Coldiretti sui dazi, Prandini: “stimato aggravio di 2 miliardi a carico dei consumatori americani”
L’imposizione di dazi sui prodotti agroalimentari italiani negli Usa metterebbe a rischio il record di 7,8 miliardi fatto segnare dall’export agroalimentare made in Italy nel 2024 in un mercato, quello statunitense, divenuto sempre più strategico per il settore agroalimentare tricolore. Non solo, i dazi potrebbero anche alimentare la già fiorente industria della contraffazione, visto che Stati Uniti sono oggi il Paese che detiene saldamente la leadership produttiva del falso Made in Italy. Di questo abbiamo parlato con il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. Dal 2 aprile il presidente Trump ha annunciato di voler colpire anche i prodotti agricoli. Cosa significherebbe questo per la nostra filiera agroalimentare? «Se i dazi dovessero colpire l’intera filiera abbiamo stimato un aggravio di 2 miliardi a carico dei consumatori americani che si rifletterebbe inevitabilmente sui consumi. Abbiamo il precedente del primo mandato Trump a confermarlo. Secondo un’analisi condotta da Coldiretti su dati Istat, i dazi imposti su vari prodotti agroalimentari tricolori avevano causato una riduzione del valore delle esportazioni (confrontando il 2019 con il 2020). La diminuzione è stata del -15% per la frutta, del -28% per carni e prodotti ittici lavorati, del -19% per formaggi e confetture, e del -20% per i liquori. Anche il vino, sebbene inizialmente non colpito dalle misure, ha registrato un calo del 6%. Noi crediamo sia necessario ogni sforzo diplomatico per evitare una guerra commerciale a danno dei cittadini e delle imprese europee e statunitensi». Quali sono i prodotti che potrebbero risentirne di più? «Al momento è difficile capire se e quali prodotti gli Usa potrebbero colpire. La volta scorsa i problemi maggiori c’erano stati per formaggi e liquori. Guardando comunque alle singole filiere, l’aggravio potrebbe essere di quasi 500 milioni solo per il vino, circa 240 milioni per l’olio d’oliva, 170 milioni per la pasta, 120 milioni per i formaggi». Quanto vale in generale l’export agroalimentare made in Italy nel 2024? E qual è l’interscambio tra Usa ed Italia? «Gli Stati Uniti sono un mercato di riferimento per noi. Nel 2024 il valore delle esportazioni di cibo Made in Italy negli States hanno raggiunto il record di oltre 7,8 miliardi di euro, con un aumento del 17% rispetto all’anno precedente. Le importazioni sono state pari a quasi 1,6 miliardi (+12%)». Cosa mi dice invece dell’importazione dei servizi che in questo caso vengono erogati dal mercato statunitense. Quanto e cosa si rischia con i dazi? «Gli Usa esportano una vasta gamma di servizi verso l’Europa, da quelli finanziari e assicurativi, da quelli informatici ai tecnologici come cloud computing, sviluppo software e soluzioni IT alle imprese europee. Ma ci sono anche la logistica, con il trasporto aereo e marittimo che facilita il movimento di merci e persone tra i due continenti, e tutti i servizi professionali e di consulenza. E’ chiaro che la guerra commerciale farebbe sentire i suoi effetti anche su questi». I dazi potrebbero anche alimentare la già fiorente industria del falso? Qual è il valore totale ad oggi? «Gli Stati Uniti sono oggi il Paese che detiene saldamente la leadership produttiva del falso Made in Italy con il fenomeno delle imitazioni di cibo tricolore che è arrivato a rappresentare oltre 40 miliardi di euro. Basti pensare che il 90% dei formaggi di tipo italiano in Usa sono in realtà realizzati in Wisconsin, California e New York. E’ evidente che i produttori americani di “italian sounding” sarebbero avvantaggiati da un aumento dei prezzi delle vere eccellenze italiane». Economia 3 Marzo 2025 Made in Italy: sinomino di qualità e vittima del falso La contraffazione danneggia l’economia italiana e il prestigio del Made in Italy, causando significative perdite economiche e sociali 3 Marzo 2025 made in italy contraffazione falso Guarda ora

L’imposizione di dazi sui prodotti agroalimentari italiani negli Usa metterebbe a rischio il record di 7,8 miliardi fatto segnare dall’export agroalimentare made in Italy nel 2024 in un mercato, quello statunitense, divenuto sempre più strategico per il settore agroalimentare tricolore. Non solo, i dazi potrebbero anche alimentare la già fiorente industria della contraffazione, visto che Stati Uniti sono oggi il Paese che detiene saldamente la leadership produttiva del falso Made in Italy. Di questo abbiamo parlato con il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.
