L’altra faccia del digitale

È una vera e propria dipendenza quella che ci incatena agli smarthone. Affligge i giovani, ma anche gli adulti. E mina la produttività e la coesione nei contesti aziendali. Ma è possibile intervenire per tempo L'articolo L’altra faccia del digitale proviene da Economy Magazine.

Mar 18, 2025 - 17:42
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L’altra faccia del digitale

C’è Industria 4.0 e l’intelligenza artificiale, ci sono i Big Data e la cybersecurity, il Gdpr e il digital marketing, il noleggio operativo digitale e… i problemi di dipendenza. Insomma, non tutto il digitale luccica, anzi. «Il digitale è ormai entrato nelle nostre vite e ne siamo tutti travolti. Basta guardarsi intorno per vedere persone con il telefono costantemente in mano: alla fermata della metro, in palestra, in coda, persino sui luoghi di lavoro e purtroppo spesso anche in macchina mentre si è alla guida», conferma Sabrina Priulla, responsabile progetti di Piramis onlus, l’organizzazione senza scopro di luco che il gruppo Piramis (che si occupa di servizi per le aziende, con particolare riferimento al mondo dell’Ict) ha deciso di avviare anni fa per gestire e sostenere diversi progetti sia a livello nazionale che locale in svariati ambiti. Dipendenze digitali incluse. 

Una sorta di epidemia…

Quello a cui assistiamo in questi anni è un vero e proprio cambiamento nei comportamenti legato all’utilizzo dei nuovi dispositivi, che in realtà nuovi non sono più. Gli smartphone fanno parte della nostra vita ormai da anni, anche se ancora pare non ci sia la consapevolezza che questi creino dipendenza. A livello scientifico il fenomeno è studiato da tempo: in seguito a uno studio svolto in Gran Bretagna è addirittura stato coniato un termine, nomofobia, per identificare lo stato ansioso delle persone che temono di perdere il cellulare o di rimanerne senza. I risultati hanno mostrato che quasi il 53% degli utenti di telefono cellulare in Gran Bretagna tendono a mostrare uno stato ansioso quando “perdono il loro cellulare, esauriscono la batteria o il credito residuo o non hanno copertura di rete”.

Quando si parla di dipendenze digitali si pensa subito ai giovani. E gli adulti?

Lo studio che citavo ha rilevato che circa il 58% degli uomini e il 48% delle donne soffrono di questa fobia, e che un altro 9% è stressato quando il cellulare è fuori uso. Tra i rischi della nomofobia c’è quello di innescare un meccanismo di dipendenza. La paura di non essere connessi può causare vissuti spiacevoli come ansia e depressione ma anche malessere e nervosismo.

I più giovani vivono con particolare intensit‡ questo fenomeno. 

Le neuroscienze cognitive ci hanno mostrato infatti come gli adolescenti vanno incontro a profonde modifiche in ambito cerebrale. Se le funzioni esecutive e in particolare i processi decisionali si basano sul funzionamento delle aree prefrontali, e tali aree si modificano notevolmente durante l’adolescenza, allora si può ipotizzare che le capacità decisionali degli adolescenti siano ancora in fieri e ciò possa rendere conto dei loro comportamenti azzardati (Powell, 2006). Questa situazione potrebbe corrispondere ad una capacità di giudizio e di valutazione ancora immatura sia in merito alle proprie azioni sia alle relative conseguenze. Si aprono così infiniti scenari su cui porre attenzione e che potrebbero diventare uno spunto interessante per le famiglie. Il problema per loro non è solo nell’ambito della scuola ma questo fenomeno impatta tutti gli ambiti della loro vita e in particolare il loro sviluppo, la capacità relazionale, i rapporti interpersonali aumentando notevolmente i relativi rischi. Vivere in simbiosi col proprio smartphone immerge i ragazzi in un mondo virtuale che spesso non riescono a distinguere dal mondo reale. Il non riuscire a restare disconnessi può diventare addirittura l’andare a letto col proprio cellulare, rischiando di perdere ore di sonno oltre a tutti i pericoli che il suo utilizzo comporta in età giovanile. Sono ormai diventati comuni termini quali cyberbullismo, sexting, revenge porn, sextortion oltre che situazioni come l’adescamento online.

E la dipendenza dai like? 

