Beltratti, UniBocconi: «Private Equity, più opportunità di investimento»

Dove c’è opportunità, c’è anche rischio. Un principio lapalissiano in campo finanziario, che vale anche per il Private Equity. Un’opzione di investimento scelta da molti per le opportunità di rendimento elevato, diversificazione del portafoglio, partecipazione attiva nella gestione aziendale, ma che presenta costi non trascurabili e ritorni economici spesso distribuiti su un arco di tempo […] L'articolo Beltratti, UniBocconi: «Private Equity, più opportunità di investimento» proviene da ilBollettino.

Feb 15, 2025 - 01:17
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Beltratti, UniBocconi: «Private Equity, più opportunità di investimento»

Dove c’è opportunità, c’è anche rischio. Un principio lapalissiano in campo finanziario, che vale anche per il Private Equity. Un’opzione di investimento scelta da molti per le opportunità di rendimento elevato, diversificazione del portafoglio, partecipazione attiva nella gestione aziendale, ma che presenta costi non trascurabili e ritorni economici spesso distribuiti su un arco di tempo piuttostto ampio.

Ma cos’è di preciso il Private Equity?

«Un fondo di PE è un tipo di fondo di investimento che raccoglie capitali da investitori istituzionali e privati per acquisire partecipazioni in società non quotate in Borsa», dice Andrea Beltratti, Professore Ordinario presso il dipartimento di finanza dell’Università Bocconi e Academic Director dell’Executive master in Finance presso SDA Bocconi, autore di Investimenti finanziari, pubblicato da Egea, casa editrice dell’ateneo milanese.

 «Questi fondi sono gestiti da società di gestione del risparmio specializzate, che prendono decisioni di investimento che puntano a creare valore nelle aziende in cui investono. In alcuni casi, l’investimento avviene in aziende quotate, ma nel contesto di operazioni che allontanano le stesse dal Mercato, le operazioni public-to-private».

Come funziona un fondo di Private Equity

Come funziona e che caratteristiche principali ha un investimento di questo tipo?

«I fondi di Private Equity sono chiusi e hanno una durata temporale prestabilita, in genere pari a 10 anni. La raccolta punta quindi al cosiddetto capitale paziente, che rimane nel fondo per tutta la sua durata. Gli investitori si impegnano contrattualmente a versare un certo ammontare di denaro per l’acquisto delle quote, che rappresenta il committed capital o capitale impegnato».

Poi come si procede?

«I gestori richiamano il capitale impegnato dagli investitori nel corso del tempo, o drawn-down capital. Questo processo può avvenire in un arco temporale iniziale spesso lungo un paio di anni. Una volta richiamate, queste risorse vengono effettivamente impiegate in varie opportunità di investimento, divenendo invested capital. Questo è il denaro che viene realmente messo al lavoro, attraverso l’acquisto di partecipazioni in aziende, immobili, o altri strumenti di investimento. Resta poi il committed capital non ancora richiamato dai gestori del fondo, definito dry powder. In pratica, è il denaro che è pronto per essere investito ma che non è stato ancora formalmente richiesto agli investitori. Questo fondo non utilizzato è importante perché permette di essere flessibili e pronti a cogliere nuove opportunità di investimento non appena si presentano».

Negli investimenti finanziari che distinzioni rilevanti ci sono per quanto riguarda le aziende target?

«La più importante è tra buyout e Venture Capital. Il buyout riguarda aziende già affermate, spesso in settori tradizionali, di dimensioni medie. In questi casi il fondo di Private Equity tende ad assumere posizioni di controllo e lavora assieme al management team dell’azienda, oppure a un nuovo management team che viene inserito ex novo. Dal punto di vista finanziario, nei buyout si utilizzano risorse ottenute sia come investimenti diretti del fondo di Private Equity, che usa capitale proprio, sia risorse prese a prestito da banche o più spesso da fondi di debito privato».

Private Equity e Venture Capital

E nel caso del Venture Capital?

«Nei fondi di VC i bersagli sono imprese giovani, in genere attive in settori a elevato coefficiente tecnologico, di dimensioni piccole. I deal sono più raramente di controllo e generalmente usano solo equity. Altre categorie rilevanti sono quelle dell’immobiliare e delle infrastrutture, in forte crescita a causa della carenza internazionale delle stesse».

Come si differenziano tra loro gli investitori in questi fondi?

«Coloro che detengono quote nei fondi di Private Equity possono essere caratterizzati come LP, cioè Limited Partner, o come GP, General Partner. I General Partner investono il loro capitale ma gestiscono allo stesso tempo il fondo, mentre i Limited Partner in generale sono puri investitori esterni, che non partecipano alle scelte di gestione».

Considerare costi e commissioni

Quali sono costi e commissioni?

«L’operatore di Private Equity beneficia di una commissione di gestione, o management fee, che viene pagata dagli investitori su tutto il committed capital per tutta la vita del fondo, indipendentemente dal suo effettivo investimento. In alcuni casi la commissione può essere prelevata in parte sul capitale impegnato e in parte sul capitale investito, con proporzioni sbilanciate a favore del primo nella fase iniziale di esistenza del fondo e a favore del secondo nella seconda parte. La remunerazione più consistente proviene però dalle commissioni di incentivo, o carried interest. Qui i passaggi diventano piuttosto tecnici: queste commissioni possono essere prelevate nel caso in cui il rendimento medio del fondo superi un obiettivo minimo, stabilito dal cosiddetto hurdle rate, e i proventi pagati agli investitori superino il valore del capitale investito capitalizzato ogni anno allo hurdle rate. In ogni caso, per comprendere a fondo i meccanismi collegati a costi e commissioni è sempre opportuno rivolgersi a un professionista finanziario specializzato».

