Abrogazione del reato di abuso d’ufficio: l’ennesimo rinvio alla Consulta

Sono ormai numerosi i rinvii alla Consulta in merito all’abrogazione del delitto di abuso d’ufficio operata con la L. 114/2024, fortemente voluta e difesa dal Governo, in particolare, dal Guardasigilli Nordio. Infatti, svariati Tribunali hanno già lamento, a vario titolo, l’illegittimità costituzionale dell’abrogazione della norma e il conseguente vuoto normativo, rimettendo la questione al Giudice […] L'articolo Abrogazione del reato di abuso d’ufficio: l’ennesimo rinvio alla Consulta proviene da Iusletter.

Mar 31, 2025 - 13:10
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Abrogazione del reato di abuso d’ufficio: l’ennesimo rinvio alla Consulta

Sono ormai numerosi i rinvii alla Consulta in merito all’abrogazione del delitto di abuso d’ufficio operata con la L. 114/2024, fortemente voluta e difesa dal Governo, in particolare, dal Guardasigilli Nordio.

Infatti, svariati Tribunali hanno già lamento, a vario titolo, l’illegittimità costituzionale dell’abrogazione della norma e il conseguente vuoto normativo, rimettendo la questione al Giudice delle Leggi.

Vuoto normativo di rilevanza tutt’altro che secondaria.

Ebbene, il delitto di abuso d’ufficio – la cui evoluzione è stata particolarmente travagliata, come già analizzato in precedenti articoli di Iusletter – si poneva quale “baluardo” di garanzia in merito all’operato della Pubblica Amministrazione, tutelando sia il corretto andamento della P.A. sia le legittime pretese dei privati.

Proprio in detto complesso quadro interpretativo e giurisprudenziale si inserisce l’ennesimo rinvio alla Corte Costituzione della questione, effettuato da ultimo dalla Corte di Cassazione, con Cass. pen., Sez. VI, ord. 21 febbraio 2025, n. 9442.

Nel caso di specie un imputato – già segretario comunale – era stato condannato dal Tribunale di Avellino e dalla Corte di Appello di Napoli per il delitto di cui all’art. 323 c.p.

Avverso la condanna di secondo grado presentava ricorso per Cassazione l’imputato, chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza poiché il fatto non era più previsto dalla legge come reato.

Anche la Procura Generale, letto il ricorso dell’imputato, chiedeva alla Suprema Corte di annullare senza rinvio la sentenza di condanna, per i medesimi motivi illustrati dalla difesa.

Nondimeno, il Supremo Consesso ha rilevato motu proprio la questione di legittimità costituzionale della norma abrogativa del delitto d’abuso d’ufficio.

In particolare, secondo la Corte, l’abrogazione della fattispecie incriminatrice prevista dall’art. 323 c.p. si porrebbe in contrasto con la normativa sovrannazionale e, nello specifico, con quanto previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (c.d. “Convenzione di Merida”, ratificata dall’Italia con la L. 116/2009).

Convenzione ONU che –  in forza degli artt. 11 e, soprattutto, 117 Cost. – è vincolante per lo Stato e il legislatore.

La “palla” passa dunque alla Consulta, la quale – come detto – è già stata chiamata ad esprimersi in merito alla legittimità costituzionale dell’abrogazione dell’abuso d’ufficio.

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