8 Marzo: festa o beffa? Il lavoro femminile tra promesse e discriminazioni

lentepubblica.it La ricorrenzza dell’8 marzo, Giornata internazionale della donna, offre un’importante occasione per analizzare criticamente le politiche attuali riguardanti il lavoro femminile in Italia. Nonostante alcuni progressi, persistono significative disparità di genere nel mercato del lavoro e nella pubblica amministrazione, sollevando interrogativi sull’efficacia delle misure adottate fino ad oggi. Il divario di genere nel mercato del […] The post 8 Marzo: festa o beffa? Il lavoro femminile tra promesse e discriminazioni appeared first on lentepubblica.it.

Mar 7, 2025 - 18:27
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8 Marzo: festa o beffa? Il lavoro femminile tra promesse e discriminazioni

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La ricorrenzza dell’8 marzo, Giornata internazionale della donna, offre un’importante occasione per analizzare criticamente le politiche attuali riguardanti il lavoro femminile in Italia.


Nonostante alcuni progressi, persistono significative disparità di genere nel mercato del lavoro e nella pubblica amministrazione, sollevando interrogativi sull’efficacia delle misure adottate fino ad oggi.

Il divario di genere nel mercato del lavoro

Le statistiche recenti delineano un quadro preoccupante. Secondo il Global Gender Gap Report 2023 del World Economic Forum, l’Italia si posiziona al 79º posto su 146 paesi, con un punteggio di 0,705 su 1,000, evidenziando un peggioramento rispetto agli anni precedenti.

Questo dato riflette le persistenti disuguaglianze nelle opportunità economiche e nella partecipazione al mercato del lavoro.

La partecipazione delle donne alla forza lavoro è del 55,7%, con una rappresentanza femminile del 27% tra manager, magistrati e ufficiali. Nonostante un tasso di alfabetizzazione femminile del 99% e una percentuale del 71,5% di laureate, le donne continuano a essere sottorappresentate in posizioni di leadership e ad affrontare barriere nell’avanzamento professionale.

Il divario retributivo di genere rappresenta un ulteriore aspetto critico. In Italia, nel 2014, il divario retributivo di genere non rettificato era del 43,7%, a fronte di una media dell’UE del 39,3%. Questo dato è influenzato dalla differenza nel numero di ore lavorative, poiché le donne tendono a lavorare meno ore rispetto agli uomini. Considerando il parametro rettificato, che tiene conto di fattori come le ore lavorate e le occupazioni scelte, il divario retributivo in Italia è pari al 5%, rispetto a una media europea del 14,8%.

Critiche alle politiche attuali

Le politiche attuali volte a promuovere l’uguaglianza di genere nel lavoro sono spesso oggetto di critiche per la loro inefficacia e superficialità. Nonostante l’introduzione di normative come le “quote rosa” per garantire una maggiore rappresentanza femminile negli organi decisionali, i risultati concreti sono stati limitati. Ad esempio, nelle elezioni del Consiglio provinciale di Salerno nel dicembre 2021, solo 2 donne su 16 consiglieri eletti erano presenti, evidenziando una proporzione sbilanciata anche a livello nazionale, dove solo un terzo dei membri del Parlamento sono donne.

Un altro aspetto critico riguarda la segregazione occupazionale. Le donne tendono ad occupare posizioni retributive inferiori e sono sottorappresentate in ruoli dirigenziali. Uno studio dell’Università Bocconi ha rilevato che, pur percependo solo il 2% in meno rispetto ai colleghi uomini a parità di posizione lavorativa, le donne ricoprono solo il 13% delle posizioni dirigenziali.

La segregazione può essere distinta in tre tipologie:

  • Segregazione orizzontale: riguarda la concentrazione delle donne in specifici settori o ruoli, spesso meno remunerati e con minori opportunità di carriera.

  • Segregazione verticale: si riferisce alla scarsa presenza femminile nelle posizioni di vertice, fenomeno noto come “soffitto di vetro”.

