Leone XIII, l’ispiratore. Risolse col cristianesimo il conflitto capitale-lavoro
Tra riforme sociali, encicliche storiche e mediazione internazionale. Pecci fu il ponte tra il Papato ottocentesco e le sfide della modernità. .

A cavallo tra XIX e XX secolo la Chiesa non poteva rimanere indifferente di fronte al grande fatto nuovo della storia europea e mondiale: l’irruzione delle grandi masse sulla scena politico-economica sia con la nascita dell’associazionismo operaio e agricolo sia con il comparire delle ideologie comunista (a opera di Karl Marx e Friedrich Engels col loro "Manifesto del Partito Comunista" del 1848) e anarchica, che si radicò soprattutto in Italia e Spagna. Il nuovo Papa eletto nel 1878 dopo la morte di Pio IX, Leone XIII (al secolo Vincenzo Gioacchino Pecci) sarà Papa fino al 1903 e si trovò di fronte alla realtà del conflitto tra capitale e lavoro. Il nuovo Pontefice doveva dare una risposta alle numerose organizzazioni operaie, e soprattutto contadine, di ispirazione cattolica, che nel frattempo nascevano, principalmente in valle Padana, e che attendevano comunque un orientamento per la loro azione che non poteva essere solo rivendicativa. Leone XIII fu, in questo senso, un Papa riformatore – come Pio IX all’inizio – ma mantenne nel tempo questo aspetto. Forse questo fu anche una conseguenza dell’essere stato arcivescovo a Perugia quando la città visse la violenta rioccupazione da parte delle truppe pontificie nel 1859.
In tutti i modi l’arcivescovo Pecci, futuro Papa, cercò di mediare con Roma e spingere Pio IX alla moderazione, ma senza nessun successo. Eletto papa, Leone XIII fu forse il migliore rappresentante di un impegno sociale della Chiesa che, da allora in poi, seguirà sempre una doppio binario: apertura alle novità del secolo e comprensione delle nuove dinamiche sociali, ma interpretazione di esse tenendo ferma la dottrina della Chiesa e la priorità – sostenuta da Leone XIII nella sua fondamentale encliclica "Rerum Novarum" (1891) – della conversione e del perseguimento dei valori cristiani per risolvere i problemi tra capitale e lavoro.
Il papato, in altre parole, non poteva sostenere la validità della lotta di classe e della contrapposizione aspra tra le componenti della società, ma seguiva la strada della concordia, immaginando la società come un organismo le cui parti devono collaborare senza prendere il sopravvento le une sulle altre. La "Rerum Novarum" fu un’incredibile guida teorica e materiale per la gran quantità di associazionismo operaio e agricolo che si stava costituendo in quegli anni, anticipando successive encicliche "sociali" di altri Papi e, di fatto, ispirandole.
Leone XIII fu anche un Papa molto attivo sul piano internazionale. Mentre i rapporti con lo Stato italiano restavano tesi e veniva confermato il divieto alla partecipazione dei cattolici alla vita politica-istituzionale (il "non expedit"), Leone XIII moltiplicò le relazioni internazionali del papato, aspirando a restituirgli quel ruolo di mediatore e arbitro dei conflitti tra potenze che esso aveva avuto durante il Medioevo. Il Papa si propose quindi come mediatore di alcune "crisi" internazionali dell’epoca, come il conflitto tra Germania e Spagna per il controllo delle isole Caroline (mediatore fu Achille Ratti, futuro papa Pio XI) e la fine della guerra tra Stati Uniti e Spagna per il controllo di Cuba e delle Filippine. La statura internazionale del papato crebbe quindi durante il suo magistero, forse anche perché liberato dal peso del governo temporale di territori italiani.
Non mancarono polemiche, anche aspre, con i laici "secolari", come la proposta del 1888 di erigere una statua in onore di Giordano Bruno in Campo de’ Fiori, questione che portò a numerosi scontri tra gli studenti romani e la polizia e provocò anche la chiusura dell’università per alcuni giorni. Alla fine la statua venne eretta, e ancora svetta lì dove fu messa, e Leone XIII – che aveva minacciato di lasciare Roma per l’affronto – dovette accettare la decisione del Comune di Roma (approvata anche dal presidente del Consiglio, l’ex garibaldino Francesco Crispi). La reazione papale fu un’allocuzione nella quale si confermava la giustezza della condanna al rogo di Bruno e ci si chiudeva in uno sdegnato silenzio contro l’anticlericalismo. La strada della modernità era irta di dolori per un Papa che fu animato da una grande fiducia nella capacità della Chiesa di aprirsi al nuovo secolo senza perdere l’anima.