Che cosa succederà a Tim con Poste

Il gruppo statale Poste diventa primo azionista di Tim al posto dei francesi di Vivendi. Fatti, numeri, approfondimenti e scenari

Mar 30, 2025 - 11:43
 0
Che cosa succederà a Tim con Poste

Il gruppo statale Poste diventa primo azionista di Tim al posto dei francesi di Vivendi. Fatti, numeri, approfondimenti e scenari

Tim torna in mani italiane (o meglio statali, con Poste), a differenza dei suoi concorrenti, in mano a gruppi esteri come Swisscom (Fastweb-Vodafone), Hutchinson (WindTre) e la francese Iliad.

E’ questo il senso anche politico della crescita di Poste Italiane in Tim fino a diventare primo azionista con il 24,81%, asticella sotto il 25% che consente a Poste di non lanciare un’Opa.

Ecco fatti, numeri, dettagli, approfondimenti e scenari sull’ex Telecom Italia.

POSTE PRIMO AZIONISTA DI TIM

Tim dunque torna sotto il controllo italiano. Ieri Poste Italiane è salita al 24,81% di Tim, comprando una partecipazione del 15% dal gruppo francese Vivendi per 684 milioni di euro. A poco più di un mese dall’ingresso nel capitale, così, il gruppo delle spedizioni, controllato al 65% circa dallo Stato tramite Cdp e ministero dell’Economia, è diventato il primo azionista della compagnia telefonica. Ai francesi di Vivendi, dopo anni di strattonamenti in Tim e con il governo, con un piglio che irritato i governi e gli interlocutori istituzionali, resta ora una piccola quota del 2,5% che, con ogni probabilità, sarà presto liquidata sul mercato. Da due anni, comunque, Vivendi ha svalutato la sua quota (a 0,21 euro, dagli iniziali 1,08 euro ad azione) e accumulando circa 3 miliardi di perdite, ha ricordato Repubblica.

L’INVESTIMENTO DI POSTE IN TIM

Ma quanto ha investito il gruppo postale guidato dall’ad, Matteo Del Fante, per diventare primo azionista di Tim? Fra il primo ingresso nel capitale e la seguente crescita, l’investimento di Poste in Tim ammonta a circa 850 milioni, pagati in parte attingendo alla cassa e in parte cedendo a Cdp il 3,8% di Nexi. Tale investimento ha «natura strategica», ha sottolineato il gruppo capeggiato da Del Fante. “Il valore della transazione è pari a 684 milioni, a prezzo di 0,2975 euro, inferiore ai valori di chiusura di Borsa di venerdì e che rappresenta probabilmente il valore medio rispetto ai mesi precedenti”, ha sottolineato il Sole 24 ore.

GLI OBIETTIVI DI POSTE IN TIM

Ma quali sono i progetti del gruppo che ormai non è solo più postale ma anche finanziario? “Poste è già vicina a chiudere un accordo con Tim per spostare Poste Mobile e i suoi cinque milioni di clienti nella telefonia sull’infrastruttura di rete di Tim che subentrerebbe all’attuale fornitore Vodafone. Altre sinergie sono allo studio nell’ambito dei servizi finanziari, di pagamento, assicurativi, nei contenuti media e nell’energia. Nonché nel cloud, di cui Tim è fornitore e di cui Poste investe circa 800 milioni di euro all’anno come maggior utente del Paese”, ha scritto il Corriere della sera.

LO SCENARIO ILIAD PER TIM

Lo scenario di un ingresso di un partner industriale come Iliad in Tim, per puntare a un consolidamento del settore auspicato da tutti gli osservatori, resta comunque di attualità. “Nei prossimi mesi, perciò, la fusione fra Tim e Iliad potrebbe tornare sul tavolo, stavolta però sotto la regia di Poste e, con ogni probabilità, senza Cvc, ha scritto il Corriere della sera. Più netto il Sole 24 ore: “Gli accordi commerciali vanno bene, ma non bastano. Serve mettere mano al consolidamento del mercato e la strada maestra è arrivare a un’intesa con Iliad che consenta di mettere a fattor comune le sue attività italiane con la divisione consumer di Tim. Questo, ovviamente, implicherebbe uno scorporo di questi asset dalla società telefonica italiana. L’ad di Poste deve trovare la quadra per realizzare tutto questo entro la fine del 2025, anche perché il suo mandato scadrà nella primavera del 2026 e sarà fondamentale, a quel punto, presentarsi con un assetto del gruppo Poste-Tim chiaro e ben impostato, sia per una eventuale riconferma che per sfide ancora più importanti”, ha scritto Laura Serafini, del quotidiano confindustriale, sempre molto informata su pensieri e strategie dei vertici di Poste.

LA RICOSTRUZIONE DI REPUBBLICA

Repubblica oggi ha ricostruito lo stop ricevuto da Iliad settimane fa: “Poste e Cdp, scambiandosi le partecipazioni Tim e Nexi, hanno bloccato sul nascere l’ennesima operazione beffa: il fondo di private equity inglese Cvc insieme a Iliad voleva comprare la quota di Vivendi ed entrare in Tim a valori scontati e con il controllo di tutto il gruppo. I consulenti di Iliad erano Lazard e Mediobanca, altro indizio che ha alimentato i sospetti del governo. Quindi stop a francesi e Cvc e via libera a Poste nel capitale di Tim per realizzare le promettenti sinergie industriali tra i due gruppi. – ha svelato Giovanni Pons del quotidiano Gedi – La fusione con Iliad potrà essere ancora d’attualità ma a condizioni ben differenti: scorporando la Tim Consumer e facendo entrare lì i francesi, sotto il controllo degli italiani e non viceversa”.

IL FATTO DI TRAVAGLIO PLAUDE

Significativo che il Fatto quotidiano non critichi, anzi, il governo per la decisione di far tornare Tim nelle mani dello Stato, visto che Poste è un gruppo controllato dal ministero dell’Economia e dalla Cassa depositi e prestiti (controllata a sua volta dal Tesoro): “Nell’ottobre del 1997 il governo Prodi avviò la sciagurata privatizzazione da cui è partito il suo declino industriale – ha scritto il giornale diretto da Marco Travaglio – Ventotto anni dopo, lo Stato – attraverso una sua partecipata – torna primo azionista di Tim, ormai l’ombra del gigante di un tempo. Poste, già secondo azionista con il 9,8% rilevato da Cassa depositi pochi mesi fa, ha infatti chiuso ieri un accordo per rilevare un altro 15% del capitale da Vivendi diventando così il maggiore azionista del colosso con una quota del 24,8%, a un passo dalla soglia che obbliga a lanciare un’Opa e ponendo fine a un decennio di dominio francese ai vertici dell’azionariato”.