Beko, salvi 2mila dipendenti grazie all’accordo con il Governo
La multinazionale Beko non licenzierà nessuno dei suoi dipendenti in Italia: ci saranno comunque poco meno di mille esuberi, ma si tratterà di uscite volontarie incentivate

Il Governo italiano, i sindacati e la multinazionale degli elettrodomestici Beko hanno raggiunto un accordo per evitare il licenziamento di 2mila dipendenti degli stabilimenti italiani della società turca. Dopo mesi di trattative è stata trovata una soluzione che trasformerà il ruolo delle fabbriche del gruppo che si trovano in Italia.
Ci saranno comunque diversi esuberi, ma si tratterà di uscite volontarie incentivate. Novità importanti anche per lo stabilimento di Siena, che però sarà comunque chiuso e avviato a un processo di reindustrializzazione dagli enti locali toscani.
L’accordo tra Beko e il Governo
Nella serata di lunedì 14 aprile il Governo, i sindacati, e la multinazionale Beko hanno trovato un accordo per la riduzione della forza lavoro della società nel Paese che non preveda licenziamenti. I dipendenti lo hanno votato e approvato e quindi il piano sarà messo in azione:
- nessuno dei 1.900 dipendenti che Beko prevedeva di licenziare rimarrà senza lavoro;
- gli esuberi sono stati ridotti a 950 e si tratterà di uscite volontarie incentivate dall’azienda stessa attraverso compensazioni economiche;
- Beko ha anche promesso 300 milioni di euro in investimenti nelle fabbriche italiane del gruppo.
Cambierà radicalmente il ruolo dell’Italia all’interno della struttura di produzione europea, mediorientale e nordafricana nel gruppo. La produzione verrà spostata in Romania, Egitto e Turchia, dove i costi sono minori. In Italia rimarranno solamente alcune linee di alta gamma, il design, la progettazione e lo sviluppo dei prodotti.
La situazione di Siena
L’accordo non cambia il destino dello stabilimento di Siena, che cesserà la produzione. Ai 950 esuberi volontari vanno quindi ad aggiungersi i 299 dipendenti della fabbrica, che però potranno beneficiare della cassa integrazione fino al 2027. Lo stabilimento verrà affidato al Comune di Siena e allo Stato, che si impegneranno a trovare un nuovo acquirente.
Questa situazione durerà fino alla fine della cassa integrazione per i dipendenti. Nel 2027, se non sarà stato trovato un accordo con un altro acquirente, i sindacati e Beko torneranno a trattare. Le offerte per le uscite volontarie proposte agli altri stabilimenti però valgono anche per quello di Siena.
Come è arrivata Beko in Italia
Beko non è all’apparenza un nome storico della manifattura in Italia, eppure ha diversi stabilimenti sparsi in tutto il Centro-Nord e quasi 4mila dipendenti, prima di questi nuovi esuberi. La multinazionale è nata dalla fusione dell’americana Whirpool con la turca Arçelik, che ha dato vita a una delle più grandi realtà del mondo degli elettrodomestici.
A sua volta, Whirpool aveva acquisito, nel 2014, gli stabilimenti di Indesit, azienda italiana di elettrodomestici acquisita dal colosso americano e ora entrata a far parte, come marchio, nel gruppo Beko.
È stata proprio la fusione tra Whirpool e Arçelik a far nascere la necessità di razionalizzare i siti di produzione. Le due società avevano diverse fabbriche “doppione” in tutta Europa e hanno cambiato la struttura interna delle loro linee produttive per abbattere le spese e integrare meglio le infrastrutture precedenti alla fusione.