Per papa Francesco da oggi inizia una tappa speciale del pontificato

Finito lo stato d’emergenza relativo alla sua salute (ma non ancora l’infezione polmonare), un nuovo cammino si apre dinanzi a papa Francesco. L’équipe dei medici del Gemelli ha lavorato con abnegazione per portare il pontefice fuori da una situazione di pericolo di vita e, per bocca del professor Sergio Alfieri, è stata anche molto sincera […] L'articolo Per papa Francesco da oggi inizia una tappa speciale del pontificato proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mar 13, 2025 - 20:12
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Per papa Francesco da oggi inizia una tappa speciale del pontificato

Finito lo stato d’emergenza relativo alla sua salute (ma non ancora l’infezione polmonare), un nuovo cammino si apre dinanzi a papa Francesco. L’équipe dei medici del Gemelli ha lavorato con abnegazione per portare il pontefice fuori da una situazione di pericolo di vita e, per bocca del professor Sergio Alfieri, è stata anche molto sincera nei confronti dell’opinione pubblica. Non ha abbellito nulla, ha elencato i gravi elementi insorgenti: l’infiammazione polmonare bilaterale, il pericolo di sepsi (avvelenamento del sangue), la transitoria insufficienza renale, gli episodi di vomito reinghiottito con conseguenti rischi di ulteriori infezioni. Ora i medici sottolineano che la situazione rimane “complessa” e che richiederà un congruo prolungamento del ricovero ospedaliero.

Per l’88enne Francesco inizia una tappa speciale del pontificato. Se, come tutti si augurano, tornerà in Vaticano per riprendere pienamente in mano il governo della comunità cattolica, forte di un miliardo e quattrocento milioni di fedeli, il primo compito che si troverà davanti sarà di ubbidire ai medici. Non dovrebbe più esserci spazio per decisioni ostinate come quella di domenica 9 febbraio, quando con la bronchite già in corso ha preteso di seguire all’aperto, nel freddo e nell’umidità, la lunga cerimonia del giubileo dei militari.

Bergoglio, a differenza dei suoi predecessori, non ha voluto che accanto a lui operasse un “archiatra pontificio”, un professionista che lo segua giorno per giorno. Molti si chiedono dentro e fuori la Curia se sia possibile continuare così, stante la fragilità permanente del sistema respiratorio di Bergoglio e la presenza di altri mali cronici.

Tra le gerarchie cattoliche è diffusa la consapevolezza che papa Francesco tornerà alla sua “casa” di Santa Marta con un fisico provato, assai debole e suscettibile di ricadute. Non c’è dubbio che il pontefice senta fortemente la necessità di portare a termine il Giubileo per “dare speranza” alle masse di fedeli in pellegrinaggio a Roma. Ma chiusa la Porta Santa, praticamente al suo 89esimo compleanno, il papa argentino dovrà anche chiedersi come andare avanti. Certo, la “Chiesa si governa con la testa e non con i ginocchi” ha detto una volta, ma nel 2026 si tratterà di ben altro che dei problemi all’anca.

Ha fatto bene il cardinale Fernandez a ricordare che se ci sono pressioni interessate alle dimissioni papali (così radicate fra gli ultra-conservatori), allora non portano a niente. In quei momenti Bergoglio ribadisce che la missione del successore di Pietro non è a termine. Ma in stagioni differenti lo stesso pontefice, richiamandosi alla nuova via aperta da Benedetto XVI, si è detto disposto a ritirarsi qualora non fosse più nel pieno delle sue forze. Non si tratta di una visione funzionalista, come ha detto il cardinale Gerhard Ludwig Mueller, il quale – pur non condividendo la linea teologica di Bergoglio – ha dichiarato che il romano pontefice non è un dirigente d’azienda o un leader politico che “va in pensione”. E dunque deve restare sul trono fino alla fine.

Non è così. Proprio papa Ratzinger, con finezza teologica, lo ha spiegato dinanzi ai cardinali quando ha annunciato il suo ritiro nel celebre concistoro del febbraio 2013. “Nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede”, dichiarò il pontefice tedesco, è necessario il vigore sia del corpo sia dell’animo per “governare la barca di san Pietro”. Bisogna infatti avere la capacità di “amministrare bene il ministero” papale. Con altrettanta cura per la crescita della Chiesa cattolica, Paolo VI all’indomani del concilio Vaticano II aveva introdotto due grandi novità: il ritiro dei vescovi dopo i 75 anni e l’esclusione dal conclave dei cardinali con più di 80 anni.

La sintesi delle due innovazioni lungimiranti di Montini e di Ratzinger è che la Chiesa non ha bisogno di guide che siano semplici icone, ma di persone capaci di muoversi dinamicamente nel flusso dei “rapidi mutamenti” della società e del pianeta. In quale orizzonte potranno allora svolgersi i prossimi mesi tra l’odierno anniversario del pontificato e il tredicesimo che cadrà nel 2026? Nessuno può conoscere i piani di Francesco. Tuttavia i sostenitori della strategia innovatrice bergogliana si augurano che il pontefice inizi ad ancorare giuridicamente – insomma a rendere effettive – le novità indicate dal sinodo mondiale sulla sinodalità e la missione della Chiesa nel XXI secolo: l’attuazione di strutture consiliari che includano i laici a tutti i livelli della struttura ecclesiale, la partecipazione delle donne ai processi decisionali a tutti i livelli, il dovere di rendicontazione da parte di tutte le autorità. E’ un progetto che mira a trasformare la Chiesa da monarchia assoluta in un modello di reale “comunità”. Un progetto che merita passi graduali di realizzazione.

Da non dimenticare che per il 15 giugno prossimo è atteso il risultato della commissione, istituita presso il dicastero della Dottrina della fede, sul diaconato femminile.

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