Trump deporta 261 detenuti stranieri nel carcere lager di El Salvador (usando una legge del ‘700)

Accusati di essere spietati gangster, sono stati trasferiti in un centro di confinamento nel Paese dell’America Centrale, senza un processo che ne autorizzasse l’estradizione: ecco l’espediente utilizzato dall’amministrazione Usa

Mar 17, 2025 - 22:13
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Trump deporta 261 detenuti stranieri nel carcere lager di El Salvador (usando una legge del ‘700)

Roma, 17 marzo 2025 –  L’amministrazione Trump fa sul serio quando parla di deportazione per gli immigrati criminali o presunti tali. Ieri più di 250 persone straniere sospettate di essere membri di due delle organizzazioni più spietate operanti sul territorio americano –  l’ecuadoregna MS-13 e la venezuelana Tren de Agua –, sono state trasferite a El Salvador, piccolo Paese dell’America Centrale. Per farlo è stata invocata una legge del ‘700 (e molti si domandano se ne sia stato fatto un uso legittimo).

La deportazione e l’Alien Enemies Act

Il presidente salvadoregno Nayib Bukele ha dichiarato che 261 i membri della Ms-13 e della Tren de Agua sono atterrati nel Paese come parte di un accordo con gli Stati Uniti. Erano attesi nel centro di confinamento per il terrorismo (Cecot) che ospita più di 40mila persone, struttura nel mirino delle associazioni a tutela dei diritti umani che non esitano a definirlo un lager. Una mossa che parrebbe incostituzionale da parte del governo statunitense, se si prende in considerazione il fatto che nessuno dei presunti criminali è stato sottoposto a un processo che ne autorizzasse l’estradizione. Invece, tutto nella norma (più o meno). È stato L’Alien Enemies Act a permettere a Donald Trump di deportare in fretta e furia più di 250 persone fuori dai confini statunitensi. Si parla di una legge del 1798, utilizzata solo tre volte in tutta la storia degli Stati Uniti, e solo in tempi di guerra. L’Alien Enemies Act conferisce al governo americano un’autorità tale da poter deportare degli individui senza una sentenza emanata da un giudice dell’immigrazione o, comunque, da una corte federale. La domanda che sorge spontanea è, quindi, come l’amministrazione Trump sia riuscita a far applicare una legge che non solo è estremamente datata, e pensata per un contesto di guerra. Non è stato così difficile trovare una scorciatoia. Gli Stati Uniti hanno formalmente designato le due gang come “organizzazione terroristica straniera”, affermando che i membri stanno conducendo una “guerra irregolare” contro il paese, così hanno fatto appello all’Alien Enemies Act. 

EL SALVADOR-GANGS-US-VENEZUELA
This handout picture released on March 16, 2025, by El Salvador's Presidency press office shows the arrival of alleged members of the Venezuelan criminal organization Tren de Aragua at the Terrorism Confinement Center (CECOT) in the city of Tecoluca, El Salvador. The United States has sent over 200 alleged members of a Venezuelan gang to be imprisoned in El Salvador, President Nayib Bukele said Sunday, after US counterpart Donald Trump invoked wartime authorities to expel migrants. (Photo by Handout / EL SALVADOR'S PRESIDENCY PRESS OFFICE / AFP) / RESTRICTED TO EDITORIAL USE - MANDATORY CREDIT "AFP PHOTO / EL SALVADOR'S PRESIDENCY PRESS OFFICE" - NO MARKETING NO ADVERTISING CAMPAIGNS - DISTRIBUTED AS A SERVICE TO CLIENTS

La reazione dell’opposizione 

Non mancano le proteste contro l’ultima mossa di Trump e non tutti credono che la retorica della “guerra a una presenza ostile sul territorio americano” possa bastare per invocare l’Alien Enemies Act. In particolare, viene criticato l’uso della legge per prendere di mira attori non statali, piuttosto che governi stranieri. “Invocarlo in tempo di pace per aggirare la legge convenzionale sull’immigrazione è un abuso sbalorditivo” ha scritto il Brennan Center of Justice. Il giudice distrettuale degli Stati Uniti, James Boasberg, aveva tentato di fermare le deportazioni, ordinando che gli aerei già in volo verso El Salvador facessero immediato ritorno negli States ma senza avere esiti positivi. Anzi, sono stati il capo di Stato del Salvador Bukele e Marco Rubio a prendersi gioco del magistrato scrivendo sui social “Oopsie… troppo tardi”, seguito da un emoji che ride.