Italia al centro dell’innovazione digitale e dell’Ia. Anzi no. Forse boh. Urge dibattito a Comolake

A che punto è l'Italia nell'innovazione, nella digitalizzazione e nell'intelligenza artificiale? Domanda legittima dopo alcune autorevoli prese di posizione... 

Feb 28, 2025 - 13:52
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Italia al centro dell’innovazione digitale e dell’Ia. Anzi no. Forse boh. Urge dibattito a Comolake

A che punto è l’Italia nell’innovazione, nella digitalizzazione e nell’intelligenza artificiale? Domanda legittima dopo alcune autorevoli prese di posizione… 

Caro direttore,

ho letto con grande interesse l’analisi del sempre attento e puntuale Francis Walsingham su quanto sta avvenendo a Parigi. Mi pare evidente come l’Europa, mentre Donald Trump sferza il mondo con i dazi rompendo vecchie alleanze commerciali e sovvertendo antichi equilibri e la Cina abbia ormai il potere di scuotere le Borse con annunci più o meno farlocchi su prodigiose Intelligenze artificiali low cost, stia provando a dimostrare al mondo  – non so bene con quali esiti – di essere sul pezzo e, benché in ritardo, pronta a dire la sua.

Con “InvestAI“, saranno mobilitati 200 miliardi di investimento nell’Intelligenza artificiale. “La potenza di calcolo richiede un capitale finanziario sostanziale immediato. Sia dal settore pubblico che da quello privato”, ha detto Ursula von der Leyen, che mobilita pure l’European AI Champions, “che promette 150 miliardi di euro da fornitori, investitori e industria”. “In tal modo puntiamo a mobilitare un totale di 200 miliardi per investimenti in Ia in Europa”, ha spiegato sempre von der Leyen, ricordando che sulle gigafactory l’Ue sta già investendo 10 miliardi di euro.

I dubbi permangono, non solo sul ritardo della Ue che, come sulle auto elettriche, le terre rare e i chip sembra sempre relegata nel ruolo di chi insegue, ma anche sul ruolo italiano nei progetti comunitari. Faccio mie le parole di Walsingham: “Rispetto al Summit di fine 2023 a Bletchley Park, nel Regno Unito, cui partecipò il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, stavolta il limitato coinvolgimento dell’Italia nel summit (al netto della scarsa sintonia fra Meloni e Macron, per usare un eufemismo) evidenzia alcune criticità strutturali del paese, nonostante un disegno di legge in discussione al Senato – che però andrebbe a regolare l’AI ben oltre la norma UE, un qualcosa certo non apprezzato dagli investitori internazionali – e dopo essere stata l’Italia protagonista riconosciuta durante il G7, guidando il dibattito globale con due ministeriali dedicate all’AI. La carenza di data center e infrastrutture digitali avanzate – nonostante una previsione di investimenti di circa 15 miliardi – rappresenta un ostacolo significativo, così come la scarsità di finanziamenti pubblici e privati nel settore”.

E dopo le parole assai critiche e cariche di dubbi di Walsingham, direttore, ti voglio leggere quelle di un commentatore di spicco su questione legate all’innovazione tecnologica e alla digitalizzazione. Concedimi però la libertà di svelarti la sua identità solo alla fine del suo intervento perché credo che proprio i suoi trascorsi siano utili a comprendere la situazione in cui versa il nostro Paese: “La Francia ha appena annunciato investimenti per 109 miliardi in IA (compresi gli investimenti esteri, di cui 30-50 miliardi di dollari dai soli Emirati Arabi Uniti). […] E l’Italia? L’Italia dovrebbe decidere cosa fare da grande, come attrarre investimenti, che strategia darsi, come costruire un ecosistema accogliente in grado di attrarre investitori. Purtroppo quello che manca all’Italia è proprio l’ecosistema di riferimento”.

“In questi giorni – prosegue il commentatore – il governo cita soluzioni come Colosseum355B di iGenius, Velvet di Almawave e Vitruvian-1 di ASC27 s.r.l. sottolineando come il nostro Paese ha le competenze e la giusta “strategia” per competere su scala globale. Ma il vero problema è che nessuna delle tre soluzioni di IA citate ha goduto di alcun supporto derivante da iniziative predisposte dal sistema Paese a favore della industria di settore”.

