Giorgia Meloni e Matteo Salvini: la strana coppia

Trovo molte analogie tra "Delirio a due" di Eugène Ionesco e lo spettacolo, con Giorgia Meloni e Matteo Salvini nel duplice ruolo di registi e interpreti principali, andato in scena nelle ultime settimane sul palcoscenico della politica nazionale. La lettera di Michele Magno

Apr 2, 2025 - 07:34
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Giorgia Meloni e Matteo Salvini: la strana coppia

Trovo molte analogie tra “Delirio a due” di Eugène Ionesco e lo spettacolo, con Giorgia Meloni e Matteo Salvini nel duplice ruolo di registi e interpreti principali, andato in scena nelle ultime settimane sul palcoscenico della politica nazionale. La lettera di Michele Magno

Caro direttore,

sebbene sia considerata una sua opera minore, “Delirio a due” di Eugène Ionesco (1962) resta un piccolo capolavoro del teatro dell’assurdo. Protagonista dell’atto unico è una coppia impegnata nel più classico degli esercizi coniugali: la lite. Il pretesto è futile, anzi ridicolo. Lei sostiene che non c’è nessuna differenza tra la lumaca e la tartaruga. Lui non è d’accordo, e perciò urla, sbraita, usa gli argomenti più strampalati pur di dimostrare che ha torto.

Il dissidio è senza via d’uscita e, nel corso di una logomachia che rapidamente raggiunge le vette del nonsense, si allarga fino a mettere in discussione il futuro della loro convivenza. Nel frattempo scoppia una guerra di cui lo spettatore ignora le ragioni, e un bombardamento aereo rischia di radere al suolo la città. Mentre la casa crolla, entrambi continuano imperterriti ad azzuffarsi rinfacciandosi occasioni perdute e sogni svaniti, travolti da rancori mai sopiti e incuranti dell’apocalisse che si scatena fuori dalle mura domestiche.

Trovo molte analogie tra questa pièce e lo spettacolo, con Giorgia Meloni e Matteo Salvini nel duplice ruolo di registi e interpreti principali, andato in scena nelle ultime settimane sul palcoscenico della politica nazionale. Fin qui la rottura (perché di questo si tratta) tra la premier e il vicepremier si è consumata, appunto, all’interno delle mura domestiche del centrodestra. Ma l’ambizione politica del segretario della Lega è sempre più sfrenata. Eccitato dall’antieuropeismo di Trump, l’ex “capitano del popolo” pensa di poter giocare la partita contro Bruxelles in proprio, contando anche su un solido rapporto (servile) con Mosca.

Non è un semplice gioco concorrenziale con Fd’I. È ormai un vero e proprio tentativo di scalzarne il primato nelle relazioni con Washington, offrendosi come la sua più fedele quinta colonna nel progetto volto a dividere e ridurre all’impotenza l’Ue. Elogio dei dazi americani, contrasto al piano di riarmo, rilancio di un sovranismo d’accatto: se Meloni vuole fungere da ponte con l’altra sponda dell’Atlantico, Salvini (che peraltro non ha rinunciato all’idea di nominare il gen. Vannacci suo vice) aspira a diventarne il pontiere. Antonio Tajani ha ovviamente mangiato la foglia, e ormai tra i due volano gli stracci.

È probabile che Salvini si accorga ben presto che non ha le risorse politico-culturali, oltre che i numeri, per sostenere una guerra interna con gli alleati di governo. Ed è anche probabile che, alla fine, prevalga l’istinto di sopravvivenza di una maggioranza che si sa basa su un (sempre meno solido) patto di potere. Ma gli oggetti del contendere non sono quisquilie, non sono l’aggiustamento di una manovra di bilancio su cui si trova sempre un accordo.

Può tuttavia anche darsi che, a furia di tirarla, la corda si spezzi. E la “underdog” di Palazzo Chigi è una tipa capace di fare la mossa del cavallo: non solo minacciare le elezioni anticipate, ma anche di farle. Fantapolitica? Forse. Chi vivrà, vedrà.