Il difficile equilibrio tra il green e la sostenibilità economica | L’analisi di Paolo Pombeni
«È venuta l’ora di fare i conti con la realtà», afferma sul Mattino Paolo Pombeni. Dopo anni in cui si è quasi fatto a gara a rincorrere certi ideologismi solo perché sognavano un bel mondo dove tutto poteva svolgersi senza problemi, si è costretti a misurarsi con la complessità delle scelte. Perché, se è vero […] L'articolo Il difficile equilibrio tra il green e la sostenibilità economica | L’analisi di Paolo Pombeni proviene da Osservatorio Riparte l'Italia.

«È venuta l’ora di fare i conti con la realtà», afferma sul Mattino Paolo Pombeni. Dopo anni in cui si è quasi fatto a gara a rincorrere certi ideologismi solo perché sognavano un bel mondo dove tutto poteva svolgersi senza problemi, si è costretti a misurarsi con la complessità delle scelte.
Perché, se è vero che viviamo un’epoca di grandi transizioni e che è doveroso prendere coscienza che un progresso disordinato ha prodotto guai, lo è altrettanto che riassettare quel disordine non lo si fa con le utopie sulle alternative assolute e sulle inversioni a U rispetto a quanto è avvenuto.
Se ne sta rendendo conto l’Unione Europea, facendoci sapere che verrà rivista la decisione di costringere tutta l’industria dell’automotive a passare massicciamente all’elettrico entro il 2035, altrimenti scatteranno multe pesantissime.
La ragione è banale: ammesso e non concesso che la soluzione dell’auto elettrica sia la panacea di tutti i mali, non ci si può arrivare in tempi brevi come sognano quelli per cui tutto è fattibile, basta volerlo.
I costi dell’operazione, multe incluse, metterebbero in ginocchio un’industria chiave, il che significa milioni di posti di lavoro che saltano, cioè l’aprirsi di un’ondata di povertà sociale insopportabile per qualsiasi sistema.
Simili ragionamenti si iniziano a fare per un’altra geniale trovata dei passati decenni: il rifiuto secco del nucleare come fonte di produzione dell’energia. Ci si era mossi sull’onda emotiva di catastrofi provocate dagli impianti nucleari, ma pochi hanno poi ragionato sul fatto che l’utilizzo dell’energia nucleare non si è per questo fermato in tutto il mondo e che, per fortuna, non è che si registrino catastrofi in continuazione.
Soprattutto, non hanno capito le potenzialità enormi per lo sviluppo industriale e la sicurezza che il nucleare pulito può garantire e l’esigenza, per questo, di tutelare in Italia gli investimenti che solo i grandi player possono attuare. Se non li fanno in casa nostra, finirebbero con il farli altrove.
Non si tratta di contrapporre agli ambientalisti da bar i negazionisti da bar: così va bene se si vuol fare spettacolo (televisivo e non), mentre c’è bisogno di affrontare i problemi nella loro complessità. Così è giusto valutare i costi di certe tecnologie in termini di rischi, ambientali e di altro genere, ma lo è altrettanto valutare se sia fattibile e se siano sopportabili i costi derivanti dalle velleità di rapido azzeramento del nostro modo attuale di rispondere a esigenze che hanno un fondamento nella realtà.
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