“Addirittura – viene sottolineato – una delle tre aziende citate, iGenius, il secondo unicorno italiano, la scorsa settimana ha dichiarato al CdS di pensare di abbandonare l’Italia per la mancanza di un ecosistema che faciliti il supporto di investitori istituzionali. Forse lo ha fatto per fare pressione su CDP, a cui ha richiesto risorse finanziarie fresche. Ma l’osservazione dell’ad di iGenius è del tutto pertinente. Quanto alle norme occorre essere chiari. L’Italia ha avuto un ruolo marginale in UE nella definizione dell’IA Act, fatta eccezione per la presenza di uno degli estensori, uno sherpa italiano che insegna all’università e vive in Belgio da venti anni. Infine due parole sul DL italiano sull’IA. Chi si intende di queste cose sa bene che è stato scritto molto male e sarà interessante seguire il percorso di approvazione per vedere dove arriveremo. In conclusione, occorre una strategia Paese sull’IA che l’Italia non ha, piuttosto che lodare le somme algebriche di singole iniziative. Più che annunci servono idee”.

Un intervento duro, spigoloso, che non lascia margine a dubbi e che, letto mantenendo in filigrana quanto appena visto a Parigi, conferma le perplessità di chi si stava chiedendo dove fosse l’Italia in tutto ciò. Ora però è venuto il momento di onorare il patto e svelare l’identità del commentatore. E no: non si tratta di qualcuno che milita tra le file dell’opposizione. Non è il solito Calenda o qualche osservatore “di partito”. Puoi leggere quelle parole infatti sul profilo LinkedIn di Raffaele Barberio, colui insomma che è stato per molti mesi consulente e consigliere del sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’innovazione Alessio Butti (nella foto) anche nella veste di apprezzato organizzatore di quella Comolake in cui sembrava che, in fatto di innovazione, l’ecosistema italiano fosse l’ombelico del mondo.

Credo, direttore, che se anche chi si è trovato – lavorativamente parlando – vicinissimo a Butti e ha avuto modo di vivere il dietro le quinte degli eventi ufficiali dedicati all’ecosistema innovativo italiano in cui lodavano le magnifiche sorti e progressive dell’Italia sempre più avanzata nell’innovazione e nella digitalizzazione oggi nel proprio ruolo di osservatore privato pronuncia giudizi tanto sferzanti ci sia da preoccuparsi, non trovi?

Anche perché Barberio è tornato sull’argomento nelle ultime ore: “Proprio in uno dei momenti più cruciali della corsa verso il futuro, l’Italia rischia seriamente di restare indietro, mentre l’intelligenza artificiale (IA) sta plasmando il futuro delle economie globali. Registriamo performance contenute in tutti i settori cruciali e il Paese è lontano dalla posizione di leadership che potrebbe e dovrebbe occupare in Europa”, ha scritto sul sito del suo neo nato think-tank Italia nel futuro. Un pezzo che pare avere come sola ragion d’essere sottolineare il ritardo italiano e il disinteresse del governo per i temi tecnologici: “Quanto all’Italia, la dotazione, al momento, dichiarata e’ di appena 1 miliardo di euro, una cifra esigua che non ha davanti a sé né obiettivi né cronoprogrammi”.

L’analisi di Barberio è spietata: “Registriamo performance contenute in tutti i settori cruciali e il Paese è lontano dalla posizione di leadership che potrebbe e dovrebbe occupare in Europa. Questo ritardo, come abbiamo sottolineato, non è solo una questione di tecnologia, ma riflette una carenza sistemica di visione e di investimenti in un momento cruciale per la competitività dell’Italia. Nel settore delle grandi imprese, l’adozione dell’IA è ben lungi dall’essere lusinghiera. Solo il 5% delle aziende italiane ha integrato queste tecnologie nei propri processi, collocando l’Italia al 20º posto su 27 nell’Unione Europea, un dato ben al di sotto della media europea dell’8%. Se confrontato con Paesi come la Danimarca e la Finlandia, dove la percentuale supera il 15%, il divario risulta ancora più evidente e preoccupante. L’Italia è gravemente in ritardo, rischiando di perdere un’opportunità fondamentale per rilanciare il proprio tessuto industriale”.

“La Pubblica Amministrazione – viene sottolineato su Italia nel futuro, è un altro settore in cui l’Italia non sta facendo i passi necessari per implementare tecnologie intelligenti che possano ottimizzare la gestione dei servizi e aumentare l’efficienza. Nonostante il potenziale di utilizzo dell’IA per migliorare la trasparenza e la velocità dei processi burocratici, l’adozione in questo campo è incredibilmente lenta, con evidenti ricadute sulla qualità dei servizi offerti ai cittadini. Resta da chiedersi se effettivamente efficienza e trasparenza siano tra gli obiettivi strategici delle amministrazioni. L’Italia non può permettersi di continuare a navigare in questo stato di arretratezza. Gli altri Paesi europei stanno compiendo passi significativi nell’adozione dell’IA e l’Italia rischia di restare irrimediabilmente indietro”.

Un attonito,

Claudio Trezzano