Private label, pubbliche virtù
Se i prodotti a marchio del distributore fossero un’azienda, sarebbe la quarta per fatturato in Italia. Un segmento che esprime i requisiti di sostenibilità della distribuzione moderna che cresce nella sostenibilità economica, sociale e ambientale. Ecco l’analisi di Teha per Adm L'articolo Private label, pubbliche virtù proviene da Economy Magazine.

Nel 2024, i prodotti a marchio del distributore (Mmo) o private label hanno raggiunto i 26 miliardi di euro (Dmo+discount) di fatturato (+2,4% rispetto al 2023 e +35,4% sul 2019) e cumulati in un’unica azienda sarebbe la quarta in Italia. I dati emergono dall’analisi “Il ruolo guida della Distribuzione Moderna e della Marca del Distributore per la transizione sostenibile della filiera agroalimentare” a cura di Teha (The European House – Ambrosetti), presentato il 15 gennaio a Marca by BolognaFiere 2025. La ricerca analizza il valore degli impatti economici, sociali e ambientali per il Paese della Distribuzione Moderna che, attraverso la Mdd, si dimostra sempre più guida e riferimento negli standard di sostenibilità per interi comparti e per le aziende della filiera che producono e collaborano con il settore.
«La transizione sostenibile non è più una scelta, ma una responsabilità» ha dichiarato Mauro Lusetti, Presidente Adm – Associazione Distribuzione Moderna. «Il nostro settore sta dimostrando con i fatti come crescita economica, sociale e tutela ambientale possano andare di pari passo. Investiamo in innovazione, creiamo lavoro, riduciamo gli sprechi e sosteniamo il risparmio delle famiglie italiane garantendo prodotti di qualità accessibili a tutti. Questo impegno è e continuerà a essere la nostra priorità strategica per il futuro del Paese».
I consumatori sono disposti a spendere di più… in sostenibilità. Più di 8 italiani su 10 fanno riferimento oggi alla distribuzione moderna per la propria spesa alimentare: il 65% tra supermercati e ipermercati, mentre il 16% preferisce il discount. Il restante 20% circa di consumatori frequenta mercati rionali (6,2%), si reca direttamente dal produttore (4,8%) o fa i propri acquisti in gastronomia (4,7%). «La Distribuzione Moderna – ha commentato Valerio De Molli, Managing Partner e Ceo, Teha – genera in Italia 208 miliardi di euro di valore aggiunto, il 10% del Pil tra il valore diretto (oltre 27 miliardi) e la filiera indiretta (181 miliardi). Un settore chiave che da anni coniuga la sostenibilità nella sua accezione più ampia alla crescita ascoltando le esigenze del mercato: secondo una nostra ricerca recente tre quarti degli italiani intervistati sono stati disposti a spendere fino al 20% in più per un prodotto sostenibile».
Più prodotti, più fatturato, occupazione e valore. Secondo l’analisi Teha per Adm (Associazione Distribuzione Moderna) le aziende il cui giro d’affari deriva per oltre l’80% dai prodotti a marchio del distributore, tra 2015 e 2023, hanno avuto un incremento medio annuo di fatturato dell’8,5%, meglio della media dell’industria alimentare (+3,9%). Analogamente chi aumenta l’offerta in Mdd ha creato più occupati (+5,5% all’anno tra il 2015 e il 2023 per chi ha un’offerta di Mdd oltre l’80%) e valore aggiunto (+9,3%). “La marca del distributore – ha commentato Lusetti – si dimostra, nel contesto della distribuzione moderna, una leva di crescita per il tessuto economico del Paese: è un acceleratore per i ricavi e per gli investimenti delle piccole imprese che contemporaneamente stimola le scelte sostenibili».
La distruzione moderna, poi, è avanti anche in quanto a sostenibilità sociale: impiega direttamente 447 mila persone e considerando la filiera sostiene oltre 2,9 milioni di posti di lavoro. Secondo i dati Teha i contratti a tempo indeterminato rappresentano l’89% dei rapporti di lavoro con un’alta incidenza di donne (65%) e under 30 (20%). Negli ultimi anni l’inflazione alimentare ha raggiunto picchi del 13,5% mettendo in sofferenza i bilanci familiari soprattutto delle famiglie a basso reddito. Grazie ai prodotti a Marca del Distributore, però, sono stati generati quasi 20 miliardi (19,8) di euro di risparmi complessivi per le famiglie dal 2020 al 2024, grazie a prezzi rimasti mediamente più bassi rispetto ai prodotti di marca, consentendo un accesso più democratico a stili alimentari sani e sostenibili. «Sempre nell’ottica della sostenibilità, nel 2024 – ha sottolineato il presidente di Adm – sono state recuperate 14 mila tonnellate di cibo nel 2024 solo grazie alla collaborazione con Banco Alimentare (pari al fabbisogno annuo di 18 mila persone in difficoltà)».
E le emissioni? Dal 2013 alla fine del 2022 si è passati da 8,7 kg di CO2 per euro generato dalla distribuzione moderna a 6,2 kg, una diminuzione del 30%. All’aumentare del fatturato le emissioni sono calate, un obiettivo e uno stimolo per tutti gli operatori della filiera. “Secondo un sondaggio che abbiamo realizzato insieme ad Adm in questi ultimi mesi – ha dichiarato De Molli – oltre il 46% delle imprese dell’industria alimentare migliorerà l’efficienza dei processi produttivi, ma è la Distribuzione Moderna che assume il ruolo di guida per il 58% delle imprese alimentari coinvolte: oltre la metà di loro ha dovuto introdurre cambiamenti per soddisfare i requisiti di sostenibilità della Distribuzione Moderna con un impatto molto o abbastanza significativo».
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