Affari di famiglia: la rete di Donald Trump in Medio Oriente

Il mondo intero è rimasto ipnotizzato dal video generato da un’intelligenza artificiale e ripubblicato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, dove si vede una Gaza immaginaria ricostruita a sua immagine e somiglianza, “Trump Gaza” per l’appunto. Statue dorate del presidente, hotel che portano il suo nome, lui e Netanyahu che bevono un cocktail in […]

Mar 7, 2025 - 12:34
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Affari di famiglia: la rete di Donald Trump in Medio Oriente

Il mondo intero è rimasto ipnotizzato dal video generato da un’intelligenza artificiale e ripubblicato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, dove si vede una Gaza immaginaria ricostruita a sua immagine e somiglianza, “Trump Gaza” per l’appunto. Statue dorate del presidente, hotel che portano il suo nome, lui e Netanyahu che bevono un cocktail in spiaggia, mentre scorrono le immagini di una nuova Striscia più simile a Miami nel look che a qualsiasi altra città costiera del Mediterraneo. Al di là dell’assenza di ogni coerenza narrativa in quelle immagini, impossibili da analizzare con gli strumenti della razionalità e che trasformano la tragedia palestinese in spettacolo e il dolore della popolazione gazawita in merce, senza rispettare alcun codice etico, morale e ignorando ogni confine della decenza umana, il messaggio che si cela nel video è uno: gli Stati Uniti sono qui per restare e Gaza sarà casa nostra. 

Il business nel Golfo
D’altronde non è un segreto che da anni Donald Trump ha interessi affaristici sia in Israele – che nel 2020 gli ha addirittura dedicato un nuovo insediamento sulle alture del Golan, Trump Heights – che in tutta la regione, e forse l’audacia del presidente Usa nel pubblicare un video così smaccatamente trash nasce proprio dalla volontà di lanciare un messaggio ai suoi investitori per consolidare ed espandere i suoi accordi. Negli ultimi tre anni il Medio Oriente è diventato infatti il principale centro di interesse per gli affari internazionali della dinastia attraverso la loro società immobiliare Trump Organization. La maggior parte di questi affari sono accordi di brandizzazione che gli fanno guadagnare decine di milioni di dollari in commissioni in cambio del permesso di usare il loro cognome per aumentare le vendite di condomini, campi da golf e resort di lusso. 

La Trump Organization ha chiuso di recente diversi accordi con la società immobiliare saudita Dar Al Arkan per realizzare campi da golf, hotel e grattacieli in Oman, a Dubai e in Arabia Saudita, con la costruzione di nuove Trump Tower a Riad, Gedda e Dubai. Nel progetto in Oman, l’Aida Project, è coinvolto anche il governo locale che possiede il terreno su cui dovrà sorgere un golf resort. Nonostante l’apertura sia in ritardo di tre anni, la Trump Organization ha già guadagnato 7,5 milioni di dollari in commissioni dall’accordo. Quest’estate Eric Trump e il fratello maggiore Donald Junior, entrambi vicepresidenti della società, si sono recati in Oman per controllare lo stato di avanzamento dei lavori, accompagnati sul posto da Yousef Al Shelash, presidente della Dar Al Arkan. La società immobiliare ha molti collegamenti con la famiglia reale saudita e il governo è stato un importante socio d’affari nella sua fase di crescita. 

Opportunità in Terra Santa
Prima del 7 ottobre 2023, la famiglia Trump aveva esplorato delle opportunità d’investimento anche in Israele, ed è ancora interessata a concludere alcuni progetti immobiliari nel Paese; Eric Trump ha dichiarato che avrebbe aspettato la fine della guerra prima di riprenderli in mano. Le ambizioni di Eric in Israele hanno preso forma dopo un viaggio a Tel Aviv nel febbraio 2024. Durante la sua visita, ha soggiornato nella lussuosa suite presidenziale del Dan Hotel, dove ha ricevuto diversi dirigenti del Nitsba Group –  una società immobiliare guidata per anni da Haim Tsuff e Kobi Maimon, due magnati del petrolio in stretti rapporti con l’élite politica del Paese – compiendo sopralluoghi in almeno quattro hotel di proprietà del gruppo. «Stiamo per fare alcune cose molto importanti in Israele», ha dichiarato Eric Trump al suo rientro.

