“Ma i disabili fanno sesso?”, il manuale di Iacopo Melio per smontare tabù e pregiudizi
Intervista al consigliere regionale Pd e attivista, autore del libro edito da Erickson: "Ho raccolto molte delle domande apparentemente difficili per rispondere nel modo più semplice e diretto possibile" L'articolo “Ma i disabili fanno sesso?”, il manuale di Iacopo Melio per smontare tabù e pregiudizi proviene da Il Fatto Quotidiano.

Torna a riflettere sulle persone con disabilità e i diversi stereotipi che condizionano non poco la loro vita. Questa volta Iacopo Melio pone l’attenzione in particolare su una tematica e lo fa attraverso il suo nuovo libro intitolato “Ma i disabili fanno sesso? 100 risposte semplici a 100 domande difficili”. Melio è un attivista per i diritti umani, sociali e civili, oltre ad essere giornalista, politico e scrittore. Utilizza un linguaggio semplice, un testo che è una sorta di manuale contro il tabù legato alle persone con disabilità e il sesso. Con quest’opera, edita da Erickson, con ironia e sensibilità invita il lettore, anche colui che non vive direttamente la condizione di disabilità, a costruire ponti abbattendo pregiudizi e luoghi comuni, coniugando cultura e leggerezza per innanzitutto comprendere e poi mutare visione del mondo in una prospettiva di inclusione reale e di pari opportunità per tutti. Tra i vari premi e onorificenze, è stato insignito da Mattarella nel 2018 del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana “per il suo appassionato contributo alla causa dell’abbattimento delle barriere architettoniche e degli stereotipi culturali”. Alle elezioni regionali in Toscana del 2020 è stato il candidato con più preferenze di tutti (oltre 11mila voti, eletto con il Pd), due anni dopo è stato nominato membro dell’Osservatorio della legalità della Toscana e nel 2023 la segretaria Elly Schlein lo nomina responsabile del “Dipartimento nazionale Inclusione, contro ogni barriera” del Partito democratico.
Come nasce e perché hai deciso di scrivere questo libro?
Dopo il mio libro “È facile parlare di disabilità (se sai davvero come farlo)”, ho ricevuto tantissimi feedback positivi, confermando la necessità di un’educazione al linguaggio corretto, che poi forma una cultura corretta, circa la disabilità. Così ho voluto pubblicare una sorta di seconda parte, ma molto più ampia, che definirei un vero e proprio “manuale di istruzioni” per scardinare i principali stereotipi, pregiudizi e luoghi comuni che ancora oggi gravano sulle persone con disabilità, alimentando distanze anziché annullare spontaneamente le differenze per una piena parità.
Quali sono le finalità?
Ho raccolto molte delle domande apparentemente difficili (dico apparentemente perché spesso le cose ci piace complicarcele inutilmente…), per rispondere nel modo più semplice e diretto possibile, tra consigli su come comportarsi in determinati contesti, curiosità e false convinzioni. Tra i tanti temi affrontati, non mancherà, come suggerisce il titolo, quello dell’intimità sessuo-affettiva, con la speranza di normalizzare una dimensione che ancora oggi, purtroppo, non viene data per scontata.
Per che tipo di pubblico hai pensato di scriverlo?
Ho scelto di usare la formula “Domanda e Risposta”, con un linguaggio schematico, semplice e accessibile, aggiungendo molti esempi pratici e approfondimenti a lato delle risposte, proprio perché vorrei che questo libro fosse per chiunque: ogni persona ha il diritto e il dovere di essere parte del cambiamento culturale che si spera porti presto a una società davvero pienamente inclusiva, e per questo anche di imparare, migliorarsi, comprendere ciò che non sa o che non ha mai vissuto. Non vorrò mai rivolgermi agli “addetti ai lavori” e basta.
La sessualità e le persone con disabilità è un binomio di cui si parla a sufficienza e in maniera idonea in Italia?
Assolutamente no, lo dimostra il grande successo che ha avuto il lancio di questo libro, accolto in maniera più che positiva da chi mi segue sui social: c’è un enorme vuoto già nel parlare di educazione alla sessuo-affettività in generale, figuriamoci quando si aggiunge un secondo tabù che è quello della disabilità. C’è bisogno di rendere scontato il dibattito su una questione ancora oggi percepita come una questione assolutamente non prioritaria. Spero che questo mio lavoro possa offrire ulteriori spunti di discussione.
Cosa manca in Italia per diffondere il concetto di inclusione delle persone con disabilità anche nella sfera della sessualità?
Non mi piace ragionare per categorie, diciamo quindi che in Italia manca una vera educazione sessuo-affettiva, non solo in famiglia ma anche a scuola, svolta da personale qualificato e non dal corpo docente. Questo sarebbe già un passo avanti verso una maggiore consapevolezza e “parità” di trattamento. Detto ciò, con l’onorevole Marco Furfaro abbiamo lavorato a una proposta di legge per vedere riconosciuta la figura dell’OEAS (Operatrice/tore all’emotività, affettività e sessualità per persone con disabilità): una bella sfida che non smetteremo di rilanciare, ma già averla depositata è servito a dare un’ulteriore spinta alla tematica.
Disabilità e sessualità è un tabù che sembra difficile da scalfire. Quali sono gli ostacoli maggiori?
Sono tanti, ma posso citare i due a parer mio più evidenti: l’infantilizzazione delle persone disabili, ovvero il vederle come eterne bambine e bambini anziché come adulti con una propria autodeterminazione, e di conseguenza distanti dalla sfera intima, e poi la ancora troppo frequente patologizzazione e medicalizzazione, ovvero il vedere chi ha una disabilità come “paziente” e non come “persona”, ritenendo quindi non solo che non possa attrarre fisicamente ma anche che “abbia ben altri problemi e questione” di cui occuparsi, sminuendo ciò che di fatto è (come dice anche l’OMS) fonte di benessere psicofisico.
Ci sono questioni che rispetto ad altri testi vuoi sottolineare e approfondire spiegandolo magari ad un pubblico che non conosce direttamente la disabilità?
Le pubblicazioni italiane al riguardo non sono molte e me lo riporta in continuazione chi studia all’Università certi temi (all’estero è tutta un’altra storia…), e quel poco che c’è ha quasi sempre un taglio molto accademico o strettamente personale/autobiografico. Per questo ho voluto scrivere “Ma i disabili fanno sesso?”, per parlare in modo semplice, provando a rendere quello che di fatto è un manuale non solo interessante ma anche necessario, quando di solito la disabilità, in generale, viene ignorata anche perché, oltre ad essere magari già di per sé distante dalla propria esperienza di vita, viene raccontata con un linguaggio non rivolto a chiunque.
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