La protesta morale degli studenti serbi di cui in Europa non si parla
Sono ormai sei mesi che università e molte scuole serbe sono chiuse a causa delle proteste di studenti e, in parte, docenti. L’elemento scatenante è stato il crollo di una pensilina della stazione ferroviaria di Novi Sad nel novembre 2024, dove sono morte 16 persone. I dimostranti accusano il governo di essere responsabile perché corruzione, […] L'articolo La protesta morale degli studenti serbi di cui in Europa non si parla proviene da Il Fatto Quotidiano.

Sono ormai sei mesi che università e molte scuole serbe sono chiuse a causa delle proteste di studenti e, in parte, docenti. L’elemento scatenante è stato il crollo di una pensilina della stazione ferroviaria di Novi Sad nel novembre 2024, dove sono morte 16 persone. I dimostranti accusano il governo di essere responsabile perché corruzione, gare al ribasso e mancanza di controlli hanno fatto sì che la pensilina non fosse stata costruita in modo adeguato. Un incidente, non un evento politico, ha scatenato una protesta pacifica che ha pochi precedenti in Serbia e nei paesi della ex Jugoslavia.
In un viaggio turistico, ho voluto capire meglio cosa stava succedendo a Belgrado. La prima sera, amici di lunga data mi hanno raccontato il contesto generale: un paese che cresce al 3/4%, ma ha potenzialità per una crescita ancora più sostenuta, un Presidente che tende all’autocrazia ma che ha capacità e consenso, soprattutto nelle aree rurali, la ferita aperta del Kosovo che è stato riconosciuto dall’Ue ma non dall’Onu, le proteste degli studenti e la reazione del governo.
Il giorno dopo, nella piazza più centrale faccio una lunga chiacchierata con un uomo, di circa 50 anni e in cerca di lavoro: ha una dentatura perfetta, vestito in maniera semplice ma curata e un buon inglese: mi dice di essere figlio di un maggiore dell’esercito jugoslavo caduto in disgrazia. Mi aggiorna sulla situazione delle proteste: gli studenti hanno bloccato l’accesso (non occupato) alla Televisione Nazionale e vicino al Parlamento è stato allestito un presidio di contro-dimostranti, che sostengono di vedere violati i loro diritti allo studio per via della chiusura di scuole e università. Ritiene che non siano studenti, ma persone prezzolate. Mi fa anche vedere dallo smartphone un video che dimostrerebbe la sua tesi. Le tende del presidio sono tutte uguali, poche persone visibili e quasi tutte non giovani.
Decido di andare a vedere di persona. La piazzetta dove ha sede la TV nazionale è presidiata da ragazzi, alcuni giovanissimi. Non molti e qualcuno con un fischietto rosso al collo e diverse spillette con scritte e simboli poco comprensibili. Il richiamo alla corruzione è frequente e un simbolo ricorrente: l’impronta di una mano rossa su sfondo bianco. Sono vestiti in modo civile e sobrio, niente tute militari o altri simboli delle proteste occidentali. Due macchine della polizia e pochi poliziotti in maglietta e armati della sola pistola chiusa nella custodia. Non ho visto manganelli. Il clima non è per niente teso, ma effettivamente due banchi impediscono l’accesso agli uffici della televisione che sono completamente vuoti.
Vado a vedere anche il campo dei contro-dimostranti, a meno di un chilometro, davanti alla sede del Parlamento. E’ composto da due parti. Nella prima sono schierate una decina di tende tutte uguali, molto simili a quelle della nostra protezione civile. Pochissime persone fuori dalle tende, tutte poco simili per abbigliamento ed età a studenti. Dietro a queste tende, in un piccolo parco, c’è un accampamento disordinato con tende di ogni tipo, fornelli, sedie e tavoli da campeggio. Qui si intravedono molte più persone, anche queste non danno l’idea di essere studenti. Molti di loro sono rimasti a Belgrado dopo la contro-manifestazione organizzata circa due settimane prima e che aveva visto una partecipazione importante e principalmente di persone arrivate a Belgrado dalle zone rurali.
Le dimostrazioni dei ragazzi di Belgrado sono l’espressione di protesta in corso più importante in Europa, anche se con tratti molto specifici. La protesta non è politica ma di carattere morale: la lotta alla corruzione. Nei discorsi e messaggi degli studenti non appare il termine rivoluzione e mancano riferimenti politici. E’ allo stesso tempo una dimostrazione dura (chiusura delle scuole e università e blocco degli edifici della TV nazionale) e gentile (nessun elemento che richiami la violenza, pochissime scritte sui muri, un’aria generale di normalità tra i manifestanti). Non dura è anche la reazione del governo; poche forze dell’ordine e una sostanziale tolleranza delle infrazioni degli studenti.
La situazione ha avuto una svolta pochi giorni fa: il Comitato parlamentare per la cultura e l’informazione ha annullato la procedura per la nomina del Consiglio che regola i media e ha annunciato un nuovo bando per la selezione dei componenti. Era una richiesta degli studenti che hanno così cantato vittoria e tolto il blocco alla Televisione Nazionale, ribadendo però che le proteste continueranno.
Cosa può succedere ora? Probabilmente il Presidente Vuclovic sembra volere mediare, sperando al contempo che la protesta si spenga, senza interventi repressivi. E’ uno scenario possibile se non probabile, ma occorre tenere presente che le critiche degli studenti vanno al cuore di un sistema in cui la corruzione è veramente dilagante. All’opposto, se le aspettative degli studenti venissero disattese e il consenso verso e il loro consenso crescere, il Presidente e il governo potrebbero usare la forza, direttamente (con la polizia) o indirettamente (con forze prezzolate). Sarebbe un trauma foriero di esiti difficilmente prevedibili.
Questa storia così vicina (70 minuti di aereo da Milano e Roma) e così lontana (poco riportata dai principali media italiani) ha caratteristiche uniche ma non per questo sganciate da possibili dinamiche nel resto d’Europa: un ritorno dei giovani alla ribalta delle vicende sociali, la richiesta di moralità della politica e delle sue amministrazioni, il rifiuto della violenza, la distanza dai partiti: un modello di partecipazione politica gentile, morale e concreta.
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