimento Economia della Lega, l’economista Alberto Bagnai, ha espresso tutte le sue perplessità nel webinar “ReArm Europe e trattati Ue: quale sostenibilità giuridica?” dell’associazione a/simmetrie: “A questi 800 miliardi nella letterina, nel Dpcm, chiamiamolo così, che non è tale della Von der Leyen, ma è chiarito da dove vengono o no?, perché ci sono dei margini di ambiguità?”.
Alla domanda ha risposto il leghista Marco Zanni, già eurodeputato ed esperto nella Lega di procedure Ue: “Ci sono parecchi margini di ambiguità come sempre in questo tipo di provvedimenti. Poi bisogna andare a vedere quello che sarà la real money messe sul campo, ripeto, di esperienze passate, ce ne sono a centinaia”.
“Io sto ancora aspettando – prosegue Zanni – dal compianto commissario Kaitanen, le stime su quanto è stata effettivamente la potenza di fuoco del mitico piano Juncker, vi ricordate? Centinaia di miliardi che non abbiamo visto. Cosa fa di fatto la Commissione? Siccome soldi ce ne sono pochi di solito, usa o la Banca europea degli investimenti (Bei) o parte del bilancio europeo come garanzia per poi coinvestire o attirare investimenti privati – utilizzando anche collaborazioni con le cosiddette banche di promozione nazionale, quindi per l’Italia la Cdp – mettendo dieci la commissione, noi otteniamo un moltiplicatore enorme per cui mobilitiamo x miliardi, questa cifra di 800 miliardi è stimata esattamente in questo modo. Quindi si stima l’utilizzo di garanzie, si stima quanto queste garanzie possono moltiplicare gli investimenti privati, quindi se io metto uno, Finmeccanica mette due e due e quindi insieme facciamo tre eccetera eccetera”.
800 MILIARDI DI EURO AL MOMENTO “FAKE MONEY” PRECISA IL LEGHISTA ZANNI
Dunque, incalza e rimarca Bagnai, le risorse citate da von der Leyen – 800 miliardi di euro – non vengono necessariamente dal bilancio Ue. “Non vengono direttamente dal bilancio o da indebitamento europeo” precisa Zanni. “Non sono soldi freschi questi 800 miliardi?” chiede ancora Bagnai. “No”, risponde Zanni, spiegando che “In gergo finanziari chiamano fake money, quindi questi 800 miliardi ad oggi non esistono, no. Ad oggi non esistono e non ci sono”.
QUANDO SI ARRIVERÀ AGLI 800 MILIARDI?
Dunque quando si arriverà agli 800 miliardi?, si interroga il deputato Bagnai.
“Oggi abbiamo due semi certezze su come si arriverà a questi fantomatici 800 miliardi”, risponde Zanni: “La prima è che ci sarà una parte del bilancio europeo, io immagino che saranno i fondi di solito destinati all’innovazione e all’industria, al mitico programma Horizon, o mitico InvestEU – istituzionalizzazione del piano Juncker del bilancio europeo – quindi utilizzando una parte di questi fondi, una parte di alcuni programmi del bilancio europeo come garanzia per coinvestire, per attivare investimenti con la Cdp di turno o con aziende private”.
“La seconda parte – prosegue Zanni – è quella più preoccupante, sia di legittimazione politica, sia da un punto di vista finanziario, è quella dell’indebitamento europeo, perché si è parlato della possibilità per l’Unione europea di emettere debiti sui mercati, come è stato fatto per il Recovery Fund, come con programmi di più piccola dimensione e di utilizzare questi soldi, presi a prestito dall’Ue sui mercati per finanziare parte di questo piano. Si parla di 150 miliardi di euro e qui insomma deve scattare un bel campanello d’attenzione anche perché se cinque anni fa, all’annuncio del Recovery Fund, avevamo poca esperienza – il debito emesso dall’Unione europea era abbastanza irrilevante e finanziava piccoli programmi. – con il Recovery Fund e con quello che è successo dopo, oggi noi abbiamo un’esperienza empirica e concreta di quelli che sono i rischi dell’indebitamento europeo, soprattutto anche rischi di sostenibilità finanziaria”.
“IL DEBITO COMUNE È COSÌ CONVENIENTE?”
Infine, nel corso del webinar di a/simmetrie, Bagnai ricapitola una delle questioni principali: “Qua pare che noi siamo contro il debito comune e quindi siamo dei nemici della patria e in particolare dell’erario”, ma perché “questo debito comune è così conveniente, perché la Germania è così credibile, quindi i tassi di interesse della Germania sono bassi, mentre i nostri sono alti, eccetera eccetera. Ma è veramente così?”, si chiede Bagnai.
Eppure “l’annuncio di questo piano ha fatto impennare i tassi di interesse tedeschi e quindi i mercati sono evidentemente preoccupati, non ritengono più così affidabile il debito tedesco, dopo che se ne sono usciti in questo modo, ma soprattutto la precedente esperienza di debito comune, come è andata? Quegli interessi, chi li paga? Quanto ci costano? Che ipoteca pongono sul prossimo quadro finanziario pluriennale?”.