  • Segregazione sociale: indica l’esclusione delle donne da reti professionali informali, mentoring e opportunità di sviluppo professionale.

Questi fenomeni sono spesso alimentati da stereotipi di genere e norme culturali radicate, che influenzano le scelte educative e professionali delle donne, limitando le loro opportunità nel mercato del lavoro.

L’impatto della pandemia sul lavoro femminile

La pandemia di COVID-19 ha esacerbato le disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro. Nel dicembre 2020, il 99% dei posti di lavoro persi in Italia erano occupati da donne, evidenziando la loro maggiore vulnerabilità alle crisi economiche.

Questo fenomeno è attribuibile alla predominanza femminile in settori maggiormente colpiti dalla pandemia e alla maggiore responsabilità nelle attività di cura familiare, che spesso costringono le donne a ridurre o abbandonare l’attività lavorativa.

La situazione nella Pubblica Amministrazione

Le disuguaglianze di genere nella Pubblica Amministrazione (PA) rappresentano una questione ancora irrisolta, nonostante l’apparente neutralità del settore pubblico e le numerose normative volte a promuovere l’equità. Sebbene le donne costituiscano la maggioranza del personale impiegato nella PA, la loro presenza nei ruoli dirigenziali è ancora nettamente inferiore rispetto a quella degli uomini.

Secondo i dati più recenti, le donne sono spesso concentrate nelle posizioni di medio-basso livello, mentre gli incarichi apicali restano prevalentemente maschili. Questo fenomeno è il risultato di molteplici fattori, tra cui radicate dinamiche culturali, stereotipi di genere e barriere strutturali che ostacolano la progressione di carriera femminile. Uno degli ostacoli principali è rappresentato dall’asimmetrica distribuzione delle responsabilità familiari: il peso della cura dei figli e degli anziani ricade ancora prevalentemente sulle donne, limitando la loro disponibilità per incarichi che richiedono maggiore flessibilità oraria o trasferimenti territoriali.

A questo si aggiunge il cosiddetto “soffitto di cristallo”, un insieme di barriere invisibili che impediscono alle donne di raggiungere i livelli più alti della gerarchia lavorativa. Questo fenomeno è aggravato dalla mancanza di strumenti adeguati per favorire la conciliazione tra vita lavorativa e familiare, come politiche efficaci di smart working, congedi parentali paritari e programmi di mentoring per le donne in carriera.

Il significato dell’8 marzo per il lavoro femminile, al di là della retorica

L’8 marzo non è solo una data simbolica, ma un’occasione per analizzare i passi avanti compiuti e le sfide ancora aperte in materia di parità di genere. Se da un lato si sono registrati progressi, come l’aumento delle donne nei settori della ricerca e dell’innovazione o il miglioramento della rappresentanza femminile in alcuni organi di vertice, dall’altro persistono divari significativi, sia in termini di accesso alle posizioni di potere che di retribuzione.

Per rendere l’uguaglianza di genere una realtà concreta, è necessario implementare politiche mirate che vadano oltre la retorica. Tra le misure più urgenti figurano:

  • Quote di genere nei ruoli dirigenziali, per riequilibrare la rappresentanza nelle posizioni decisionali.
  • Piani di carriera inclusivi, con percorsi di formazione e sviluppo professionale pensati per ridurre il divario di genere.
  • Maggiore accesso a strumenti di conciliazione vita-lavoro, come il potenziamento dei congedi parentali e la diffusione dello smart working strutturato.
  • Sensibilizzazione culturale, attraverso programmi che contrastino gli stereotipi di genere e promuovano un cambiamento sociale profondo.

Solo attraverso un impegno collettivo e un’azione politica concreta si potrà garantire un’effettiva parità di genere nel mondo del lavoro, trasformando l’8 marzo in una vera occasione di cambiamento e non solo in una celebrazione simbolica.

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