8 marzo: non basta una festa per valorizzare il ruolo della donna. Lavoro, cda, politica e gender gap: ecco tutti i numeri che non tornano
8 marzo, festa della donna: non basta una ricorrenza per valorizzare il ruolo femminile nella società. Il dato sull'occupazione è aumentato? Sì, ma ha riguardato soprattutto badanti, impiegate e addette alle pulizie. I soffitti di cristallo non sono stati infranti, la segregazione verticale resiste, il gender pay gap pure e anche l'accesso ai prestiti bancari risulta più complicato. Tutti numeri che non tornano L'articolo 8 marzo: non basta una festa per valorizzare il ruolo della donna. Lavoro, cda, politica e gender gap: ecco tutti i numeri che non tornano proviene da FIRSTonline.


L’ultimo degli uomini ha un vantaggio sulla prima delle donne, fin dalla nascita. La convinzione ha la forza di una pennellata a tinte fosche sulla giornata dell’8 marzo. Numeri alla mano, infatti, il quadro delle conquiste sociali, economiche e politiche continua ad essere tristemente chiaro nella sua interpretazione. Di certo non basta una festa – quella di oggi, tradizionalmente dedicata alle donne – per valorizzare il ruolo femminile nella società. Qualche cifra? Prendiamo ad esempio il lavoro: negli ultimi anni la crescita dell’occupazione dedicata al genere ha riguardato soprattutto le professioni tradizionalmente già a prevalenza femminile. Del tipo: badanti, impiegate, addette alle pulizie.
Ancora: nelle professioni scientifiche (per intenderci, ingegneria con tecnologia e matematica) solo un quinto è rappresentato dalle donne. Non solo. In Italia la cosiddetta “segregazione verticale” è ancora rilevante (nonostante vi sia una premier donna), nella politica locale la presenza femminile resta particolarmente bassa, e nei consigli di amministrazione delle società quotate in Borsa le donne continuano ad essere ampiamente sottorappresentate nelle posizioni di leadership aziendale. Non da ultimo: anche l’accesso ai prestiti bancari risulta più complicato. Da qui, l’appello di Lagarde e Panetta per una migliore alfabetizzazione finanziaria delle donne.
8 marzo: le donne e l’occupazione
Secondo il Rapporto Cnel-Istat dal titolo “Il lavoro delle donne tra ostacoli e opportunità” – diffuso poco prima che un Consiglio dei ministri pre-8 marzo desse il via libera al ddl antiviolenza per cui il femminicidio diventa reato autonomo punibile con l’ergastolo – la crescita dell’occupazione femminile negli anni più recenti ha riguardato soprattutto le professioni tradizionalmente già a prevalenza femminile: badanti, impiegate, addette alle pulizie. Si è andata, quindi, accentuando la cosiddetta segregazione orizzontale di genere. Circa la metà dell’occupazione femminile risulta concentrata in sole 21 professioni, mentre per gli uomini il ventaglio si amplia a 53. Tra le professioni più frequenti nella componente femminile troviamo le addette agli affari generali e segretarie, le commesse, le badanti, le colf, le infermiere e le operatrici sociosanitarie, le addette ai servizi di pulizia e le maestre di scuola primaria. Tra le professioni specialistico/intellettuali, troviamo esclusivamente quelle legate all’ambito della formazione. In generale, rispetto al panorama dell’occupazione femminile, quello maschile risulta molto più variegato.
Tra gli occupati nelle professioni di area Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) solo un quinto – sottolinea il Rapporto – è rappresentato dalle donne (19,1%). Lontanissime dall’area della parità anche le generazioni più giovani, sebbene la quota di donne 25-39enni impiegate in area Stem sia di quasi 10 punti più elevata che nella generazione 55-69 anni (22,3% a fronte del 13,2%).
8 marzo: le donne e il soffitto di cristallo nella politica
L’Italia è uno dei pochi Paesi con un presidente del Consiglio donna. Tuttavia, nel complesso, la segregazione verticale rimane ancora una realtà molto rilevante. È il cosiddetto soffitto di cristallo, che blocca o comunque frena la crescita professionale delle donne. Le parlamentari donna sono in Italia il 33,6%, in linea con la media Ue27 del 33,2 per cento.
Guardando alla politica locale, la presenza femminile – prosegue il Rapporto – è ancora più contenuta rispetto al livello nazionale ed è più evidente il ritardo con il resto dell’Europa. La quota di donne elette nei consigli regionali si ferma nel 2023 al 24,5%, collocando il nostro Paese a più di 10 punti di distanza dalla media europea (35,7%) e al 13° posto nella graduatoria dei 19 Paesi europei per cui si dispone di questo dato. A ottobre 2024 dei 19 presidenti di Regione solo uno è donna. Tra i sindaci la rappresentanza femminile si ferma al 15,4%: solo due dei 20 Comuni capoluogo hanno sindaci donna. Nessuna donna invece è a guida di una delle 9 città metropolitane, dove anche tra i consiglieri la presenza femminile scende al 30,6%.
8 marzo: le donne nei cda delle quotate
Sebbene si sia consolidato l’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle società quotate in Borsa (la presenza femminile si attesta sul 43,1% a fronte di un valore europeo del 34,2%), le statistiche – come indica il Rapporto – dipingono un quadro tristemente chiaro: le donne continuano ad essere ampiamente sottorappresentate nelle posizioni di leadership aziendale. E ciò nonostante diversi studi dimostrino i vantaggi anche finanziari di una guida femminile. Restando sulle grandi società quotata in Borsa in Italia solo il 2,9% degli amministratori delegati è donna a fronte di una media Ue27 del 7,8%, del 21,1% della Lituania (che guida la classifica) e, per fare un altro esempio, dell’8,3% della Francia.
8 marzo: le donne e le direzioni di aziende
Le disparità restano enormi anche se si guarda ai direttori d’azienda. L’Italia – evidenzia il Rapporto – si colloca nelle posizioni di coda della graduatoria dei Paesi Ue con il 15,6% dei dirigenti donna, a considerevole distanza dalla media Ue27 del 22,7%, ma soprattutto da Paesi come la Lettonia o la Francia, in cui le donne che guidano un’impresa quotata in borsa rappresentano rispettivamente il 32,1% e il 29,9%. Infine, nel 2024, nessuna donna ricopre il ruolo di governatrice di una delle banche centrali europee.
8 marzo: le donne e le imprese
Quasi 7 imprese su 10 sono di proprietà maschile. Quelle paritarie, in cui la proprietà è equamente divisa tra uomini e donne, rappresentano – spiega il Rapporto – una componente del tutto residuale, pari all’1,6%. Le imprese femminili sono mediamente più giovani di quelle maschili: il 41,6% ha al massimo 5 anni di vita, a fronte del 34% delle imprese maschili. La differenza resta di 5 punti percentuali anche tra le neo-nate, fino a 2 anni di vita: rispettivamente 25% e 20%. Al contrario, hanno più di venti anni il 21% delle imprese femminili contro il 29,1% di quelle maschili.
Numeri, nel loro complesso, che ancora oggi proprio non tornano. Una diseguaglianza che, di fatto, impedisce di sfruttare al meglio tutti i talenti. Basti pensare che – altro dato – per la prima volta dal 2018 si è interrotta la crescita della presenza femminile nelle direzioni delle aziende sanitarie italiane (fonte Fiaso): un fenomeno contabile momentaneo? L’auspicio è tale, di sicuro, vantaggi insiti sin dalla nascita o meno.