Mutonia, l’utopia cyberpunk nel cuore della Romagna

Nel cuore del dibattito sulla sostenibilità ambientale e sulla lotta al consumismo, il riciclo si impone come una risposta concreta e creativa. Riutilizzare materiali di scarto non è solo un atto ecologico, ma anche una presa di posizione contro un modello di produzione e consumo che divora rapidamente le risorse del pianeta. Un principio teoricamente […] The post Mutonia, l’utopia cyberpunk nel cuore della Romagna appeared first on L'INDIPENDENTE.

Mar 13, 2025 - 17:19
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Mutonia, l’utopia cyberpunk nel cuore della Romagna

Nel cuore del dibattito sulla sostenibilità ambientale e sulla lotta al consumismo, il riciclo si impone come una risposta concreta e creativa. Riutilizzare materiali di scarto non è solo un atto ecologico, ma anche una presa di posizione contro un modello di produzione e consumo che divora rapidamente le risorse del pianeta. Un principio teoricamente condiviso, ma che nella pratica fatica a tradursi in abitudini reali, persino tra chi si definisce attento al tema. Basta osservare con quanta facilità scartiamo e sostituiamo oggetti ancora utilizzabili, magari solo leggermente danneggiati, sedotti dall’ennesima versione aggiornata e scintillante (ogni riferimento a smartphone con fotocamere sempre più performanti e televisori ultrapiatti è assolutamente intenzionale). In questo contesto, in un piccolo paesino della Romagna, c’è una comunità che da decenni rappresenta un esperimento unico, un microcosmo in cui l’arte e l’autoproduzione diventano strumenti di resistenza e trasformazione: il suo nome è Mutonia.

Quello di Mutonia è un universo nato 35 anni fa a Santarcangelo di Romagna, comune in provincia di Rimini, noto per ospitare un importante festival di teatro contemporaneo e che, nella sua veste più punk, è diventato la capitale italiana della Mutoid Waste Company, movimento nato a Londra a metà degli anni Ottanta. Nella cava che costeggia il fiume Marecchia, dal 1991 vivono artisti e artigiani provenienti da tutto il mondo, che sperimentano un vero modello di rigenerazione urbana e che, mischiando creatività e cultura del riuso, hanno creato un museo a cielo aperto, oggi anche meta di visitatori, appassionati e curiosi.

Abbiamo visitato Mutonia dopo la sentenza del Consiglio di Stato arrivata il 29 gennaio scorso, che vuole costringere gli abitanti a demolire le loro costruzioni. Sarebbe l’amara conclusione di una vicenda processuale iniziata 20 anni fa con la denuncia di un vicino di casa che, nonostante la solidarietà di tutti, a cominciare dagli abitanti di Santarcangelo, sembra ora minacciare seriamente la sopravvivenza della comunità.

Un laboratorio a cielo aperto

Mutonia dista una manciata di chilometri dal centro della città: si prende una stradina che punta verso i campi, poi costeggia il fiume Marecchia e infine arriva all’ingresso del villaggio. Visto da fuori, la prima impressione è quella di un’enorme discarica. In realtà, addentrandosi prima lungo la via principale e poi nei sentieri laterali, che passano accanto a costruzioni di ogni genere, si scopre di essere in mezzo a un gigantesco laboratorio a cielo aperto, dove i rifiuti vengono trasformati in opere d’arte, ma non solo: anche in oggetti di uso comune per le necessità quotidiane.

Succede quindi di osservare, chiuso dentro un recinto, un toro sputafuoco, un enorme mostro meccanico il cui cuore è costituito dal motore di una Citroën 2 cavalli, che il proprietario cavalca come un mezzo di trasporto: «Si chiama Larry», ci spiega Lyle.

Lyle “Doghead” Rowell, uno degli abitanti storici di Mutonia [foto di Fulvio Zappatore]
Lyle “Doghead” Rowell è uno degli abitanti storici di Mutonia. La sua casa è la prima che si incontra appena varcato il cancello, anche se più che una casa assomiglia a un parco divertimenti per sfasciacarrozze. Ovunque ci sono carcasse di metallo, lamiere di automobili, cavi e tubi intrecciati e saldati tra loro, che creano strutture caotiche e allo stesso tempo armoniose, rovinate dal tempo ma che sembrano proiettate verso il futuro. Un futuro cyberpunk, simile a quello dei film di Mad Max. Di fianco alla porta d’ingresso: una grande gabbia in acciaio con dentro un robot che si agita tra le sbarre in cerca di libertà. Sul tetto della casa: una torre bianca le cui ali di ferro si muovono in alto e in basso come a voler spiccare il volo. Lyle ha costruito tutto recuperando rottami dalle discariche e dai robivecchi. Le sue sculture, come la sua casa, sono interamente riciclate. 