Dal 2 aprile il presidente Trump ha annunciato di voler colpire anche i prodotti agricoli. Cosa significherebbe questo per la nostra filiera agroalimentare?
«Se i dazi dovessero colpire l’intera filiera abbiamo stimato un aggravio di 2 miliardi a carico dei consumatori americani che si rifletterebbe inevitabilmente sui consumi. Abbiamo il precedente del primo mandato Trump a confermarlo. Secondo un’analisi condotta da Coldiretti su dati Istat, i dazi imposti su vari prodotti agroalimentari tricolori avevano causato una riduzione del valore delle esportazioni (confrontando il 2019 con il 2020). La diminuzione è stata del -15% per la frutta, del -28% per carni e prodotti ittici lavorati, del -19% per formaggi e confetture, e del -20% per i liquori. Anche il vino, sebbene inizialmente non colpito dalle misure, ha registrato un calo del 6%. Noi crediamo sia necessario ogni sforzo diplomatico per evitare una guerra commerciale a danno dei cittadini e delle imprese europee e statunitensi».
Quali sono i prodotti che potrebbero risentirne di più?
«Al momento è difficile capire se e quali prodotti gli Usa potrebbero colpire. La volta scorsa i problemi maggiori c’erano stati per formaggi e liquori. Guardando comunque alle singole filiere, l’aggravio potrebbe essere di quasi 500 milioni solo per il vino, circa 240 milioni per l’olio d’oliva, 170 milioni per la pasta, 120 milioni per i formaggi».
Quanto vale in generale l’export agroalimentare made in Italy nel 2024? E qual è l’interscambio tra Usa ed Italia?
«Gli Stati Uniti sono un mercato di riferimento per noi. Nel 2024 il valore delle esportazioni di cibo Made in Italy negli States hanno raggiunto il record di oltre 7,8 miliardi di euro, con un aumento del 17% rispetto all’anno precedente. Le importazioni sono state pari a quasi 1,6 miliardi (+12%)».
Cosa mi dice invece dell’importazione dei servizi che in questo caso vengono erogati dal mercato statunitense. Quanto e cosa si rischia con i dazi?
«Gli Usa esportano una vasta gamma di servizi verso l’Europa, da quelli finanziari e assicurativi, da quelli informatici ai tecnologici come cloud computing, sviluppo software e soluzioni IT alle imprese europee. Ma ci sono anche la logistica, con il trasporto aereo e marittimo che facilita il movimento di merci e persone tra i due continenti, e tutti i servizi professionali e di consulenza. E’ chiaro che la guerra commerciale farebbe sentire i suoi effetti anche su questi».
I dazi potrebbero anche alimentare la già fiorente industria del falso? Qual è il valore totale ad oggi?
«Gli Stati Uniti sono oggi il Paese che detiene saldamente la leadership produttiva del falso Made in Italy con il fenomeno delle imitazioni di cibo tricolore che è arrivato a rappresentare oltre 40 miliardi di euro. Basti pensare che il 90% dei formaggi di tipo italiano in Usa sono in realtà realizzati in Wisconsin, California e New York. E’ evidente che i produttori americani di “italian sounding” sarebbero avvantaggiati da un aumento dei prezzi delle vere eccellenze italiane».
Quali sono i prodotti più amati ma anche più imitati dagli Usa?
«I formaggi guidano senza dubbio la classifica, dal Parmesan al Romano senza latte di pecora, dall’Asiago al Gorgonzola, dalla mozzarella fino al Provolone. Pensate che in America si producono oggi più formaggi finti italiani che locali come il Cheddar. Il problema riguarda però tutte le categorie merceologiche a partire dai salumi più prestigiosi, come le imitazioni del Parma e del San Daniele o la mortadella Bologna o il salame Milano».
Secondo lei come l’Italia ma anche l’Europa dovrebbe reagire per proteggere l’agroalimentare?
«Lo ripeto, siamo convinti che debbano essere messe in campo tutte le necessarie azioni diplomatiche per scongiurare una guerra commerciale dannosa per tutti. Ma per fare questo non dobbiamo tenere conto solo dell’economia reale, cioè le merci prodotte, ma anche del tema già citato dei servizi».
Mettere insieme questi due aspetti, conclude Prandini, diventa la vera trattativa che l’Europa dovrebbe attuare in una visione comune per evitare che ci siano forme di penalizzazione economica che non gioverebbero né al mercato europeo né a quello americano.
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