Masters Augusta 2025: il percorso e le 18 buche
Benvenuti nella settimana più attesa da ogni golfista, benvenuti alla settimana del The Masters. La stagione dei Major si apre, come sempre, con l’appuntamento più importante dell’anno e, mentre il primo giorno di pratica (ieri) è stato ritardato a causa di un forte temporale abbattutosi nella zona, i migliori golfisti da tutto il mondo sono […]

Benvenuti nella settimana più attesa da ogni golfista, benvenuti alla settimana del The Masters. La stagione dei Major si apre, come sempre, con l’appuntamento più importante dell’anno e, mentre il primo giorno di pratica (ieri) è stato ritardato a causa di un forte temporale abbattutosi nella zona, i migliori golfisti da tutto il mondo sono pronti a darsi battaglia sul più bel palcoscenico che ci sia: L’Augusta National Golf Club. Il favorito è, ancora una volta, Scottie Scheffler ma il nordiraldese Rory McIlroy, già vincitore dell’AT&T Pebble Beach Pro-Am e 5° al Texas Children’s Houston Open è più in forma che mai per cercare di conquistare l’unico major che gli manca.
Nato su iniziativa di Bobby Jones (3 The Open Championship e 4 U.S. Open vinti in carriera) nel ’34 sul percorso da lui stesso progettato insieme ad Alister Mackenzie, il The Masters è l’unico Major che si disputa ancora sullo stesso campo dall’anno della sua fondazione. Nessuno stravolgimento, nessun cambio di percorso. Solo piccole migliorie e una manutenzione impeccabile hanno reso l’Augusta National un’icona.
Sviluppatosi su quello che al tempo era un vivaio, ciascuna buca del percorso, che si snoda per 6.908 metri, prende il nome dal fiore o dall’albero che la caratterizza. Si parte così con “Tea Olive”, la buca 1, un par 4 con un leggero dog-leg a destra, fino ad arrivare a nomi come “Southern Magnolia”, Camelia e così via.
Nessuno, finora, è riuscito ad eguagliare il record di vittorie a Magnolia Lane. Il primato rimane ancora nella mani di Jack Nicklaus (6 vittorie tra il 1963 e il 1986). Tiger Woods è rimasto a 5 (’92, ’01, ’02, 05 e ’19).
L’Augusta National buca per buca
Buca 1 (Tea Olive): un par 4 di 406 metri dogleg a destra in salita nella seconda parte. Spazio a sinistra sul tee shot, sbagliare destra sarebbe invece fatale. Il bunker a proteggere la sinistra del green non entra in gioco finché l’asta non è lunga a sinistra.
Buca 2 (Pink Dogwood): par 5 di 534 metri che si sviluppa in discesa e per questo, con buon primo colpo, può essere attaccato e risultare un’ottima occasione da birdie. Le aste più difficili sono sicuramente quella a sinistra, appena dietro ad uno dei bunker, e quella in fondo a destra.
Buca 3 (Flowering Peach): par 4 corto di 320 metri che però nasconde alcune insidie. A seconda della scelta dal tee (un ferro per avere un colpo pieno di secondo o il drive intorno al green) ci si trova un green completamente in discesa (se si è andati lunghi) o in salita. I 4 bunker posti sulla sinistra del green sono una trappola per i più aggressivi.
Buca 4 (Flowering Crab Apple): primo par 3 del percorso. 219 metri di lunghezza con una media storica di 3.28 colpi a buca. Inganna, quindi, il panorama aperto che si gode dal tee. Il ferro lungo a volte è complicato dal vento che entra (spesso) e disturba i giocatori.
Buca 5 (Magnolia): primo, vero ostacolo di Augusta. Par 4 lungo di 452 metri in salita con dogleg a sinistra. I bunker del fairway impediscono ai giocatori di tagliare l’angolo e obbligano i golfisti ad un colpo accorto e di precisione per aprirsi la visuale al green.
Buca 6 (Juniper): 164 metri di par 3 che parte da posizione sopraelevata e atterra su un green molto mosso con un bunker sulla sinistra a difendere. L’asta più complicata di tutte è in alto a destra, sopra un gradino molto difficile sul quale far atterrare la palla.
Buca 7 (Pampas): par 4 di 411 metri con due filari di alberi (uno a sinistra e uno a destra) che delimitano il tee shot. Stretto, dunque, il primo colpo. Dopodiché la buca si apre ma il green, sopraelevato e difeso da 3 green frontali e uno dietro, rendono il secondo colpo abbastanza complesso.