Postare sembra ormai l’attività del momento: non si gusta più ciò che si sta facendo ma il desiderio principale è quello di pubblicarlo in modo che gli altri possano vederlo. La dipendenza da like è causata dal rilascio di dopamina che avviene ogni volta che ne otteniamo uno. Ciò produce piacere, aspettative, bisogno. La maggior parte delle persone è dipendente dai social network proprio per questi meccanismi. I dati delle ricerche confermano questo problema che incide sull’emotività e anche sui comportamenti dei giovani che ricorrono a diete e ritocchi per apparire più attraenti nel selfie. Il grande rischio che corrono è di valutare il proprio valore sulla base dei riscontri che arrivano dalla rete, di utilizzare i social network come specchio in cui guardarsi e che determina il proprio successo. Se ne parla per i giovani ma ovviamente gli adulti non sono esclusi dal fenomeno: gli adulti in qualità di genitori ma anche gli adulti come lavoratori.

E dunque?

Per le aziende questo potrebbe diventare un interessante punto di attenzione: se un dipendente è continuamente distratto dalle notifiche che arrivano dal suo smartphone è sicuramente una persona meno produttiva. Il livello di attenzione e concentrazione verso la sua attività lavorativa diminuiscono inevitabilmente se viene continuamente interrotto. L’uso dello smartphone da parte dei dipendenti durante l’orario di lavoro è infatti un problema che molte aziende stanno affrontando, poiché può sia ridurre la produttività, creando distrazioni sia, nei casi peggiori, compromettere la sicurezza sul lavoro. Alcuni esempi a titolo esemplificativo, non esaustivo, possono essere come dicevamo la riduzione della produttività poiché l’uso eccessivo dello smartphone per attività non lavorative, come social media, messaggistica e giochi, può distrarre i dipendenti dalle loro mansioni e comprometterne il rendimento. Anche brevi interruzioni per controllare notifiche possono abbassare l’efficienza e la concentrazione. Un altro aspetto da valutare è la sicurezza.

In che senso?

In ambienti di lavoro ad alto rischio (come cantieri o fabbriche), l’uso del telefono può rappresentare un grave rischio per la sicurezza, distraendo i lavoratori da operazioni che richiedono attenzione costante. Anche il clima aziendale e le relazioni interpersonali possono essere influenzati dall’uso frequente dello smartphone: in questo caso c’è anche la possibilità di ridurre la qualità della comunicazione tra colleghi, rendendo più difficile il lavoro di squadra e creando tensioni. Da non sottovalutare anche gli aspetti di sicurezza in tema di protezione dei dati come la cybersecurity e privacy. L’uso di smartphone personali può esporre le aziende a rischi legati alla sicurezza informatica. I dipendenti potrebbero, volontariamente o involontariamente, condividere informazioni sensibili o accedere a reti non sicure, aumentando il rischio di cyber-attacchi.

Come possono attrezzarsi le aziende per contrastare il problema?

Potrebbero adottare alcune soluzioni come, per esempio, definire una regolamentazione interna per l’uso dello smartphone durante il lavoro, specificando momenti e luoghi in cui è consentito o proibito. Queste politiche potrebbero includere l’uso dello smartphone solo durante le pause o per emergenze. Alcune aziende scelgono di utilizzare strumenti di monitoraggio per limitare l’accesso a determinate applicazioni o siti durante l’orario di lavoro, o addirittura bloccano l’uso dello smartphone in specifiche aree di lavoro. Le realtà più attente alla formazione potrebbero anche sensibilizzare i dipendenti sui rischi e sulle conseguenze dell’uso improprio dello smartphone, sia in termini di produttività sia di sicurezza. Un’idea percorribile è quella di formare il personale sui pericoli derivanti dalle dipendenze tecnologiche, contribuendo così a creare una cultura del rispetto delle regole in campo digitale e dell’importanza delle relazioni reali. Si possono inoltre creare spazi e momenti dedicati per l’uso personale dello smartphone, come pause strutturate o aree relax che consentano di bilanciare l’esigenza di accesso e momenti di svago per i lavoratori con le richieste dell’azienda. Sicuramente la sfida che le imprese devono affrontare in questo campo è quella di trovare un equilibrio tra il consentire una certa flessibilità ai dipendenti e mantenere un ambiente di lavoro produttivo e sicuro.

E i momenti di detox?

Sono efficaci, inserendo attività di lavoro in gruppo o momenti formativi. In questo modo si raggiungono due obiettivi: veicolare contenuti professionali garantendo una relazione più profonda e attenta agli altri, grazie allo “stacco” dal digitale. Quello che è certo è che l’introduzione dello smartphone sempre connesso alla rete e di tutto quello che comporta – visto che è un solo strumento che ha al suo interno numerose funzionalità, un intero “mondo” – pare proprio sia sfuggita di mano. Troppo spesso ci troviamo travolti da input nuovi che a volte non riusciamo a gestire né tantomeno a contenere. Questo dev’esser uno spunto di riflessione per le aziende, per le famiglie e per tutta la comunità.

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