Prima ancora dei recenti accordi in Medio Oriente, il brand familiare aveva già degli avamposti nella regione, come la Trump International Golf Club, aperta a Dubai nel 2017 poco dopo il primo mandato presidenziale di Trump alla Casa Bianca, in società con la DAMAC Properties di Hussain Sajwani, un dirigente immobiliare miliardario elogiato da Trump con numerosi investimenti negli Stati Uniti. La Trump Organization è socia in affari anche con la LIV Golf, una nuova lega golfistica finanziata dal fondo sovrano dell’Arabia Saudita, Ad aprile, per il quarto anno consecutivo, la lega ha programmato uno dei suoi tornei al Trump National di Doral, vicino a Miami. La LIV Golf paga la famiglia Trump per ospitare il torneo, che porta migliaia di clienti nei ristoranti e nelle stanze d’hotel del gruppo durante il weekend dell’evento. Trump possiede circa 15 campi da golf in tutto il mondo, che beneficiano molto dall’attenzione mediatica del torneo saudita. 

Il “fattore” Kushner
A ricoprire un ruolo importante negli affari di famiglia è anche il genero del presidente, Jared Kushner, sposato con la figlia Ivanka. Nominato consigliere per la politica estera durante il primo mandato di Donald Trump, il presidente lo incaricò di preparare un piano per la pace in Medio Oriente. La famiglia di Kushner, ebrea ortodossa moderna, ha numerosi investimenti in Israele e da quando Trump è uscito dalla Casa Bianca nel 2021 anche lui ha iniziato a investire nel Paese. Grazie alle relazioni costruite durante il suo mandato, oggi Kushner gestisce una società di private equity quotata 4,5 miliardi di dollari, la Affinity Partners, legata ai fondi sovrani degli Stati arabi del Golfo – Arabia Saudita, Qatar e Emirati Arabi Uniti – sollevando non poche questioni etiche sul conflitto d’interesse. 

Kushner ha investito anche in due attività israeliane: la Phoenix Holdings, una compagnia assicurativa, e la Shlomo Holdings, che si occupa di leasing per automobili. Il socio di Kushner alla Shlomo Holdings possiede anche una quota nell’unica azienda produttrice di navi da guerra in Israele, mettendolo così in affari con gli imprenditori che sono anche i principali azionisti dell’azienda appaltatrice che ha messo a disposizione dei militari israeliani le sue navi durante la guerra di Gaza, usando armi prodotte in America. 

La presa della Striscia
In un’intervista rilasciata l’anno scorso al direttore della Middle East Initiative durante un evento a Harvard, Kushner ha suggerito che le proprietà vista mare di Gaza avrebbero un enorme valore immobiliare, lamentandosi di «tutto il denaro» finito nella costruzione della rete di tunnel sotterranei e in munizioni invece che in istruzione e innovazione. Kushner ha aggiunto che se fosse lui a capo del governo israeliano la sua priorità sarebbe «asfaltare il Negev con i bulldozer e trasferire i civili di Gaza in quell’area sicura, così potremmo entrare e finire il nostro lavoro». 

Parlando del reinsediamento della popolazione della Striscia, Trump ha fatto un confronto con i “projects”, gli edifici popolari di New York su cui ha costruito la sua fortuna, chiedendo a Egitto e Giordania di ospitare «temporaneamente i palestinesi». Durante una conferenza stampa, ai giornalisti che gli hanno fatto notare che si tratterebbe di un’invasione di un territorio sovrano e che l’evacuazione forzata di una popolazione civile rappresenta una violazione della legge umanitaria internazionale, un crimine di guerra e un crimine contro l’umanità, il costruttore del Queens ha ribadito: «We’re going to take it». Gaza sarà nostra.