Buca 8 (Yellow Jasmine): par 5 di 521 metri che negli anni si è rivelato una buca d’attacco per i più lunghi del circuito. Doveroso piazzare la palla dopo il bunker sulla destra con il primo colpo e giocare per il centro del green con il secondo. Il green, stretto e lungo, è infatti difeso da una serie di “mount” che a seconda del rimbalzo possono penalizzare pesantemente il golfista.
Buca 9 (Carolina Cherry): le prima 9 buche si chiudono con un par 4 di 420 metri iconico. Ampia “landing area” per il drive, la 9 si complica sul secondo colpo a causa di un green fortemente in discesa verso l’imboccatura. A seconda che la palla abbia troppo back spin o picchi nel punto sbagliato può tranquillamente tornare fuori green.
Buca 10 (Camellia): lunghissimo par 4 (452 metri) che ha una media storica di 4.30 colpi per giocatore. Nonostante sia in discesa e quindi il metraggio si senta meno, molti professionisti decidono di giocare un legno dal tee per cercare la zona d’atterraggio giusta per poter attaccare il green, difeso da un bunker sulla destra e un bunker centrale a pochi metri dal green stesso. Di solito la 10 risulta come la buca più difficile dell’intero percorso.
Buca 11 (White Dogwood): inizia qui l’Amen Corner, le 3 buche dove spesso si sono decise le sorti del torneo e le più iconiche dell’intero Augusta National Golf Club. La 11 è un par 4 di 475 metri che presenta forse il tee shot più complesso di tutte e 18 le buche. A sinistra del green l’ostacolo d’acqua penalizza che cerca la bandiera nel settore di sinistra. Preferibile sbagliare in bunker a destra per avere un uscita sì in discesa ma con tanto green.
Buca 12 (Golden Bell): la buca più iconica di tutte. Il par 3 che sembra dipinto da quanto ogni singolo petalo della composizione posteriore al green è perfetto. Lungo 141 metri con spesso aria che tira contro, presenta un green difficile da prendere perché posizionato perpendicolare alla linea di tiro e molto stretto. L’acqua e il bunker posti prima del green sono pronti a penalizzare chi fa flappa o non ha preso il bastone corretto in mano. Chi finisce lungo rischia di avere un colpo impossibile di ritorno.
Buca 13 (Azalea): par 5 che chiude l’amen corner. 498 metri di lunghezza con un pronunciato dogleg a sinistra. Per tutta la lunghezza della buca, sulla sinistra, c’è un ruscello (non entra molto in gioco) che si trasforma in un laghetto davanti al green (molto fastidioso sul secondo colpo). Una buca dove ci saranno tanti attacchi ma dove l’accuratezza avrà la sua parte.
Buca 14 (Chinese Fir): 402 metri di par 4 che fa tirare un po’ il fiato. Non ci sono difese evidenti né sul fairway né sul green. Tuttavia quest’ultimo è molto mosso e deve essere approcciato con la massima precisione.
Buca 15 (Firethorn): par 5 raggiungibile in due agilmente quando il vento è favorevole. Tuttavia l’ostacolo d’acqua davanti al green protegge bene gli attacchi. Il bunker di destra non è una brutta soluzione per coloro che vogliono posizionarsi intorno al green con il secondo, basta che l’asta sia dalla parte opposta del green e che il giocatore abbia tanto spazio a disposizione.
Buca 16 (Redbud): ultimo par 3 del percorso. 155 metri di lunghezza e un green che più di una volta ha fatto sobbalzare sia il pubblico che i giocatori. Molto ondulato, presenta una pendenza ormai famosa che porta la pallina in asta durante l’ultima giornata del Masters. Il brivido dell’acqua però è dietro l’angolo. tutta la buca infatti si gioca da tee a green sopra uno stagno.
Buca 17 (Nandina): green in salita protetto da due bunker per il penultimo par 4 del campo. 402 metri di lunghezza per uno dei tee shot conclusivi. La tensione sale e nonostante sia una buca “facile” dove generalmente non ci sono colpi di scena, i nervi sono a fior di pelle.
Buca 18 (Holly): direi il tee shot più famoso al mondo insieme alla 18 dell’Old Course di St. Andrews. Dogleg a destra dopo un primo colpo stretto da un filare di alberi a sinistra e il fuori limite a destra. Poi la buca si apre e il green, sopraelevato, è difeso da diversi bunker. Tanti i capovolgimenti di classifica e i colpi persi/recuperati alla 18 di Augusta.