Le tempistiche dei rendimenti

Per fare un esempio numerico?

«Si entra appunto in passaggi e calcoli da addetti ai lavori. Per esempio, il contratto può stabilire che il carried interest non possa essere pagato fino a quando il tasso interno di rendimento del fondo, o internal rate of return, abbreviato in IRR, non supera l’hurdle rate di 7%, momento dal quale si applica una commissione di incentivo del 20% a favore della società di gestione. Esistono poi altri margini di guadagno per i gestori del fondo collegati ai costi sostenuti direttamente dalle aziende che fanno parte del Portafoglio per consulenze di vario tipo, prestate almeno in parte dalla società di gestione stessa».

I rendimenti per investitore e gestore iniziano quindi dopo qualche tempo?

«Per i primi anni l’IRR, il tasso interno di rendimento, è negativo dal momento che l’investitore sostiene costi ma il capitale non è ancora in grado di produrre rendimenti, perché è stato appena investito. I rendimenti vengono ottenuti nel caso di pagamento di dividendi da parte delle aziende in portafoglio e quando le aziende stesse sono vendute ad altri investitori, spesso altri fondi di Private Equity, oppure quotate sul Mercato».

I principali rischi da valutare

Quali sono i principali rischi?

«Uno significativo è quello della liquidità: gli investimenti in Private Equity sono generalmente a lungo termine e non facilmente vendibili, il che significa che gli investitori potrebbero non avere accesso immediato ai loro fondi. Questo rischio viene mitigato pianificando accuratamente la propria liquidità e, in alcuni casi, attraverso la disponibilità di quote secondarie che permettono di vendere le partecipazioni prima del tempo. Un altro rischio importante è quello di esecuzione, legato alla capacità o meno dei gestori del fondo di migliorare le performance delle aziende partecipate. La mitigazione di questo rischio avviene scegliendo team esperti, con un track record di successo comprovato. Le condizioni di Mercato rappresentano un’ulteriore criticità, poiché una recessione economica può influenzare negativamente il valore delle partecipazioni. Per limitare questa preoccupazione, gli investitori diversificano i loro investimenti in vari settori e regioni, riducendo l’esposizione a specifiche fluttuazioni del Mercato».

Ci sono altri elementi da considerare?

«Il rischio regolamentare e normativo è anch’esso rilevante: le modifiche alla legge possono impattare negativamente le operazioni delle aziende in Portafoglio. Le precauzioni in questo caso richiedono un monitoraggio costante dell’ambiente normativo e la consulenza con esperti legali per garantire la conformità. Inoltre, vi è il rischio di valutazione, dovuto alla complessità di valutare aziende private in modo trasparente. Lo si riduce attraverso metodi di valutazione rigorosi e indipendenti e una due diligence approfondita».

Gli effetti dell’intelligenza artificiale

Qual è il ruolo della tecnologia e dell’intelligenza artificiale in questo campo?

«Stanno rivoluzionando il settore, migliorando l’analisi e la gestione dei fondi in vari modi. L’uso di strumenti evoluti di analisi dei dati consente ai gestori di ottenere informazioni più accurate e tempestive, facilitando decisioni di investimento più informate. Ad esempio, l’AI può essere utilizzata per analizzare grandi quantità di dati finanziari e di Mercato, identificando tendenze e opportunità che potrebbero sfuggire all’analisi umana. Inoltre, l’automazione delle attività di routine, come la raccolta e l’elaborazione dei dati, consente ai gestori di concentrarsi su strategie di investimento più complesse e creative. Questo non solo aumenta l’efficienza operativa, ma riduce anche il rischio di errori umani. Le tecnologie di machine learning e deep learning possono anche essere impiegate per migliorare le previsioni di performance aziendali e per ottimizzare le strategie di investimento. Un altro aspetto importante è la capacità dell’AI di migliorare il controllo del rischio. Analizzando dati storici e attuali, i sistemi di AI possono identificare potenziali rischi e suggerire misure di mitigazione, contribuendo a una gestione del rischio più efficace».

Quali sono le prospettive di crescita a lungo termine, in un Mercato globale in evoluzione?

«Sono positive, nonostante le incertezze globali, grazie alla liquidità elevata, alla diversificazione degli investimenti e alle opportunità nei settori emergenti. Il settore continua a beneficiare di una significativa liquidità, con circa 3.700 miliardi di dollari disponibili per gli investimenti a livello mondiale. Questo denaro è pronto per essere impiegato in opportunità di crescita, di lungo termine. Gli investitori individuali, che rappresentano la metà della ricchezza patrimoniale globale, stanno diventando un motore importante. Questo segmento è in espansione e contribuirà ulteriormente alla raccolta di risorse». ©

Articolo tratto dal numero del 15 febbraio 2025 de Il BollettinoAbbonati!

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