C’era una volta il grande Manchester United: la crisi del colosso del calcio, dal campo a licenziamenti e scelte scellerate

Quindicesimo in Premier dopo 25 turni, nonostante un rosso prodotto nel calciomercato dal 2015 a oggi è di 1,23 miliardi L'articolo C’era una volta il grande Manchester United: la crisi del colosso del calcio, dal campo a licenziamenti e scelte scellerate proviene da Il Fatto Quotidiano.

Feb 17, 2025 - 17:31
 0
C’era una volta il grande Manchester United: la crisi del colosso del calcio, dal campo a licenziamenti e scelte scellerate

Fa un certo effetto vedere il Manchester United quindicesimo in Premier dopo 25 turni, con 12 sconfitte e un eloquente -7 nella differenza reti: fotografia da squadra in lotta per non retrocedere, lontana anni luce dalla dimensione di un club con un seguito planetario di 689 milioni di tifosi, un’area commerciale con 34 posti vendita sparsi nel mondo e un popolo di 160,42 milioni di followers collegati ai social ufficiali. Un gigante d’argilla, dove si sta abbattendo la scure del nuovo uomo forte della proprietà, il miliardario Jim Ratcliffe, patron della Ineos, l’uomo più ricco del Regno Unito, brexiter dichiarato: tagli a tutti i livelli, dall’addio al santone Alex Ferguson che percepiva un contratto di ambasciatore da tre milioni l’anno, passando per la ristrutturazione annunciata dell’area scouting dove a busta paga ci sono 80 persone, fino alla probabile chiusura dell’ufficio di Londra e un totale di 200 dipendenti a rischio licenziamento.

Lo United è infatti in crisi non solo sul campo, ma anche nei bilanci, nonostante gli introiti forti del merchandising – oltre 200 milioni di ricavi l’anno – e nonostante un esercito di sponsor di altissimo livello, con contratti da favola. Un esempio: nel 2023 è stato prolungato il matrimonio con l’Adidas, scadenza 30 giugno 2025 e minimo garantito a stagione di 90 milioni di sterline (108 milioni di euro). L’accordo con Snapgradon, che prevede il marchio esposto sulla parte anteriore della maglia e sulle varie divise, squadra femminile compresa, garantisce 70 milioni l’anno. In totale, gli sponsor globali sono 25, compresi Malaysia Airlines – il mercato del Sud-Est asiatico è uno dei punti forti dello United – DHL e TeamViewer.

Una gigantesca fabbrica di soldi, dove però, a livello tecnico, sono state compiute nell’ultimo decennio scelte scellerate. Il “rosso” prodotto nel calciomercato dal 2015 a oggi è di 1,23 miliardi. Nelle sessioni 2022-2023, 2023-2024 e 2024-2025, in particolare, sono stati bruciati 507,89 milioni. È il conto presentato dalla conduzione dell’olandese Erik Ten Hag, l’uomo al quale si voleva affidare la ricostruzione e che si è invece rivelato un fallimento totale. Lo sbarco di Ruben Amorim, in carica da novembre, non ha cambiato la rotta, anche se va concessa all’allenatore portoghese la giustificazione di lavorare su un progetto elaborato da altri. Le sconfitte, l’allontanamento di Rashford e le dichiarazioni rilasciate negli ultimi tempi (“il peggior United della storia”) hanno sicuramente complicato la missione di Amorim e stanno creando i primi nemici.

Il rendimento in Premier è disastroso: per trovare 12 sconfitte nelle prime 25 partite bisogna risalire al 1973-74, quando i Red Devils retrocessero. Eliminata nei quarti di Coppa di Lega, la banda di Amorim resta in corsa in Europa League – unica strada percorribile per qualificarsi in Champions – e in FA Cup, con gli ottavi in programma il 2 marzo contro il Fulham. Il 343 di Amorim fatica a imporsi, per carenza di uomini adatti a questo modulo e per i limiti dell’attacco, dove nel mirino della critica c’è ora il centravanti Hojlund, costato bonus compresi 86 milioni. In porta, pessimo il rendimento di Onana, pagato 58 milioni. L’ex bolognese Zirkzee fatica. Casimiro è spompato. L’infermeria è affollatissima: 11 indisponibili. Paradossalmente, uno dei migliori è l’ex atalantino Diallo – anche lui finito ko -, pagato in ogni caso la rispettabile cifra di 37 milioni nel gennaio 2021. La controprova del disastro è la girandola degli amministratori delegati: Edward Woodward dal 2012 al 2022, Richard Arnold dal 2022 al 2023, Patrick Steward – interim – tra 2023 e 2024, Omar Berrada in carica dal luglio 2024.

La conseguenza di tutto questo è una rosa impoverita – valutazione globale di 724 milioni – risultati scadenti, un Old Trafford da ristrutturare – operazione da 1 miliardo per uno stadio che fa acqua dal tetto – e una tifoseria che non vede l’ora di sbarazzarsi dei Glazer, la famiglia statunitense che rilevò il club nel 2005 e non è mai stata amata. I Glazer vivono negli USA e hanno pensato soprattutto agli affari: nonostante i bilanci in rosso, hanno incassato regolarmente i dividendi. Non possono mettere piede a Manchester: hanno persino saltato il funerale di una bandiera come Denis Law nel timore di fare i conti con la protesta. L’avvento di Ratcliffe sta cambiando le cose nella gestione economica, ma sul fronte tecnico la speranza è che la scelta di Amorim si riveli finalmente azzeccata, dopo aver toppato allenatori in serie – con l’eccezione di Mourinho – dal 2013 a oggi. Prigionieri dell’eraFerguson, i Red Devils sono stati soppiantati nel gradimento, in città, dal Manchester City: gli Under 20 tifano per i “cugini rumorosi”, copyright dello stesso Sir Alex qualche vita fa. C’era una volta il grande United.

L'articolo C’era una volta il grande Manchester United: la crisi del colosso del calcio, dal campo a licenziamenti e scelte scellerate proviene da Il Fatto Quotidiano.