È canadese e ha 61 anni: «Sono arrivato 30 anni fa con un pulman e un rimorchio pieno di sculture e ho iniziato a lavorare con la gente che era già qui – spiega Lyle – mi sono trovato subito bene non solo con gli altri Mutoidi ma anche con i cittadini di Santarcangelo, che ci hanno subito accolto».

Tra gli ultimi arrivati c’è invece Davide, che è venuto a vivere qui con la sua compagna e le sue due bambine. A fianco alla loro casa c’è un camion con un enorme rimorchio dipinto di verde con la scritta in giallo «Cinéma du Désert». «È un cinema itinerante alimentato ad energia solare – spiega Davide – Durante la bella stagione andiamo in giro per il mondo proiettando film in luoghi dove di solito non arrivano. La prima volta l’abbiamo fatto a Timbuktu».

La Mutoid Waste Company, sperimentando un vero modello di rigenerazione urbana, creatività e cultura del riuso, ha creato un museo a cielo aperto, oggi anche meta di visitatori, appassionati e curiosi [foto di Fulvio Zappatore]
In inverno invece fanno base qui a Mutonia: «La Romagna in generale è un posto molto accogliente, c’è una bella filosofia del vivi e lascia vivere. Mutonia è un posto dove si produce arte partendo dagli scarti della società e per noi, che viviamo in 22 metri quadrati con 400 litri d’acqua alla settimana e alimentandoci con l’energia solare è proprio il posto ideale».

Le battaglie legali 

La convivenza tra i Mutoidi e la città non è stata sempre priva di ostacoli. Nel 2013 un vicino di casa presentò un ricorso al TAR denunciando la presunta abusività delle strutture del campo. L’amministrazione inizialmente dispose la demolizione di parte dell’insediamento, ma in seguito avviò un progetto di riqualificazione, che trasformò Mutonia in un parco artistico riconosciuto dalla Soprintendenza per i Beni Culturali.

[foto di Fulvio Zappatore]
Ora davanti al cancello di ingresso c’è un cartello che indica gli orari per le visite. Chi vuole può entrare e farsi un giro ammirando le sculture, in uno scenario che cambia velocemente, seguendo l’ispirazione artistica dei suoi abitanti. Negli anni, Mutonia si è integrata nel tessuto cittadino di Santarcangelo, diventando parte della sua identità. «La Romagna è Sangiovese, formaggio di fossa e Mutonia», racconta Andy Macfarlane, scozzese di nascita e presidente dell’associazione Mutoid, sottolineando il profondo legame con la comunità locale.

Ora, però, una nuova minaccia pende sulla sopravvivenza di Mutonia. Nel 2021, il vicino di casa si è appellato al Consiglio di Stato, che il 29 gennaio 2024 ha ribaltato la sentenza del TAR che aveva accolto le ragioni degli artisti, stabilendo che la sanatoria ottenuta tramite il piano urbanistico era illegittima. Secondo i giudici, le strutture andavano demolite prima di qualsiasi riqualificazione: «Se l’ordinanza fosse messa in atto, vorrebbe dire distruggere tutto quello che abbiamo costruito in 35 anni – spiega Lyle – comprese le nostre case. A quel punto sarebbe impossibile ricostruire. Sarebbe la fine di Mutonia».

[foto di Fulvio Zappatore]
Di fronte al rischio di sgombero, l’intera comunità di Santarcangelo si è mobilitata. Il sindaco Filippo Sacchetti ha ribadito l’impegno dell’amministrazione per trovare una soluzione giuridica che permetta agli artisti di rimanere: «Mutonia non è un’ospite della nostra città, ma una delle sue anime – ha dichiarato – Il nostro obiettivo è fare in modo che possa restare dov’è».

La sentenza del Consiglio di Stato ha però complicato molto le cose. Pochi giorni fa il consiglio comunale di Santarcangelo si è runito e ha votato un ordine del giorno a sostegno della comunità di Mutonia, anche se ancora non è chiaro come si intenda procedere per salvare il campo. Tra le ipotesi ci sono quelle più pratiche, come rivedere ancora un volta il piano urbanistico, fino a quelle più ambizione come un ricorso alla Corte di giustizia Europea. Intanto però il tempo stringe.

«Se si tratterà di raccogliere soldi e pagare, troveremo un modo», conclude Andy. «Ma questa è casa nostra, e faremo tutto il possibile per restare».

[testo e immagini di Fulvio Zappatore]

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