Tari, quando va in prescrizione e chi non deve pagarla

Ecco quando la Tari non si paga e i casi in cui la tassa si prescrive, le regole, le eccezioni e cosa fare per non versare importi non dovuti per gli immobili inutilizzati

Mag 13, 2025 - 22:46
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Tari, quando va in prescrizione e chi non deve pagarla

La Tari è la tassa comunale sui rifiuti che deve essere pagata per coprire i costi per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani. Sapere quando va in prescrizione è importante non per cercare delle scappatoie e non pagarla ma per tutelarsi qualora vi siano errori o delle richieste irregolari.

Può capitare infatti che arrivino degli avvisi di pagamento con ritardo, magari riferiti a periodi già passati da anni. Proprio per questo è importante sapere se la tassa è esigibile oppure no. Ecco maggiori informazioni a riguardo e quando la Tari non si deve pagare.

Dopo quanti anni va in prescrizione?

Come detto, la Tari è la tassa che si paga per la raccolta dei rifiuti. Deve sostenere tale spesa chi abita o usa un locale, come una casa o un negozio. Si tratta di una tassa molto importante perché serve a coprire i costi del servizio di raccolta e di smaltimento della spazzatura.

Il Comune ha però un tempo massimo per richiderne il pagamento ma se lo supera, la richiesta non è più valida in quanto poi scatta la prescrizione. La legge, in ogni caso, dice che il Comune ha 5 anni di tempo per inviare l’avviso.

Ecco un esempio:

Marco doveva pagare la Tari del 2018 entro il 31 dicembre 2018. Il Comune poteva inviare l’avviso di pagamento entro il 31 dicembre 2023. Se invece l’ha spedito il 2 luglio 2024 è fuori tempo massimo per cui si potrebbe non dover pagare.

Come si fa richiesta di istanza in autotutela

Se si crede che l’avviso sia arrivato in ritardo o che ci siano degli errori come che la casa, ad esempio, era affittata a un altro o che la cifra era stata già saldata, è possibile chiedere al Comune di annullare l’avviso. Tale richiesta si chiama istanza in autotutela e con essa si può chiedere di correggere l’errore senza dover passare per un giudice.

La richiesta dell’istanza in autotutela può essere fatta:

  • dalla persona alla quale è intestato l’avviso;
  • a un’altra persona che agisce per conto di quella che ha ricevuto l’avviso ma deve avere una delega firmata.

Va inoltrata, poi, entro 60 giorni da quando si riceve l’avviso. Qualora si aspettasse troppo tempo, potrebbe essere troppo tardi. Sul sito del proprio Comune solitamente si trova il facsimile della domanda che va compilata in ogni sua parte.

Alcuni comuni invece danno la possibilità di presentare l’istanza in carta libera. In ogni caso insieme ad essa vanno allegati i documenti e gli atti a sostegno della richiesta. Ad esempio, la copia del contratto di affitto, il certificato di residenza oppure, se il pagamento è già avvenuto, la ricevuta F24 che si può scaricare dal proprio cassetto fiscale sul sito dell’Agenzia delle Entrate.

La richiesta che è gratuita può poi essere spedita per Pec oppure consegnata a mano al protocollo del Settore Tributi ed Entrate Comunali durante l’orario di apertura degli sportelli.

Dopo aver inviato la richiesta di istanza in autotutela, infine, l’ufficio del Comune controlla attentamente le motivazioni per le quali è stata presentata la richiesta e la documentazione allegata. Nel caso di riscontro positivo, corregge l’errore e annulla l’avviso mandato in precedenza. In questo modo il contribuente potrebbe non dover pagare nulla o pagare di meno.

E se la residenza è da una parte e il domicilio dall’altra?

Chi riceve un avviso di accertamento per la Tari può avere dei dubbi sulla correttezza dell’importo richiesto, soprattutto se si posseggono due abitazioni in comuni diversi. Non sono infatti rari i casi in cui un contribuente si ritrovi a pagare la tassa sui rifiuti sia nel comune di residenza che in quello dove lavora e ha un domicilio. In tali casi ci si chiede se è possibile evitare di pagare due volte o ridurre il numero dei componenti dichiarati nel comune di residenza.

La Tari secondo la normativa attuale va pagata in entrambi i comuni in quanto la tassa è legata alla disponibilità dell’immobile a prescindere dal tempo effettivo che si trascorre al suo interno. Per non pagare due volte la tassa, si dovrebbe spostare la residenza dove si vive e si lavora in modo stabile. Anche in questo caso specifico, poi, qualora si dovessero ricevere degli accertamenti errati, doppi o fuori termine, sarà possibile chiedere l’annullamento in autotutela.

La prescrizione della Tari è di 5 anni

Nel caso in cui il Comune invii una cartella per chiedere il pagamento della Tari deve rispettare un limite di tempo preciso. La Corte di Cassazione, infatti, ha confermato che ha un periodo massimo di 5 anni per riscuotere forzatamente la tassa con cartelle o azioni dell’Agenzia delle Entrate.

Più nel dettaglio, ha spiegato che la tassa sui rifiuti è locale e si paga ogni anno. Proprio per questo si segue la regola della prescrizione dei 5 anni prevista dal Codice Civile all’articolo numero 2948. Se quindi il Comune dovesse comunicare per errore che il termine per la prescrizione è di 10 anni, non cambierà nulla. La legge, infatti, non può essere modificata da errori e accordi tra le parti.

Quando è possibile non pagare la Tari?

La Tari non si paga quando la casa è vuota e non si può utilizzare. L’esenzione Tari scatta infatti per gli immobili disabitati o inutilizzabili ovvero per le abitazioni non abitate e dove non sono allacciate le utenze o ci sono scarichi collegati. Tali elementi, infatti, dimostrano che l’immobile è inagibile o inabitabile. In alcuni Comuni, però, c’è l’esenzione di tale tassa anche se la casa è semplicemente vuota per scelta del proprietario ma a una condizione: non ci devono essere le utenze attive e nemmeno mobili all’interno.

Il consiglio per evitare di pagare la Tari due volte

Per evitare pagamenti non dovuti, il suggerimento è quello di controllare sempre che la Tari sia stata pagata. Ecco come:

  • recandosi presso l’ufficio dei tributi del proprio Comune e chiedere un documento che mostri la propria situazione debitoria;
  • collegandosi al sito ufficiale dell’Agenzia delle Entrate Riscossione e consultando il proprio cassetto fiscale.

Verificare la propria posizione consente infatti di evitare delle richieste di pagamento non dovute, delle cartelle esattoriali e soprattutto di far valere la prescrizione se sono trascorsi più di 5 anni.