Scandalo Huawei, la pista portoghese porta a Nuno Martins. Lobbista, ex assistente di Martusciello: “Spinse i politici a sostenere il 5G cinese”

Se Valerio Ottati è il volto dell'azienda a Bruxelles, è al portoghese che, secondo gli inquirenti, porta il flusso di denaro verso il Paese iberico L'articolo Scandalo Huawei, la pista portoghese porta a Nuno Martins. Lobbista, ex assistente di Martusciello: “Spinse i politici a sostenere il 5G cinese” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mar 14, 2025 - 18:29
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Scandalo Huawei, la pista portoghese porta a Nuno Martins. Lobbista, ex assistente di Martusciello: “Spinse i politici a sostenere il 5G cinese”

La regola, nelle inchieste per corruzione, rimane quasi sempre la stessa: follow the money, segui i soldi. E i soldi, nell’inchiesta della Procura federale belga sulle presunte mazzette e regali di lobbisti della multinazionale cinese delle telecomunicazioni Huawei a un gruppo di europarlamentari, portano dritti in Portogallo. È lì che si stanno concentrando le indagini degli inquirenti, come apprende Ilfattoquotidiano.it da fonti della polizia belga, perché è nel Paese iberico che secondo i pm si sono registrate transazioni per migliaia di euro in favore di società locali. Sono quelli, sostengono, i soldi con i quali, insieme a regali di vario genere, i gruppi di pressione in Belgio hanno cercato di corrompere almeno 15 tra ex e attuali rappresentanti della Plenaria di Bruxelles. E c’è un nome che più di altri sta emergendo come cruciale nell’intreccio di rapporti e scambi che la Procura sta cercando di dipanare: quello del portoghese Nuno Wahnon Martins.

IL FACTOTUM – Se l’italo-belga Valerio Ottati, anche lui fermato insieme ad altri 7 lobbisti legati a Huawei, era il volto della multinazionale a Bruxelles e nei Palazzi dell’Ue, colui che incontrava personalmente gli eurodeputati e i loro assistenti per proporre, come ricostruito anche da Il Fatto Quotidiano, viaggi pagati dall’azienda, Nuno Wahnon Martins ricopre un ruolo solo all’apparenza laterale, ma che in realtà, secondo chi indaga, era al centro del sistema corruttivo concentrato in rue Wiertz.

Mentre si stringevano le manette ai polsi di diversi lobbisti, si svolgevano perquisizioni in 21 indirizzi tra Belgio e Portogallo, si mettevano i sigilli agli ex uffici brussellesi degli assistenti dell’eurodeputato di Forza Italia, Fulvio Martusciello, e a quelli di Adam Mouchtar, assistente dell’europarlamentare bulgaro Nikola Minchev, un mandato d’arresto colpiva anche una persona in Francia. Quella persona, rivelano i media portoghesi, era proprio Martins. Mentre la polizia francese lo fermava, i colleghi lusitani perquisivano la sua abitazione e la sua azienda nel Paese d’origine. È lì che, da quanto scrive Diario De Noticias, arrivavano i soldi che erano destinati agli eurodeputati e agli assistenti compiacenti.

Formalmente non esiste alcun collegamento tra Martins e Huawei, ma il lobbista portoghese non è affatto un volto nuovo a Bruxelles. Se si consulta il registro per la trasparenza dell’Eurocamera, dove sono elencate tutte le aziende e i loro dipendenti autorizzati ad accedere agli edifici e a incontrare i membri del Parlamento Ue, risulta che Martins svolge attività di lobbying per il Milton Friedman Institute, con sede a Roma, che ha lo scopo “di promuovere e riscoprire le teorie, le idee e le proposte del liberalismo e liberismo, con particolare enfasi sulle soluzioni politico-economiche suggerite da Milton Friedman”. È stato anche direttore per gli affari dell’Ue presso la European Plain Package Alliance e per lo European Jewish Congress e B’nai B’rith International.

Martins, però, i corridoi di Bruxelles li ha frequentati anche con un altro ruolo, quello di assistente parlamentare. Ed è a questo punto che si crea un primo collegamento con l’inchiesta in corso: durante la nona legislatura del Parlamento europeo (2014-2019), come accertato anche da Ilfattoquotidiano.it, Martins è stato assistente dell’europarlamentare di Forza Italia Fulvio Martusciello che, pur non risultando al momento indagato, è stato toccato dalle perquisizioni agli ex uffici dei suoi assistenti al Parlamento di Bruxelles.

LA LETTERA – Si tratta dello stesso Martusciello che, in rottura con l’allora capodelegazione di Forza Italia al Parlamento Ue, Antonio Tajani, il 4 gennaio 2021 decise di mettere la propria firma su una lettera spedita alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ai commissari Thierry Breton (Mercato Interno), Margrethe Vestager (Concorrenza) e Valdis Dombrovskis (commercio) nella quale si esprime “preoccupazione riguardo alla politicizzazione della diffusione della tecnologia 5G in tutta la nostra Unione” e si condanna l’atteggiamento di alcuni Stati membri che volevano “vietare l’uso di dispositivi 5G stranieri per secondi fini e paure infondate di rischi per la sicurezza nazionale“.

Huawei non viene mai citata direttamente, ma in quel periodo l’Ue stava facendo i conti con le pressioni di Washington affinché il colosso cinese venisse escluso dal mercato, spingendo per la messa al bando delle aziende cinesi, compresa anche ZTE, nel Vecchio Continente. Gli inquirenti belgi hanno preso in esame con attenzione la missiva e la considerano un elemento importante nell’ambito della loro inchiesta. Si legge che “l’Europa non può permettersi di perdere anni di progresso solo perché alcuni hanno deciso di giocare a freccette con il 5G, in molte occasioni utilizzando argomenti discriminatori“, quello che successivamente definiscono “razzismo tecnologico“. Le firme al termine della lettera sono quelle di Martusciello, di Giuseppe Milazzo (allora Forza Italia e oggi Fratelli d’Italia), Herbert Dorfmann (Südtiroler Volkspartei), Aldo Patriciello (allora Forza Italia, oggi nella Lega), Giuseppe Ferrandino (allora Pd, oggi in Azione), Cristian-Silviu Busoi (Partito Nazionale Liberale rumeno), Daniel Buda (Partito Democratico Liberale rumeno) e Ciuhodaru Tudor (Partito Social Democratico rumeno). Fonti vicine al dossier, però, puntualizzano: quella lettera è stata scritta su input di Nuno Wahnon Martins.

X: GianniRosini

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